Dove la crisi dei giornali e dei libri non ha a che fare con internet

Sofri, quello anziano, l’altroieri sul Foglio.

I cento milioni di lettori del Corriere della Sera hanno ricevuto ieri, a tutta pagina, la seguente notizia: “Adriano Sofri sapeva dell’azione contro Calabresi”. Per la verità, la notizia non era proprio quella, ma quest’altra: che secondo Giampiero Mughini io “sapevo ecc.”. Più precisamente, non era nemmeno una notizia, perché Mughini ha avuto la tenacia di scriverlo e dirlo duecentomila volte negli ultimi vent’anni. La notizia è che ora Mughini ne ha fatto un libro. La pagina anticipatrice è scritta da Aldo Cazzullo con Mughini: due che credono di conoscermi bene, e uno dei due di volermi bene. Bene: tratterrò delle cose lette gli unici due dettagli che mi interessano.Il primo. Mughini era a Pisa il 15 maggio 1972, giorno in cui si svolsero due comizi di commemorazione dell’uccisione, per bastonate di polizia e per abbandono in una cella, del ragazzo anarchico Franco Serantini. Parlava Pajetta in una piazza, parlavo io in un’altra. Secondo Marino, fu alla fine di quel comizio che “Pietrostefani e io lo avvicinammo” per confidargli l’incarico omicida. Si provò subito che Pietrostefani non era a Pisa. Allora Marino disse che fu lui ad avvicinare me, prima per un colloquio di alcuni minuti, poi per un rapidissimo scambio di battute, su un marciapiede fuori da un bar, dopo aver aspettato alla fine del comizio che la folla sciamasse e io, attorniato da molte persone, sciamassi con lei. Osservai che il comizio si era svolto sotto una pioggia “battente e insistente”, che “non aveva mai smesso di cadere” (così i giornali del giorno dopo, oltre che i ricordi di chi c’era e le fotografie numerose), e che Marino, essendosene dimenticato, aveva descritto un’implausibile passeggiata di gruppo alla volta del bar. Citai invece le persone che mi avevano accompagnato a casa subito dopo la conclusione del comizio – persone che testimoniarono, che sanno come andò la cosa, e non si sono mai date pace per la mia condanna. Ancora: Marino disse che dopo quel brevissimo scambio di battute sul marciapiede che gli diede “la conferma” del mandato a uccidere, “salutò Sofri e ripartì per Torino”. Falso: obiettai che era venuto nella mia casa pisana dopo cena (il comizio era finito prima di cena) e vi si era intrattenuto con tanti altri, come succedeva dopo una manifestazione. Marino se ne ricordò improvvisamente: vero, era passato, e del resto era del tutto naturale che si passasse da casa mia… Questa farsa esaurisce tutta l’imputazione nei miei confronti. Allora: Mughini, dopo l’esplosione del “caso” (1988) testimoniò in varie occasioni pubbliche sul dettaglio della pioggia. Oggi, vent’anni dopo, dice a Cazzullo che “non è vero che, a comizio concluso, sarebbe stato assolutamente impossibile, a causa della pioggia battente, bivaccare ancora un po’ in piazza… La pioggia in quel momento era finita… C’era stato, lo dico in via di ipotesi, il tempo perché almeno un attimo si incontrassero”. La gravità e l’irresponsabilità, oltre che il grottesco, di questa memoria riaggiustata “in via di ipotesi” equivale, diciamo, a un tentato omicidio: perché la mia proclamazione di estraneità non è né un argomento logico né un proclama morale, ma la scrupolosa dimostrazione della falsità di un’accusa sconfessata e calunniosa.
Secondo passo della pagina del Corriere che mi interessa: Mughini accenna al mio (altrimenti innominabile, no?) libro “La notte che Pinelli”, per dire che io “un po’ credo e un po’ ammicco a inumane panzane” sulla morte dell’anarchico… Compresa “l’evocazione di una macelleria sudamericana da contrapporre simbolicamente al lutto e al pudore di cui traboccava il recente e fortunatissimo libro di Mario Calabresi. Un libro che per gli ex di Lotta continua è stato uno schiaffo in volto più violento che non una sentenza di tribunale”. Vedremo se altrove Mughini prova ad argomentare questi temerari giudizi sul mio libro. Io, che so il fatto mio, e non sono sospetto di attività promozionali, dico serenamente che nessuno potrà più parlare a ragion veduta della morte di Pinelli senza misurarsi col mio libro, la sua documentazione e i suoi argomenti. Questi i dettagli “nuovi”. La requisitoria di Mughini contro persone già di Lc o persone che non hanno creduto alla conclusione dei nostri processi è affar suo: la mia estraneità voleva e vuole dire l’estraneità di Lotta continua. Il resto è solo tempo che passa. Io l’ho passato a mio modo.

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