Lettera da Tallinn

Il sobborgo di Pirita è la zona residenziale più elegante di Tallinn, a nordest del centro città, affacciato sulla riva del mar Baltico e denso di verde e pinete. In una strada di Pirita è stato ucciso due settimane fa Vitali Haitov, 57 anni, editore del maggior quotidiano in lingua russa del paese, “Estoniya”. Oggi di un milione e mezzo di abitanti dell’Estonia, un terzo sono russi. La polizia non sa spiegarsi le ragioni dell’omicidio. Alle tre del pomeriggio Haitov era nella sua Nissan Patrol insieme al nipotino di nove anni, quando due uomini sono scesi da un’altra auto e hanno sparato prima al suo rottweiler e poi alla testa dell’editore. Il bambino aveva assistito un anno fa all’assassinio in circostanze analoghe di suo padre Marian, 32 anni, ammazzato dentro la sua Mercedes davanti a casa. I suoi assassini non sono stati ancora individuati. E’ una storia terribile, quella che ha ritardato l’arrivo della primavera a Tallinn, dove qualsiasi cosa riguardi la grande minoranza russa si porta dietro delle ombre sgradevoli.
Invece la primavera estone ha una gran voglia di sbocciare. Il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite ha annunciato tre mesi fa che avrebbe chiuso i suoi uffici di Tallinn. Il progresso economico del paese dal 1991, anno della sua riguadagnata indipendenza da Mosca, è stato così “notevole” da renderla il primo paese dell’ex Unione Sovietica a essere abbandonato dall’UNDP. L’Estonia vuole diventare un’isola di forte crescita economica e tecnologica all’interno dell’Europa ­ di cui dovrebbe entrare a far parte tra il 2003 e il 2005 ­ anche se non ha ancora deciso a quale modello ispirare le sue ambizioni: se definirsi una nuova Hong Kong, una nuova Svizzera o un nuovo Lussemburgo. La costruzione di un’immagine riconoscibile al mondo è uno dei maggiori desideri del paese, freneticamente alle prese con il marketing di se stesso. Per ora, i paesi con cui si confronta sono per forza i due gemelli baltici – Lettonia e Lituania – insieme ai quali esattamente dieci anni fa si allontanò dall’URSS in sbriciolamento e con i quali la comunità internazionale tende ad associarla piuttosto bruscamente. Ma a parte le differenti popolazioni (gli estoni sono metà dei lettoni e un terzo dei lituani e soprattutto di lingua ugro-finnica) e i tratti propri della nazione, è proprio la maggior rapidità dello sviluppo economico che sta concedendo all’Estonia un’identità internazionale propria. “Collaborare con gli altri due stati è essenziale sugli obiettivi comuni, ma l’Estonia ha una marcia in più”, dice Peter Woolsey, londinese, presidente di una società che è diventata leader nello sviluppo di software e tecnologie di rete in Estonia. Woolsey rimbalza tra Londra e Tallinn ogni settimana. “Il modello della Finlandia, con il boom legato al settore dei cellulari, qui è tenuto in grande considerazione, e il settore di internet e telecomunicazioni sta crescendo in modo impressionante, con grande agilità e disponibilità da parte delle istituzioni”. Le stime sul 2000 indicano una crescita del prodotto interno lordo di quasi il 6%, una disoccupazione al 5% (la metà di quella dei due stati vicini), uno stipendio medio anch’esso superiore (ma che resta ancora di meno di 600 mila lire) e in particolare un notevole numero di accessi a internet pro capite. Un terzo degli estoni è collegato alla rete e il 90% degli impiegati lo è dal proprio ufficio. Per non parlare della diffusione quasi finlandese dei telefonini. E così da due anni lo stato si è inserito nel primo gruppo dei prossimi membri dell’UE, staccando i vicini lituani e lettoni.
Il centro medievale di Tallinn è meraviglioso, una via di mezzo tra il set del Nome della Rosa e quello del Terzo uomo. Vicoli, acciottolati, case a graticcio, tetti spioventi e chiese medievali sono conservati con una bellezza vissuta, diversa dalla leziosa ripulitura di molti centri europei. Il centro si arrampica verso la collina di Toompea, dominata dalla fortezza e dalla cattedrale ortodossa Alexandr Nevski con i suoi pinnacoli, che incombe sulla sottostante cattedrale cattolica di San Nicola. Ma l’Estonia è un paese che è stato saccheggiato, bombardato ed è passato di mano così tante volte nella sua storia da avere adeguato i suoi cromosomi al cambiamento. La traduzione dal modello sovietico all’economia di mercato a Tallinn è spettacolare: centri commerciali, ricchi negozi, alberghi di lusso, un nuovo splendente aeroporto, allettano i turisti, in gran parte finlandesi (Helsinki è a un’ora di aliscafo, e i prezzi sono ancora convenienti). Le vetrine mostrano tutte le marche più famose, americane, giapponesi, italiane. La contraddizione con la parte del paese ancora povera, soprattutto quella fuori da Tallinn, sta nei numeri: una felpa di marca americana costa duecentomila lire, come da noi, e come una pensione estone media. Ma ai turisti, l’edizione inglese di GQ ha da poco segnalato Tallinn come la meta migliore per un weekend giovane e pieno di ragazze da urlo. La vivacità delle sue strade e piazze sfida il freddo e annuncia una fervida vita notturna. Negli ultimi mesi a Tallinn sono stati inaugurati ben otto nuovi locali e ristoranti. E un nuovo albergo con trecento stanze. Il nuovissimo ristorante Pegasus, moderno, minimalista e con una spettacolare vista sulla due cattedrali, è stato appena visitato da una troupe fotografica di Interni. E intanto, tra gli investitori, il monopolio finlandese e svedese comincia a essere scalfito. Le tre maggiori banche estoni, protagoniste di un successo folgorante, sono ormai sotto il controllo svedese e finlandese, e acquisizioni scandinave hanno segnato la privatizzazione della gran parte delle eredità sovietiche. Ma cominciano a farsi largo anche altri paesi europei, a cominciare dalla Germania e dalla Francia, quest’ultima protagonista di un rumoroso ingresso nei settori della televisione, dei trasporti e dell’approvigionamento idrico. E poi c’è la Cina. “La Cina ha una crescita economica da sfruttare, è alla ricerca di un ponte verso l’economia europea, è interessata al know-how sulle nuove tecnologie: da là stanno arrivando molti soldi e ci sono ben cento studenti cinesi iscritti all’università di Tallinn”, osserva ancora Woolsey. Il giorno che Vitali Haitov veniva ucciso, il presidente estone Lennart Meri era di ritorno da un viaggio ufficiale in Cina e Hong Kong (con cui gli scambi commerciali sono cresciuti del 42% nell’ultimo anno).
Anche gli italiani sono arrivati a Tallinn, più in ordine sparso: c’è chi ha ristrutturato antichi depositi portuali per farne un albergo di lusso, chi si è buttato nel mercato delle modelle (le ragazze estoni furoreggiano su copertine e passerelle e lo scopritore di Carmen Kass ­ la ragazza che cammina nell’oro di Dior – si chiama Paolo Moglia e ha un ufficio in centro), e c’è Romano De Colle, udinese, da sei anni a Tallinn come direttore della produzione nella sede estone di una società di attrezzature sciistiche. Altri arrivi sono assai più misteriosi, come quello di Giovanni Sposato, 29 anni, messinese, che secondo il giornale Ekspress sarebbe il rappresentante di una delle cordate in lizza per acquistare i due terzi delle ferrovie pubbliche estoni. Sposato avrebbe offerto 150 milioni di dollari, che Ekspress dice provenienti da capitali ex sovietici. Ma è De Colle che mette in chiaro il problema vero che gorgoglia sotto la superficie del boom economico: “Un terzo della popolazione, mezzo milione di persone, è russa, insediata durante la dominazione sovietica. E ora gliela stanno facendo pagare, la loro non è una situazione tanto più tranquilla di quella degli immigrati extracomunitari in Italia”.
I russi non stanno a Pirita, salvo i pochi molto ricchi: vivono nei casermoni sovietici della periferia e a ridosso delle strutture industriali e portuali del paese. In gran parte parlano solo la loro lingua e il governo estone non incentiva assolutamente la loro integrazione, l’acquisto della cittadinanza (che richiede un esame di lingua che molti estoni confessano di non essere in grado di superare), l’accesso a posizioni di potere e responsabilità. Non c’è una vera e propria e segregazione, spesso i ragazzi si mescolano (ma i maggiori locali sono affollati o da estoni o da russi), però tra gli estoni regna un sentimento misto di rivalsa e di legge della giungla per cui il successo della popolazione estone passa per lo sfruttamento di quella russa. “Io stesso ho problemi con le persone di qui, se voglio attribuire delle responsabilità a un impiegato russo bravo e capace”, dice De Colle. Come reazione, si rafforzano le organizzazioni russe “bolsceviche” e di estrema destra, soprattutto attorno alla città di Narva, al confine con la Russia.
“Ci vuole una Nokia estone”, auspica il presidente della repubblica Lennart Meri, e rimuove la questione russa. E le società che si stanno facendo largo a livello internazionale nel settore delle nuove tecnologie non mancano. Il governo e l’amministrazione incentivano a ogni livello la “nettizzazione” del paese, che è stato indicato già al ventesimo posto nel mondo da una recente indagine tra le nazioni più internet-friendly. Mentre le poste hanno dovuto ridurre i prezzi dei francobolli per combattere la concorrenza della posta elettronica e delle e-cards (il governo stesso vi si era affidato per gli auguri istituzionali di natale), sono ben 3400 gli agricoltori che hanno aderito al piano pubblico-privato per fornire computer e internet al loro settore. E l’informatizzazione procede a grandi passi nel settore pubblico. Circola una battuta: chiamiamola E-stonia.

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