Mi si nota di più se sono ateo o agnostico?

La storia del bus ateo ha sviluppato nei giorni scorsi una discussione tra blog italiani sulla distanza tra ateismo e agnosticismo.
Cade a fagiolo la discussione sollevata da alcuni blogger americani, che affrontano una tesi sostenuta più volte da papa Ratzinger:

Ratzinger conclude, invece, che l’«agnosticismo è un programma irrealizzabile per la vita umana». Chi fa l’agnostico si comporta alla fine da ateo. Chi accetta l’ipotesi dell’esistenza di Dio adotta la posizione di un credente.

“Even if I throw in my theoretical lot with agnosticism, I am nevertheless compelled in practice to choose between two alternatives: either to live as if God did not exist or else to live as if God did exist. If I act according to the first alternative, I have in practice adopted an atheistic position and have made a hypothesis (which may also be false) the basis of my entire life….” (non ho trovato la versione italiana di questo)

Il mio parere è che molti agnostici si dicano tali per buona educazione o pudore, o perché gli suona meglio e più incline al dubbio: e il dubbio è sempre una buona cosa. E che non sia tanto vero che gli agnostici siano degli atei, come dice Ratzinger, ma piuttosto che gli atei siano degli agnostici. Ma detto questo, e anzi proprio per questo, credo si possa essere agnostici. Credo si possa dubitare che esista un soprannaturale senza escluderlo completamente (ma ha ragione il Papa, sia un ateo che un agnostico vivono come se Dio non esistesse). Credo insomma si possa rispondere “non so” sinceramente. Credo che “non so” sia una risposta buona per quasi qualunque cosa.

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