Le parole che non colsi

Quando si parla di un periodico dell’azienda di Berlusconi che si occupa di televisione di solito ci si riferisce a Sorrisi e Canzoni, è vero. Ma mentre il settimanale va via come il pane nelle edicole di tutto il paese, sulle scrivanie di Mediaset viene depositata con una periodicità variabile Link, una rivista di “idee per la televisione” fatta dentro la stessa Mediaset per gli addetti ai lavori e gli studiosi della tv, e per chi la voglia cercare in poche librerie. Link è la versione televisiva di una rivista di critica letteraria, e nel nuovo numero si è dedicata tra l’altro a raccontare una nicchia di culto tra coloro che seguono la tv in modi nuovi e poco tradizionali: ovvero il mondo dei compilatori di sottotitoli per serie televisive non ancora arrivate in Italia (quelle che in barba al diritto d’autore si trovano in rete poche ore dopo la messa in onda negli Stati Uniti). La loro circolazione è ormai piuttosto ampia (qui cominciammo a parlarne anni fa) ma è anche diventata un’istituzione la pratica di sottotitolarle in italiano a tempo di record. Il lavoro è compiuto da alcune di centinaia di persone organizzate militarmente in due team rivali: quelli di “Itasa” e quelli di “Subsfactory”. Tutti volontari, divisi tra chi traduce, chi crea i sottotitoli, chi li coordina, chi li revisiona. Se qualche anno fa il loro lavoro poteva avere qualche inciampo, oggi le traduzioni sono quasi sempre perfette, letterarie. La riconoscenza dei fans e il rapporto di confidenza sono tali che sull’ultima puntata di Lost – andata in onda negli Stati Uniti due settimane fa – il team di Itasa ha inserito alcune righe di sottotitoli nelle scene mute per salutare e ringraziare i suoi utenti. E se l’espressione poteva sembrare fumosa e accademica, è probabilmente a cose così che invece si riferisce: idee per la televisione.

Vanity Fair

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