E gira tutto intorno la stanza

Una dose di giorgiobocchismo  l’impegno a dare l’allarme su come le cose vanno a remengo, il mondo è diventato invivibile e tutto è peggio di come era una volta – fa bene al mondo, che scrolla le spalle e continua a peggiorare, ma almeno di fronte a un po’ di disprezzo seminato tra l’entusiasmo generale. E applicato con competenza e su nervi scoperti, come fanno Giorgio Bocca e ultimamente anche Michele Serra, è un bel leggere. Ma può prendere la mano, per esempio nelle millenaristiche campagne contro il terribile boom dei termini stranieri e il plot ai danni della nostra beloved lingua, o nel grido di dolore a difesa delle orecchie minacciate dalla musica indesiderata. Roba da tirar giù le tapparelle, mettere i sacchetti di sabbia davanti alla porta, e metter da parte scorte alimentari e barili di cotton fioc.
Il critico Sandro Cappelletto (che critico è critico, non c’è che dire) ha scritto sulla Stampa del massacrante dolore a cui sono sottoposte le sue orecchie un po’ ovunque, soprattutto sul “traghetto veloce per le isole”, alludendo forse a un nesso tra la velocità del battello e il volume della musica, o forse tra questo e la destinazione isolana (sulle navi per Spalato ci dev’essere un silenzio mortale). Michele Anselmi, che qui rincara, conferma quanto sia sentita la questione del “traghetto veloce per le isole”. Le orecchie sono loro, c’è da credergli. Ma a leggere di bar dove “la musica folk è sparata dalle casse sopra il bancone”, si è presi da una commossa curiosità nei confronti dei locali frequentati dal critico critico: posti dove mettono i dischi della Nuova Compagnia di Canto Popolare, o forse di Giovanna Marini, e li suonano fortissimo. Il folk, unz-unz-unz.
Il fatto è che non c’è mai stata generazione che non abbia commentato sdegnata la musica ascoltata dalla sua successiva (e infatti Ricky Martin e le Spice Girls sono una chiavica, e infatti io ho 36 anni), e il giovanotto dietro il bancone che sente Giorgia a palla, tra vent’anni scriverà sulla Stampa o sul Foglio, chiedendo pietà per le sue orecchie. 
Quanto al volume, la musica che oggi impera in locali, bar, sfilate, alberghi, salotti, feste, si chiama Lounge, e qualcuno l’ha definita “musica per ascensori del 2000”. Fa esattamente quello per cui Cappelletto sogna di ascoltare una “contraddanza di Mozart” (sciàmbola! roba da divertirsi come dei matti, locale pieno tutte le sere: strano che non ci abbia pensato nessuno): mette insieme una moda musicale giovanile a dei suoni dolci e a volume basso. I cd delle raccolte del Buddha Bar hanno ritmo, eleganza, se la tirano, sono alla lunga piuttosto noiosi e si vendono come il pane. Due anni fa erano una roba modaiola, ora li senti nelle pizzerie. Sono la risposta europea al dilemma tra la musica caciarona e la musica soft. Perché, se ne ricordino gli allarmati, prima della lounge  a parte il micidiale folk, roba da impasticcati veri  negli stessi posti andava la techno (la techno, santi numi: che i ragazzi ne andavano matti e noi di trenta pensavamo che fosse solo bùm-bùm-bùm, come avevano pensato i nostri genitori dei Simple Minds, i loro dei Beatles, e i bisnonni di Sinatra). Cappelletto e il buon Anselmi definiscono l’ascolto della la musica un “piacere attivo”: ora, o non vuol dir niente, o esiste un piacere passivo (si astengano zozzoni) e la musica è sia l’uno che l’altro. Si chiama musica di sottofondo. Brian Eno pubblicò “Music for airports” nell’89, altro che Bacharach. È la musica che sentiamo mentre facciamo altro, di cui ci sembra di non accorgerci, che ci passa attraverso ma ci allieta le conversazioni, le attività sessuali (a chi le fa), le soste ai semafori (a chi le fa), la scrittura di articoli sulla musica passiva. Che poi è un po’ come il latte per le mucche tirate in ballo sulla Stampa.
Alla fine le orecchie di Cappelletto, stremate dalle contraddanze, suggeriscono al critico di proporre “delle zone riservate music-no music”, come per i fumatori. Solo che le zone per non fumatori sono nate perché esisteva una clientela di non fumatori (è il mercato, baby): provate a chiedere in un bar quanti gin tonic vendono a patiti di contraddanze. Forse si potrebbe provare sui traghetti veloci per le isole, per cominciare. Tutti sul ponte, e via con le quadriglie.

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