Per non disturbarlo a quest’ora del mattino, scrivo qui alcune cose che penso dell’articolo che oggi Sofri, quello anziano, ha scritto su Repubblica a proposito dell’elasticità che moderazione e “terzismo” dovrebbero avere a seconda dei tempi.
La prima cosa è che la variabile “tempi” riguardi – come lui stesso sa, essendo da molto attento alle sindromi di “estremismo senile” che cita anche oggi – più gli osservatori che ciò che è osservato. E che la sua riflessione di oggi indebolisca se stessa nella sincera constatazione di come si cambino i pensieri più rispetto alle proprie autobiografie e agli anni che passano per sé piuttosto che per il mondo.
La seconda è un’ulteriore smentita di sé dove sostiene che non esistano automatiche adesioni di branco alla linea di Corriere o Repubblica, ma poi segnala – su Repubblica – la sua progressiva adesione alla linea di Repubblica.
La terza è che la trita tesi della divisione tra Guelfi e Ghibellini non abbia il suo fondamento nel fatto che “gli schieramenti riproducano le stesse contrapposizioni”, ma che lo schieramento sia piuttosto nelle teste: mobile, contraddittorio, ma schieramento. Non si è guelfi tutta la vita, né tutta la vita ghibellini: ma si è sempre o guelfi o ghibellini, o per indole o sotto il ricatto del nemico alle porte.La quarta è quanto sia equivoca la tesi che la moderazione e “l’attaccamento alla misura” non contemplino constatazioni anche gravi ed estreme, tesi che il suo stesso esempio gandiano appunto smentisce (ci sarebbe poi quello più buono di tutti, che fu capace di piantare un casino coi mercanti del tempio, quella volta). Dire che l’Italia è dentro a una sua propria ca-ta-stro-fe e che chi la governa ne ha responsabilità gravissime e indelebili non è un’opinione fuori di misura, o estremista: è un’analisi delle cose, che diventa moderata nel momento in cui non si sottrae a vedere corresponsabilità e fallimenti anche altrove e a includere amaramente questa osservazione nell’analisi e nella ricerca di soluzioni.
La quinta è infine la confusione tra la misura nelle cose, l’attaccamento a un giudizio legato a fatti e contesti e non ad appartenenze, e dall’altra parte l’adesione tifosa a una delle parti separate da una riga, siano destra e sinistra italiana o Repubblica e Corriere. Il “terzismo” così squalificato dalla sciocchezza di alcuni suoi antichi rivendicatori e dalla litigiosità dei loro nemici (Sofri, quello anziano, usa saggiamente il termine solo una volta, in modo neutro: è il titolo a farne ulteriore scempio), potrebbe e dovrebbe essere l’idea che le cose si giudichino per quello che sono, e che le proprie idee si formino senza essere trascinate da legittime appartenenze o consuetudini (primismo e secondismo): non “un’equidistanza fra il governo e i suoi presunti «nemici politici ed editoriali»”, ma un’indipendenza dagli interessi degli uni e degli altri (quali siano i più stolti è chiaro a tutti: ma anche quali siano i meno stolti). La confusione è tra cercare di capire le cose giuste o invece sentirsi in battaglia: per Repubblica vale la seconda cosa, ritenendo di avere capito e archiviato da tempo cosa sia giusto. E allora un elmetto si impone, e la moderazione sia per tempi migliori. Per il Corriere non so cosa valga, probabilmente Repubblica (bisognerà definirsi allora “quartisti”?). Per l’articolo di Sofri, quello anziano, dal momento che è stato scritto, la battaglia comincia a bussare alle porte e al diavolo i dubbi.
Ma la “via di mezzo” non è un’equilibrio succube e vile tra le malfamate e affollate vie laterali (malgrado ci sia chi lo percorre): è un’altra strada, dove si cerca di capirlo ogni giorno, cosa sia giusto e cosa no.
Bastava dire questo, a non metterci troppe cose: che non bisogna confondere l’indipendenza con l’equidistanza, che è una sciocchezza che fa dipendere la propria posizione da quella altrui.
p.s. naturalmente Sofri, quello anziano, tutte queste cose le sa benissimo: me le ha insegnate lui. È il suo articolo che si è distratto. Il titolista ha fatto il resto.