Tutti contro tutti

Da quando un importante dirigente di una casa editrice mi spiegò che per i vecchi libri di carta temeva più la concorrenza dei videogiochi di quella degli e-books, l’idea mi ha convinto sempre di più: che oggi la competizione per l’attenzione e la domanda di contenuti sia molto trasversale e sparigliata. Intendo dire che con l’offerta ricchissima e a portata di clic di ogni sorta di distrazione, impegno, contenuto, non è più un altro libro a competere col tuo libro, un altro giornale a competere col tuo giornale, un altro account di Twitter a competere col tuo account di Twitter: sono tutte queste cose assieme e molte altre che si contendono la risorsa limitata del nostro tempo, e il mio concorrente è qualunque cosa esca da uno schermo che sia più accessibile e attraente della mia (entra nello stesso discorso, tra l’altro, la storia delle riunioni in cui tutti stanno incollati agli smartphone). E questo post, per esempio, dovrà essere capace di sottrarvi tre minuti a una partita a Ruzzle, a uno sfoglio della vostra timeline di Twitter, a una rubrica di Gramellini, a un video che fa ridere o a uno che tutti i vostri amici hanno condiviso, eccetera.

Oggi su Repubblica ci sono un paio di notizie che confermano questo cambiamento. In una, si spiega che durante la campagna elettorale sono molto calate le vendite dei libri e che accade sempre in presenza di eventi importanti: perché la gente è distratta da quelli e legge meno libri. L’altra è la lettera di una lettrice che dice che sulla sua metropolitana non c’era né un libro né un giornale, e tutti giocavano a Ruzzle o mandavano e leggevano SMS, esperienza che conosciamo tutti.

Questo contesto è abbastanza rivoluzionario e costringe a pensare diversamente chi voglia imporre il proprio “prodotto”: è ben diverso capire come battere degli avversari sul tuo stesso terreno o doverli battere in partite che non conosci e che non sono le tue. Ed è ben diverso capire cosa chiede l’utente a un libro o cosa chiede e basta. Traslare progetti e ricerche su questo piano non sarà facile: e c’è sia chi lo sta già cercando da fare, sia chi ancora non si è accorto di niente.

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro

12 commenti su “Tutti contro tutti

  1. layos

    Personalmente grazie ad Internet leggo tantissimo, più qualunque altro periodo della mia vita, in cui comunque sono stato un discreto lettore. Ma sono forse 4-5 anni che non leggo un libro intero e più ancora di carta. Adesso che ho in tasca un device potentissimo e sempre connesso il classico libro da treno è diventato un inutile orpello invece che un prezioso compagno di viaggio.

  2. Pingback: Qualche altra considerazione sui “contenuti” (e sul come diffonderli) | HyperBros

  3. Steve Romano

    «Sono quattro o cinque anni che non leggo un libro intero, ma ho in tasca un device potentissimo».

    Niente, mi andava di ripetere questa frase.

  4. Rov

    Non sono troppo d’accordo. Stamattina in metrò, nonostante la solita calca di Rogoredo, nel medesimo vagone ho contato 8 persone con un libro cartaceo in mano, e almeno una decina con un e-reader. Senza contare che con Ipad, in 5,6 avevano la digital edition del Corriere. Si legge ancora. E si leggerà sempre. Ruzzle, invece, come il serpente della Nokia, morirà in poco tempo.

  5. Raffaele Birlini

    Volevo evitare due commenti ravvicinati, ma diamine, che discorsi. Mi ricorda la vignetta in cui moglie e figli lanciano occhiate di rimprovero a papà che legge il giornale al tavolo della colazione. Mi ricorda il vecchietto che agita il bastone e grida inutilmente perché il giovinastro ascolta musica a tutto volume negli auricolari. Mi ricorda articolesse contro la tv spazzatura, i film americani, le mode, le parolacce. Non c’è niente di ‘rivoluzionario’ nel ‘contesto’, qualunque cosa significhi il ‘contesto’, forse ti riferisci al mercato dato che parli di prodotto. Il prodotto viene offerto sul mercato, il contesto è ciò che usi per trovare il significato di una parola desumendolo dal. C’è quel film, i soldi degli altri, con Danny Devito, l’attore che si fotografa il piede nudo in giro per il mondo come fosse il nanetto da giardino di Amelie, il film dove prende il microfono e spiega perché l’azienda deve procedere a, su youtube ci sarà di sicuro, almeno in inglese. Per cui sono stanco solo all’idea di cominciare a spiegarti tutti i motivi per cui, ma diamine, che discorsi fai, per me sarebbe una fatica enorme mettermi lì a fare la maestrina per illustrare concetti e nozioni che dovrebbero essere ormai scontati e risaputi. La percentuale di chi vuole istruirsi per un bisogno suo, indipendente da necessità oggettive e obiettivi concreti, è sempre la stessa. Gli altri vogliono mangiare, bere, stare in salute, divertirsi. Ho l’impressione che tu abbia questa visione di un mondo in cui tutti diventano amanti della cultura, dei libri, del buon vino e dei salotti progressisti, con grande stimolo per valori condivisi e partecipazione politica e blablabla. Non è così, la gente vuole avere soldi, vuole avere tempo libero, vuole andare in vacanza e portare a casa di nascosto le conchiglie, vuole ammazzare l’ultimo panda e mangiarselo crudo, a mani nude, vuole vedere gente impiccata in piazza, esplosioni, film porno. Se gioca a Ruzzle è perché in questo momento è il livello massimo di follia che può concedersi in una società repressiva in cui verrebbe punito a fare tutto quello che vorrebbe fare e appena gliene dai l’occasione va a lanciare estintori e sampietrini. Siamo ancora al buon selvaggio, siamo ancora al positivismo primo ‘900, di questo io mi stupirei, dell’arretratezza culturale di un paese vecchio pieno di vecchi, di una classe dirigente che non sa leggere la realtà se non con gli occhi miopi delle generazioni precedenti, di questo mi preoccuperei, non del fatto che la gente non butta il televisore dalla finestra e il cellulare nel gabinetto per imboccare la via della santificazione laica che passa per l’ascolto delle prediche dell’intellettuale schierato e per la pratica di una vita dedicata alla gloria del partito e devozione alla causa. Per di questo si parla quando si grida all’allarme libri e gionali e tv, si intende perdita di controllo sul cittadino e lo si chiama rischio di scarso impegno politico, da qui il web inteso come strumento di antipolitica e pericolo per la democrazia, proprio come la tv commerciale qualche decennio fa. Ci si ricollega al ragionamento di ieri sul corto circuito di una sinistra che rinnega il suo essere figlia e erede del fascismo in un paese in cui non esiste la destra di stampo anglosassone ma una socialdemocrazia fatta degli eredi di garofano e scudocrociato. Il prodotto, la logica del prodotto culturale è perciostessa un inganno, non esiste un prodotto culturale di massa, è una contraddizione in termini, la vogliamo finire di tentare di trasformare la domanda, i consumatori, affinché questa semplice dato di fatto muti, questa verità lampante crolli? La superbia che si sitrova anche in chi tenta di trasformare gli elettori perché diventino clienti del partito! Lo trovo un modo di agire spaventoso, orripilante, eppure vediamo ogni giorno l’esercito mediatico di partito prendere come modello l’ufficio marketing di qualche multinazionale che ha moltiplicato il valore delle sue azioni. Siamo al marketing politico e culturale, roba che nemmeno in 1984. Si parla di strategie note nel marketing come creare mercati e soddisfare bisogni che le gente non sa ancora di avere, si parla di narrazione per soddisfare i bisogni emotivi di un consumatore che agisce per impulso irrazionale e vuole che il prodotto, anche se è un rasoio o un pannolino, gli trasmetta felicità, speranza, gioia. Ma la gente è la gente, è sempre stata così la gente. La gente riempie le piazze, viene spedita al fronte, gli capita la carne avariata, come dice Jack Lucas, viene colpita dai proiettili vaganti http://www.youtube.com/watch?v=MvuOLHTUDCw

  6. gecaspa

    @Raffaele Birlini: io ho un punto di vista più prosaico. Lavoro in un’azienda che stampa libri, quindi per noi il calo dei lettori di libri di carta non è una problema di “perdita di controllo sui cittadini” o di “prediche dell’intellettuale schierato”, ma una questione di “PIL aziendale”. È una tema cruciale su cui riflettiamo da tempo per capire quale sarà il futuro del libro. In un post di un anno fa (http://gecablog.wordpress.com/2012/03/28/un-enorme-equivoco-le-sgangherate-previsioni-sullebook-seconda-parte/) ci interrogavamo proprio sulla competizione in atto per conquistarsi il tempo libero delle persone e sugli effetti che la diffusione dei tablet avrebbe avuto anche sulla lettura di ebook (oltre che dei libri di carta).

    Lei fa poi il paragone con gli allarmi lanciati sulla tv commerciale. Beh, mi sembra che la storia italiana degli ultimi 20 anni abbia dimostrato che alcuni di quegli allarmi non erano poi così infondati…

    Luigi

  7. Il Delatore

    Se siamo al punto in cui Twitter o Ruzzle diventano antagonisti autorizzati e riconosciuti di “Pastorale Americana” spero proprio che questo benedetto meteorite si sbrighi.

  8. Raffaele Birlini

    Caro Luigi, immagino che lei non abbia googlato il film di DeVito che ho citato – eccolo http://www.youtube.com/watch?v=ERw99qnZXH0 -, altrimenti non mi inviterebbe a limitare la riflessione alla crisi del mercato dei libri di carta. E per quanto riguarda l’allarme sull’impoverimento culturale imputabile a forme di intrattenimento popolari, in senso dispregiativo, come la tv commerciale da lei nominata, le faccio notare che i libri di carta più venduti sono, emh, porcheria, si può dire porcheria o si offende qualcuno?

  9. Qfwfq71

    Suggerisco la lettura del bel saggio di Tursi: “Estetica dei nuovi media”
    ad un certo punto si descrive il passaggio da un’epoca in cui lo spazio veniva misurato con il tempo,
    in cui la conquista dello spazio era l’obiettivo e l’elemento fondamentale delle relazioni umane,
    (l’epoca della prospettiva e dell’orologio che coincide pressappoco con la diffusione della stampa)
    per finire in una epoca caratterizzata da scarsità di tempo (cibertempo) e abbondanza di spazio (inteso come ciberspazio).
    le nostre relazioni sono quindi mosse dalla conquista del tel tempo.
    Abbiamo immediata disponibilità di tutto in tempo reale ma ci manca il tempo per fruire di questa sovrabbondanza.
    Un amico tempo fa citava una statistica degli editori inglesi che dimostrava il calo del tempo medio dedicato alla lettura dei libri, mi pare 2 h a persona al mese. Per certi versi: “chissenefrega”
    Il libro cartaceo è destinato a finire, prima o poi. Daltronde si tratta di una presenza nel nostro immaginario relativamente recente. Nell’ottocento addirittura veniva vietata la lettura ai giovani (soprattutto donne) perchè si riteneva li distraessero da attività più edificanti.
    Se i libri spariranno, troveremo altre forme di diffusione della conoscenza.
    Quello di cui dovremmo sereiamente preoccuparci è la scomparsa del tempo.
    Dovremo trovare la maniera di accumulare e immagazzinare il tempo?

  10. Pingback: Non sappiamo dove stiamo andando ma (forse) stiamo procedendo bene. | Matera - Cerca News

  11. Pingback: Freelance, blogger e logografi | il mondo sommerso

Commenti chiusi