Non si è reso conto

Le storie e le persone sono complicate e da pochi articoli di giornale non può uscire una comprensione di rapporti e cose in ballo sufficiente a dare dei giudizi, ad avere capito tutto. Ma se l’impressione che danno le poche cose contenute in questo articolo sulla ragazza picchiata dal suo fidanzato in Campania fosse fondata, questo articolo dovrebbe stare dentro la bibliografia più studiata nelle discussione di questi mesi sulla violenza contro le donne (l’intervista citata è qui).

Nel suo letto nel reparto di Chirurgia d’urgenza, Rosaria Aprea si è anche lasciata fotografare per dimostrare che «non è vero che ho subito percosse», tesi a suo parere dimostrata dall’assenza di lividi o medicazioni sul volto, sulle braccia, sulla testa. All’addome, però, hanno dovuto operarla due volte in poche ore: prima per asportarle la milza e poi per fermare una emorragia interna che se, fossero passati ancora pochi minuti, avrebbe potuto ucciderla. E ancora oggi i medici non hanno sciolto la prognosi.

Rosaria questo lo sa, ma resta convinta che Antonio Caliendo, imprenditore ventisettenne di Casal di Principe con il quale esattamente un anno fa ha anche avuto un bambino, «non voleva sicuramente farmi male» perché, dice lei, «ci amiamo e non vedevamo l’ora di andare a vivere insieme con nostro figlio». E non che questo tentato omicidio abbia indotto Rosaria a cambiare idea: la convivenza con Antonio è una «cosa che io voglio fare ancora, perché l’amo».

Solo qualche giorno fa diceva cose diverse: «No, non ci torno assieme. Non lo odio, provo rabbia. Però lo so che adesso è finita». Ed era stata lei a denunciarlo, appena arrivata al pronto soccorso accompagnata dalla madre, perché lui, dopo averla presa a calci se n’era andato. Ora sostiene di averlo fatto in «momenti di semi-incoscienza», ma «dopo i primi giorni in cui mi sono sentita frastornata ho via via acquisito la mia lucidità e mi sono accorta di avvertire sempre di più l’assenza di Antonio». E adesso vuole «ritirare la denuncia perché immagino che questo possa aiutarlo a venire fuori da quel posto». Immagina male, Rosaria. E forse il suo avvocato, Carmen Posillipo, glielo avrà anche spiegato: per lesioni gravi come quelle che le ha provocato il fidanzato, la Procura procede d’ufficio. Lei può perdonarlo, se crede, ma il magistrato va avanti per conto suo.

Lei, però, insiste: «Sto male al pensiero che sia rinchiuso in carcere. Non voglio che Antonio resti ancora lì dentro. Lo so che non si è reso conto di quello che mi ha fatto e voglio tornare con lui». Dice che vorrebbe «poterlo incontrare perché sono certa che si è pentito. Vorrei potergli dire da vicino: mi manchi tanto, vorrei tornare a passare le nostre serate assieme sul divano della tavernetta».

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17 commenti su “Non si è reso conto

  1. uqbal

    Il fatto è che il maschilismo arcaico possessivo non è che riguarda solo i maschi. E’ una forma mentis che possiedono tanto gli uomini quanto le donne, ognuno dei due col suo ruolo. Non è che i maschi sono arcaici e le donne sono emancipate suffragette: sono entrambi arcaici perché entrambi cresciuti in un ambiente arcaico.

    Lei, dopo lo sbigottimento per la violenza subita, sta tornando, inconsapevolmente, nei ranghi e nel ruolo. Il suo ruolo è di essere subordinata al suo uomo, in tutti gli ambiti e in silenzio. Perché lo accetta? Perché se uscisse dal ruolo dovrebbe diventare una donna diversa, autonoma, indipendente, sì, ma anche esposta alla solitudine, senza l’ausilio del maschio che porta il pane a casa e la difende dal mondo esterno (non da lui stesso, però, evidentemente…), senza una casa fornita da lui e dalla sua famiglia…ecc. ecc.

    Non è che è calcolatrice: è soltanto che lei conosce solo un modello di donna, e nonostante tutte le difficoltà cerca di interpretare e adattare la realtà ai suoi schemi. Nel far questo può anche far diventare il bruto del compagno un povero caro. Uno che o non si è reso conto oppure è già pentito, ma non entrambe le cose. Ma che importa? Significativa la fantasia familiare: in casa, protetti, esclusi dal mondo…

  2. Emidio Picariello

    uqbal secondo me coglie bene la questione.
    Comunque chi lavora con la violenza sulle donne ha ben chiaro che nella maggior parte dei casi c’è una responsabilità della vittima (attenzione: responsabilità della vittima che non riduce di un millimetro la responsabilità dell’aggressore), una sorta di collusione. Certo, c’è anche una società in cui non un solo articolo che parla dell’argomento riesce a non mettere la parola “miss” nel titolo.

  3. Robdale

    Anch’io concordo, tristemente, con l’analisi di uqbal.
    Ma da un pdv legale, anche se lei non dovesse più sporgere denuncia (o ritirarla), lui sarebbe ancora perseguibile?

  4. Pingback: Distruggere la campagna per combattere la violenza contro le donne con una sola intervista

  5. marquinho2

    @robdale
    sì, è detto anche nell’articolo, se le lesioni riportate superano i 40 giorni di prognosi si procede d’ufficio.

  6. Luca Segantini

    40 giorni?!?!
    Quindi se si tratta solo di lividi e magari un occhio nero (che guariscono in meno di 40 giorni), si può passarci sopra se lei ritira (o non fa) la denuncia?

  7. Vale

    @uqbal
    Secondo me il ragionamento sui ruoli e modelli è più che condivisibile, ma nel leggere queste cronache a me viene in mente soprattutto che queste donne abbiano una vera e propria dipendenza da questi uomini e questo come conseguenza di un’inesistente autostima. Persone forse cresciute in famiglie che non sono riuscite a dare strumenti utili a capire e coltivare il proprio valore. Sentirsi svalutate sin da giovanissime non credo possa aiutare a costruirsi una buona autostima, magari le donne più forti si ribellano e sviluppano le difese necessarie ma tante altre continueranno a ripetere all’infinito il modello malato vissuto in famiglia, dove un padre si sente autoirizzato a inveire a urla contro la moglie perché il pranzo non è abbastanza caldo o scemenze simili. Il vero punto su cui lavorare forse sarebbe questo, ricostruire l’idea di sè, il fatto che nessuna frustrazione personale possa giustificare la violenza di un uomo.
    Quest spot fa abbastanza riflettere
    http://tinyurl.com/dkqgav
    sceglie di mostrare un aspetto diverso dalle percosse ma che, a mio avviso precede sempre qualsiasi violenza fisica

  8. Robdale

    Chiedevo cosa succederebbe in caso di ritiro di denuncia perché, oltre all’analisi di uqbal, per farsene un’idea forse bisognerebbe prendere in considerazioni anche altri aspetti, all’opparenza più banali, legati alle leggi familiari, alle tribù e ai clan. Venendo entrambe le famiglie da piccoli centri dove tutti si conoscono e dove vuoi stare tranquillo, non mi meraviglierei se ci fossero pressioni sulla famiglia di lei: tipo: “ormai è fuori pericolo, lui è ancora molto innamorato, perché deve stare in galera, noi qua dobbiamo stare tranquilli, non vogliamo processi o riflettori, abbiamo le nostre regole…” o .inchiate del genere, chiaramente non giustificabili. Non dimentichiamoci che sono paesi quelli condizionati dalla camorra e dal loro modus vivendi/operandi. Detto questo, non la voglio mettere sul conflitto di civiltà. Anzi, una concezione molto labile e personalistica della giustizia è un connotato che unisce l’Italia piuttosto che dividerla. Saranno in molto a ricordare la storia del tassista e del cane in provincia di Milano, credo. L’unico testimone che ha avuto il coraggio di andare fino in fondo sta passando un sacco di guai, ha perso la casa, il lavoro…ma questa è un altra storia.

  9. frap1412

    Uqbal ha centrato il problema, secoli di cultura maschilista non possono essere cancellati, nemmeno dai radicali cambiamenti avvenuti negli ultimi cento anni. Pur con le evidenti differenze tra zone del mondo, questa cultura è tuttora presente e radicata.

  10. marquinho2

    Correggo una mia precedente informazione inesatta.
    La procedura d’ufficio scatta in caso di prognosi superiore ai 20 giorni. I quaranta giorni si riferivano ad un altro aspetto: “un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni” per cui scattano le aggravanti.

  11. uqbal

    Vale, in realtà stiamo dicendo cose molto simili. Fa parte del ruolo sociale di quella donna avere l’autostima sotto le scarpe.

  12. pougeina

    Ebbene sì, se la prognosi é inferiore ai 20 giorni si procede a querela di parte cioé se mi gonfi come una zampogna ma mi lasci solo dei lividi le forze dell’ordine procedono solo se decido di denunciarti. Ho sperato un mucchio di volte di trovare una frattura qualunque , una costola incrinata, un setto nasale rotto per poter dare più di 20 giorni di prognosi… Anche per mandarcelo io davanti al giudice il violento di turno, visto che spesso la vittima non denuncia nulla – ahimé uqbal ha centrato la questione-…

  13. lorenzo68

    Però sull’ambiente Arcaico nutro dei seri dubbi. Equivarrebbe a dire che la situazione sociale giustifica il rapporto di subordinazione donna vs uomo. Ma è davvero così?
    Io invece parlerei di ignoranza figlia di una cultura della violenza che trae la sua forza dall’esercizio muscolare e niente di più.

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