Ponzio Polito

Dal Riformista di sabato:

Caro Antonio Polito, il tuo giornale l’altroieri ha pubblicato un’intervista con Francesco Cossiga. A me è sembrata uno dei soliti suoi (di Cossiga) autocompiacimenti infantili che i giornali usano spesso perché Cossiga garantisce sempre di spararle grosse, anche se ormai nessuno ci fa più caso. Ma insomma, era un’’intervista. Solo che contemporaneamente veniva pubblicata su un altro quotidiano un’’altra intervista a Cossiga. E questa volta il senatore a vita le sparava non grosse – di quelle che ci si dà di gomito e si ridacchia al pensiero di averlo avuto Presidente della Repubblica – ma vergognose, criminali e volgarissime. Roba che in un paese normale se ne chiederebbe l’’allontanamento dal Parlamento che rappresenta, a vita o no. Per ignominia. Roba che meriterebbe l’apertura di un procedimento penale, a prenderla sul serio. Roba che arriva un momento in cui i tarallucci e vino e l’indulgenza per la buffa macchietta forse devono davvero lasciare il posto a prendere le cose sul serio. Una volta ogni tanto, per stabilire quale sia il limite.
Bene, caro Antonio Polito: il tuo giornale nella sua intervista sottolineava con orgoglio che “tra i pubblicisti del Riformista c’’è il Presidente Emerito” Cossiga, e lo stesso Cossiga si vantava di aver di fatto inventato lui il giornale.
Io mi aspettavo per l’indomani un tuo editoriale che prendesse sul serio le cose orribili che Cossiga aveva detto al Quotidiano Nazionale. Non l’ho visto, e ho pensato di aver esagerato io, e che neanche quelle cose andassero prese sul serio. È così? Ti saluto, Luca Sofri.

“Caro Luca, capisco. Ma noi rispondiamo solo delle nostre interviste, non di quelle di altri. Ti saluto anch’io con affetto”

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