Vedo che la questione del deplorevole taglio dell’intervista a Vauro e Borromeo all’Era glaciale continua a circolare in alcuni blog e siti e ad alimentare pensieri un po’ sensati e un po’ squinternati. Quindi mi permetto di fornire qualche informazione che malgrado la mia ovvia mancanza di obiettività potrebbe evitare che si dicano fesserie.
La par condicio la conosco bene. Si applica anche al programma che faccio in radio, e ogni anno arriva il momento in cui dobbiamo farci i conti. Mentre vedo che tutti quelli che ne scrivono e discutono ne hanno un’idea decisamente fantasiosa.
La par condicio non è un concetto, è una legge definita nei suoi articoli, a cui seguono delle norme di applicazione da parte della Rai. Quindi quando se ne parla non si parla di una generica equanimità da tenere in quello che si fa, ma dell’osservanza di queste norme.
Inciso: è una legge assurda e insopportabile, piena di idiozie, e che pretende di regolare una materia troppo vasta e generica per poter essere regolata. Ma è una legge figlia di un sistema televisivo monopolistico, e il problema sta lì. È come se un paese legalizzasse il furto, e per limitare i danni ordinasse ai cittadini di chiudere la porta a chiave, e multasse chi non lo fa.
Due esempi. Qualcuno seriamente si chiede dove fosse il contraddittorio quando Berlusconi è andato da Vespa. Ma per Berlusconi il contraddittorio non è richiesto. Per i programmi giornalistici come l’Era Glaciale le norme riguardano in modo completamente diverso i personaggi politici e gli ospiti di altro genere. Ai secondi è richiesto di non affrontare temi inerenti la politica, a meno che non esista il famigerato contraddittorio. Mentre i primi possono dire quello che vogliono, e l’equilibrio deve essere garantito da spazi equivalenti offerti a tutti nelle successive puntate di un programma.
Quindi – secondo esempio – quando altri pensano di dire una cosa molto acuta notando che alla stessa puntata dell’Era Glaciale il ministro Zaia ha parlato senza contraddittorio, in realtà fanno un’obiezione priva di senso. Il ministro Zaia può parlare senza contraddittorio perché allo stesso programma ci sono già stati tre ospiti del PD, uno dell’UDC, uno del PdL, eccetera. So che la stessa ingenuità è stata diffusa da Beatrice Borromeo stessa, sulla cui preparazione e lucidità la mia fiducia è vacillata non poco nelle ultime ore: aveva fatto la stessa domanda su Zaia dopo la puntata, aveva ricevuto queste informazioni, e ha fatto finta di non conoscerle nel video che fatto circolare, tramandando questo equivoco.
Un’ulteriore riflessione sulla superficialità delle obiezioni (e delle pretese che il conduttore si sdraiasse sulle rotaie del treno per impedire scelte a cui è estraneo) dovrebbe essere suggerita dal fatto che, come avrete notato, nessuno di quelli che conoscono la materia televisiva e politica ha espresso più che un personale disappunto. Perché la scelta di tagliare è stata pessima, ma è purtroppo legittimata dalle norme che ognuno può usare a suo piacimento: e questa volta l’occasione è stata servita su un piatto d’argento.
Non entro naturalmente nel merito di quello che è successo venerdì scorso: l’ho visto e seguito ma sarei invadente a dire la mia, che peraltro è la stessa che è qui e qui. L’unica cosa che aggiungo è che il mistero di una cosa non vista da nessuno alimenta curiosità e sopravvalutazioni mal riposte: non si è detto niente che non si dica ovunque, o che non si fosse detto ad Anno Zero la sera prima. E sono altre ragioni per cui tagliare quell’intervista è stato sbagliato. Altro da dire non c’è.