Diego Piacentini, il numero due di Amazon

Il caporedattore del Foglio sta aspettando nove cd che ha ordinato dieci giorni fa. “Doveva ordinarli ad Amazon.uk, il nostro sito inglese: arrivano in Italia in tre giorni”. Diego Piacentini, numero due di Amazon, braccio destro dell’ex uomo dell’anno Jeff Bezos va matto per la sua azienda, e pare sincero. Ieri hanno presentato gli “early results” per lo scorso trimestre (i dati completi e ufficiali saranno noti il 30 gennaio): “circolavano voci del tutto contraddittorie su come era andato il natale di Amazon e abbiamo voluto anticipare le informazioni, per fare chiarezza”. Non si direbbe che il risultato sia stato raggiunto: cosa pensate succeda se un’azienda che si era ripromessa un fatturato tra i 950 milioni e il miliardo di dollari nel quarto trimestre del 2000, annuncia di averne fatti 960? Se vi dicessero che nella piena bufera di mancati profitti, livenziamenti e chiusure che va sconvolgendo la new economy, quelli che ne rappresentano l’incarnazione in clic e ossa concludono il trimestre natalizio con un aumento delle vendite del 40% e un incremento del profitto lordo del 140% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso? Di sicuro, non vi aspettate chiarezza. Il titolo è salito un po’ subito dopo l’annuncio (38 cents, arrivando a 14 e 94), ma assai di più il giorno successivo (16 e 38, +9,6%), benché diversi analisti americani avessero abbassato la valutazione delle quote di Amazon rilasciando dichiarazioni tra il cinico e il disincantato.
“Il loro è un punto di vista lecito: dicono, l’e-commerce non funziona e non funzionerà, quasi tutti i dati lo dimostrano. Per convincerci del contrario dovete fare molto di più che rispettare i vostri impegni e andare semplicemente bene”, dice Piacentini. “Ma ricordati di mister Suria, quell’analista che la scorsa estate diceva che alla fine dell’anno Amazon sarebbe stata al verde, senza un dollaro in cassa”. Ravi Suria di Lehman Brothers ieri non si era fatto vivo per sapere del miliardo e cento milioni di errore della sua previsione.
Piacentini, milanese, è in Amazon da quasi un anno. Fu assunto dall’allora Presidente Joseph Galli, che lasciò la società poco dopo. Secondo molte opinioni la partenza di Galli e l’insediamento come vicepresidente di Piacentini diedero il via alla seconda fase di Amazon, quella della riprogettazione in senso più misurato, consapevole e con i piedi per terra dopo l’avventurismo incosciente e entusiasta dei primi anni (proprio ieri Galli ha lasciato anche VerticaNet, le cui quotazioni sono scese del 20% in un giorno). Ma dei risultati anticipati da Amazon, quanto si deve alle vendite vere e proprie e quanto agli accordi con i venditori che Amazon ospita sul suo sito? “Le entrate da accordi sono rimaste praticamente invariate, questo è un momento di ripensamento di quel modello per noi. Ci focalizzeremo sulle vendite dirette, anche perché coi tempi che corrono poche aziende si possono permettere di pagare quanto Amazon chiede alle società ospiti. E comunque, quello che ne viene, non ha praticamente costi, per noi: è tutto grasso che cola, se mi permetti la schiettezza”.
Nei dati natalizi mazon ha sbaragliato la concorrenza, ma è interessante che nelle statistiche di contatti e vendite, le posizioni dopo la prima siano occupate tutte da aziende “brick and mortar”, come si dice, cioè con una struttura esistente fuori dal web: “da noi è andato benissimo il settore Consumer electronics, ma soprattutto i dati mostrano che i clienti di questo settore sono in gran parte gli stessi degli altri, come i libri. Questo conferma che i siti di e-commerce verticali, basati su un solo genere di prodotto, non funzionano. Con la sola eccezione di quelli che hanno alle spalle grosse economie di scala che possono sostenere gli oneri degli andamenti discontinui del web”. Mentre nel settore libri Barnes & Noble ha dovuto abbassare le previsioni di utili dopo i risultati di natale, il colosso dei giocattoli Etoys naviga in cattive acque. Come te lo spieghi? “Appunto, si sta capendo che non tutto si può vendere in internet. Lo pensava anche Amazon, a un certo punto, ma i fallimenti registrati con le collaborazioni con Living.com (arredamento) e Pets.com (animali), hanno mostrato questa verità. Su alcuni settori ci sono economie che non ti permettono di ammortizzare le spese”.
Amazon è oggi negli USA, in Gran Bretagna, in Germania, in Francia e da tre mesi in Giappone (“Amazon.jp è già numero uno e Amazon.com numero tre nelle classifiche di vendita locali”). Da tempo lascia intuire uno sbarco italiano imminente di cui Piacentini non svela i tempi. Qui da noi intanto si parla della crisi degli accessi gratis a internet, tendenza di cui arrivano notizie dagli Stati Uniti. “Questa è una cosa che Jeff Bezos capì tra i primi: la pubblicità non basta, non funziona nessun modello di business che non si basi su un guadagno dagli utenti. E la cosa più ardua è abituare i clienti a pagare per cose che hanno sempre avuto gratis”. Sarà per questo che, se è vero quel che scrivono il Giornale e il Nuovo, all’Espresso piacerebbe vendere Kataweb? “Anche a me piacerebbe vendere il mio appartamento a Segrate, ma chi se lo compra?”.

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