A proposito delle polemiche sulla messa in onda del Grande Fratello, l’altra sera, leggo la dichiarazione polemica di un portavoce del centrodestra che in difesa della scelta accusa “chi vuole imporre agli italiani i suoi parametri”. Frase che suona autorevole e liberale, ma che nasconde un imbroglio e uno dei disastri (molti, disastri) che hanno travolto il pensiero degli italiani in questi anni.
Perché ormai qualunque modello, qualunque messaggio, qualunque trasmissione di valore, di insegnamento, di esempio, è trattato come tentativo di “imporre agli italiani i parametri” di qualcun altro. Non solo nessuno “accetta lezioni“, ma nessuno è più in grado di ammettere l’esistenza di cose giuste e cose sbagliate, in nome di una politically correctness di destra (ma anche di una sinistra fascista) per cui qualunque proposta di miglioramento delle cose è respinta come “imposizione di parametri”. Tra poco persino le leggi democraticamente votate saranno “imposizione” di un’opinione diversa, sopruso. La Costituzione già lo sta diventando. E dire che esistono modelli e comportamenti migliori di altri è “elitario” e sintomo di pretesa “superiorità morale”. Come la sciocca espressione di piccoli litigi infantili “tu vuoi sempre avere ragione”, che implica che ci sia qualcuno che invece a volte vuole avere torto.
Un accidente. Il grande successo del Grande Fratello dell’altra sera non dimostra le ragioni di quella scelta, perché non è con l’Auditel che di dimostra la bontà delle cose, come sappiamo da quella volta di Barabba. Come sappiamo da quella volta di Barabba, il grande successo del Grande Fratello dell’altra sera rivela il successo di un grande lavoro di demagogia e incentivo del peggio, che si è lavato le mani delle proprie responsabilità con l’alibi della libertà di opinione e pensiero. Ma la libertà di opinione e pensiero implica che ci sia libertà di esprimerli, anche i peggiori: non che siano tutti ugualmente validi e apprezzabili.
E sarebbe facile sintetizzare tutto di nuovo con la famosa gag del Polo delle Libertà (“facciamo il cazzo che ci pare”), non fosse che ormai l’alibi dei “propri parametri” è dilagato anche nel PD.
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