Il maggior pensatore per chi non pensa

“What have I done to deserve this?”, che ho fatto per meritarmi questo, si intitolava una delle canzoni di maggior successo del duo inglese di elettropop Pet Shop Boys. Il filosofo conservatore Roger Scruton potrebbe andare canticchiandola in mezzo ai turbini polemici in cui si è cacciato, non fosse che gli stessi Pet Shop Boys si sono aggiunti ai turbini, citandolo in giudizio per un risarcimento di 50 mila sterline.

Ma andiamo con ordine. Scruton gode in Gran Bretagna di una grande popolarità, avendo convertito la sua brillante preparazione accademica kantiana in una colta e vivace attività polemica e saggistica. Braccio teorico del governo Thatcher, sintetizzatore limpido e profondo dei valori conservatori, in antitesi a quelli liberali e in sdegno di quelli progressisti, il cinquantacinquenne editorialista del Times gode di grande e spaventata considerazione anche da parte dei suoi nemici , che attacca con sarcasmo e freddezza ineffabili, che si tratti di sostenere la pena di morte, la caccia alla volpe, la censura (“la libertà di espressione va bene per chi ha qualcosa da esprimere”) o il fastidio per gli omosessuali, l’immigrazione e il femminismo. “Il maggior pensatore per chi non pensa”, secondo un suo accademico collega, è anche responsabile dei frequenti moti del principe Carlo verso l’architettura moderna.

L’ultima miccia Scruton l’aveva accesa sul settimanale domenicale Observer, raccontando ai lettori i suoi progetti educativi per il neonato Samuel, di cui era divenuto padre lo scorso novembre: niente televisione, niente Coca Cola, niente musica pop (“la pessima sintassi e i movimenti sgraziati vengono ai giovani dall’ascolto degli Oasis e della musica techno”), liceo francese, studio di greco e latino, letture serali di Shakespeare, educazione alla musica classica (“dà un senso di ordine sociale e innocenza morale”) e al suono del piano e della viola, caccia alla volpe (“insegna coraggio fisico, rispetto e obbedienza”). “E dovrà imparare che un uomo ha bisogno di Dio. Poi, conoscendo Wagner, capirà che Dio ha bisogno dell’uomo, ma allora non sarà più un bambino”.

I lettori si sono sbizzarriti: chi ha chiesto la custodia del povero Sam, chi una rubrica settimanale che li aggiornasse del corso dell’infanzia del bambino e i cui proventi gli pagassero le future cure psicanalitiche, chi si è rammaricato della brutta caduta da cavallo evidentemente patita dal padre, chi si è lamentato che l’Observer attribuisse tali deliri a un distinto professore di filosofia. Ma la polemica ha avuto vita breve, soppiantata da un’altra vivace notizia: offesi di come erano stati citati nell’ultimo libro di Scruton, Guida alla cultura moderna per persone intelligenti, i due Pet Shop Boys, precursori dell’elettronica applicata al pop e saccheggiatori delle classifiche di vendita da quasi vent’anni, lo avevano citato per diffamazione, chiedendo 50 mila sterline di danni.

Che aveva fatto Scruton per meritarsi questo? Un capitolo del libro, compendiando un recente impegno dell’autore sullo studio delle qualità della musica, attaccava la musica pop contemporanea con questo passaggio: “a volte, come nel caso delle Spice Girls e dei Pet Shop Boys, sorgono dei seri dubbi sul fatto che gli esecutori abbiano dato il benché minimo contributo alla registrazione, frutto dell’ingegneria del suono e costruita in modo da non poter essere poi riprodotta”. Mentre il duo consegnava l’affare a uno studio legale, fans e critici musicali attaccavano Scruton facendo notare che se c’è un gruppo che si è sempre costruito con le proprie mani la musica elettronica, quelli sono i Pet Shop Boys, loro stessi ingegneri del proprio suono (non a caso le Spice Girls si sono tenute alla larga da liti giudiziarie). Il buon Roger si diceva meravigliato che un po’ di critica suscitasse reazioni così risentite invece che un buon dibattito: “se ci si querelasse per ogni critica i giornali chiuderebbero domani. Però forse non sarebbe così male”.

Portato giovane a destra dall’osservazione della vacuità del Sessantotto parigino, Scruton nei giorni scorsi è rientrato su temi più elevati svillaneggiando l’opera di Foucault e Derrida (“pagliacci mefistofelici”) e gli “affettati aristocratici” Flaubert e Baudelaire e ha attaccato cinema, fumetti (“amo solo Calvin e Hobbes”) e pornografia in un sol colpo: “internet ha un aspetto positivo, che tiene attaccati a una scrivania tutti questi depravati sempre più ciechi e ossessionati, e libera lo spazio fuori agli umani civilizzati”. Ma qualcuno, intervistandolo nella sua casa di campagna, è tornato a domandargli di Sam: Sophie, la signora Scruton, è d’accordo sull’educazione da dare al bambino? “L’altro giorno mi ha un po’ preoccupato il trovarla intenta a lavorare a maglia quello che pareva il primo berretto da baseball di Sam. D’altronde è una donna giovane: migliorerà”.

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