Lunedì scorso il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo intitolato “L’ultima battaglia di Curcio: contro l’Inps per la pensione”. Il titolo suggeriva che l’ex capo delle Brigate Rosse volesse una pensione che l’Inps non gli dà, e avesse ingaggiato addirittura una “battaglia” per averla. Ma l’articolo dava pochissimo conto di questa presunta “battaglia” e preferiva raccogliere i pareri di alcune vittime del terrorismo (contrari e indignati, naturalmente).
Solo che dalle poche righe che il Corriere le dedicava, il lettore poteva capire che questa “battaglia” è inesistente. Quello che è successo è spiegato in questo passaggio. “«Curcio non ha lanciato nessun appello. Né si è lamentato» assicura Daniele Falcioni, operaio e presidente del centro sociale Pesaro, che aveva invitato l’ex terrorista a parlare del suo saggio su lavoro e immigrazione. «Curcio era accanto a me. Vendeva materiale della casa editrice Sensibili alle Foglie di cui è socio, prima che iniziasse la conferenza. Gli hanno chiesto se, dato che ha 67 anni, stesse per andare in pensione e lui ha risposto che non ne ha diritto»”. Si legge ancora nell’articolo che la questione sarebbe nata da una battuta – “Allora, Curcio, è pronto per la pensione?” – a cui lo stesso Curcio avrebbe sobriamente risposto spiegando che non riceverà alcuna pensione perché non ne ha diritto. Dai giornali che avevano riferito l’aneddoto il giorno prima – La Stampa, il Resto del Carlino – si ottiene in più solo la valutazione “Curcio sembra rammaricato”.
Tutto questo è diventato una “pretesa” e una “battaglia” per molti altri quotidiani che nei giorni successivi hanno protestato contro la richiesta di Curcio – molestando molti parenti di vittime del terrorismo con una notizia falsa, per avere il loro parere – e fatto gran ragionamenti sulla vergogna, la mancanza di rispetto e l’arroganza. Tutto su una notizia che non lo era.