La politica a chilometro zero

Oggi Michele Ainis si dedica in prima pagina del Corriere della Sera a una riflessione sull’attitudine italiana a cercare ed accusare “il nemico interno”, concentrandosi sulla politica ma non solo.
Ma fa uno sbaglio di analisi, nella parte in cui parla dell’attuale situazione dei partiti, sbaglio che crea un loop interessante e rivelatore.

Le prove? Scelta civica fa notizia solo per le baruffe quotidiane fra i suoi troppi colonnelli. Nella Lega il nemico è diventato Bossi, che ne era stato il fondatore. Il Movimento 5 Stelle ha già perso 6 parlamentari: un’espulsione al giorno toglie il medico di torno. Nel Pd Renzi è vissuto come una minaccia, non come una risorsa. Nel Pdl i falchi incrociano gli artigli con le colombe, ma la sentenza costituzionale sul processo Mediaset, e a seguire quella di Milano sul caso Ruby, hanno offerto all’unità del partito il suo antico nemico: il potere giudiziario. Tutto sommato Berlusconi dovrebbe ringraziare i magistrati.

Ora, quello che descrive Ainis non è ciò che avviene nei partiti, ma ciò che i quotidiani ogni giorno raccontano a proposito dei partiti (“fa notizia”). Una realtà filtrata, ridotta e selezionata che abbiamo sotto gli occhi tutti ogni giorno: la ricerca e la semina di zizzania all’interno della politica (e non solo) è diventata praticamente una professionalità giornalistica autonoma.

Il risultato è che nei giornali si enfatizza la zizzania sensazionalista (in qualunque senso: un giorno Renzi e Letta litigano, quello dopo si alleano, eccetera; un giorno i grillini si scindono, quello dopo no, eccetera) e si tralascia tutto il resto; Ainis legge i giornali e chiama tutto questo “le prove”; quindi Ainis scrive sui giornali che il problema dei partiti è la zizzania e la ricerca del nemico interno; e vedrete che da questo nasceranno ulteriori commenti e zizzanie proclamate.
A conferma che la politica pubblica italiana è ostaggio della cronaca giornalistica.

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8 commenti su “La politica a chilometro zero

  1. uqbal

    Con tutto quello che si può dire dei giornali, e che si deve dire, mi sembra che comunque Ainis non stia andando troppo lontano dal vero.

    L’atteggiamento verso Renzi di molti piddini -anche tra i militanti- non era e non è un’invenzione; che il PDL abbia come collante la contrapposizione buoni/cattivi (o amore/odio, per rimanere a Berlusconi) non è un’invenzione nemmeno quella, come non lo è l’idiosincrasia per la magistratura; che tanta sinistra campi sull’antiberlusconismo è difficile da negare; come è difficile negare che tanti nel PD vivano con fastidio la componente centrista del partito (in parte credo ricambiati).

    Direi che si tratta di una forma di capponismo: nell’impotenza generale ce la si prende con chi si ha più vicino o con un bersaglio facile su cui sfogarsi.

  2. Michele Mauri

    Non è certo un caso che Ainis scriva queste cose sul Corriere della Sera, il quotidiano che, come lei stesso ha ricordato tempo fa, ha nutrito la casta per decenni e ha poi partorito il fenomeno dell’anticasta. Se Repubblica è il giornale-partito, un macigno sulla scena politica italiana che non si confronta mai con il voto, il Corriere della Sera è il partito unico, quello che tutto assorbe e tutto assolve: governo e opposizione, moralità e immoralità. Il quotidiano per il quale scrissero Bassani, Buzzati, Cangogni, Cederna, Fallaci, Pasolini, Sciascia, è diventato il partito unico della porchetta, quello che uccide la residua fiducia degli italiani, stremati da un lungo bunga-bunga di discordie vere, presunte e create ad arte. C’è un’infezione sociale che ha contagiato tutti, noi compresi. E da questa infezione i quotidiani ricavano materia prima per generare lettori, dando vita a un circolo infernale. La politica finanzia l’informazione perché parli della politica. Nel bene o nel male, purché ne parli.

  3. Robdale

    Condivido in pieno. La conseguenza è che non è importante la realtà, bensì come viene rappresentata. E questo per me è uno dei grandi equivoci che ha aiutato il Berlusconismo a svilupparsi e vincere, e su cui si è avvitata l’Italia tutta. Come ne usciamo?

  4. metiu

    “Ora, quello che descrive Ainis non è ciò che avviene nei partiti, ma ciò che i quotidiani ogni giorno raccontano a proposito dei partiti (“fa notizia”). Una realtà filtrata, ridotta e selezionata che abbiamo sotto gli occhi tutti ogni giorno: la ricerca e la semina di zizzania all’interno della politica (e non solo) è diventata praticamente una professionalità giornalistica autonoma.”

    il direttore non puo’ quindi non condividere quanto scritto da Beppe Grillo nel suo post di un paio di giorni fa sui giornalisti in parlamento. Il senso di quel post e’ proprio quello..

  5. lorenzo68

    …non solo per quanto riguarda i giornalisti ma anche per quanto riguarda i partiti ormai ombre comatose. Come questo decreto sul lavoro: inutile e stupida babele di porcherie. Ma quando lo capiranno che gli incentivi per le assunzioni non servono a niente?

  6. tonio

    Ho letto Ainis, e credo proprio che abbia fatto un doppio passo falso. Il primo ce lo mostra Bersani, secondo il quale non ci sono nemici interni ma solamente competitori, almeno così l’ex segretario Pd definiva Renzi con l’intendimento di rassicurare l’opinione pubblica ché di civile confronto si trattava tra i due e i toni esagerati erano quindi un’invenzione dei giornalisti; il secondo errore è più un’occasione mancata in realtà, infatti Ainis avrebbe aiutato di più la categoria dei giornalisti se avesse assegnato alle attuali cronache politiche una funzione di stimolo per risollevare il basso livello di idee, e cioè la funzione del lievito che aiuta a far crescere ciò che c’è di buono all’interno dei partiti. Se non è lievito, allora è zizzania.

  7. Fagal

    Come scrissi il 19 giugno nel commento al post “un giorno ci guarderemo indietro” é evidente che c’è una tecnica di rappresentazione della confusione dei partiti a fronte di un governo che propone il “decreto del fare”… E scrissi: mi stupisce come movimenti politici in cui vi sono persone che dovrebbero conoscere molto bene il meccanismo della comunicazione non si accorgano di ciò e, paradossalmente, diano proprio materiale per cianciare su questo (M5S). Ed in questo ha ragione Grillo nel non far andare i parlamentari M5S in tv. Non per ragioni di censura ma per il tema trattato. Se ci fate caso, in ogni trasmissione politica, in cui si discuta del e con il M5S non si parla mai di temi concreti ma dell’organizzazione e delle divisioni. Stessa cosa bene o male la si fa con altri esponenti di partiti politici. Solo con membri governativi ciò non accade anche perché, ovviamente, dovendo decidere (o decidere di non decidere e rinviare) si deve necessariamente giungere ad una sintesi. Questo é un lato della medaglia. L’altro lato oscuro, qua emerge la debolezza dei partiti e dell’assemblea legislativa su cui mi pare LSofri glissi, é che non ci sono idee chiare espresse (fatto salvo il Cdx che su questo ha un indubbio vantaggio e che appare come il dominus parlamentare del governo, ripartendo gli oneri e prendendosi gli onori). Se si considera un parlamentare del Csx questi esporrà delle idee ma anche delle idee diverse che ci sono o sarebbero nel partito (confusione). Se si prende poi un parlamentare del M5S non esprimerà alcuna idea, salvo eventualmente premettere che parla a titolo personale e non impegna il partito (se non impegna il partito e parla a titolo personale allora a che serve la mediazione del parlamentare? E’ un ossimoro. Oppure un impiccio alla democrazia diretta, come direbbe Grillo). Quindi la stampa mette zizzania ma i partiti, o quel che ne rimane, non é che abbiano proprio una forza reattiva eccellente

  8. Fagal

    Ecco un caso “esemplare” di comunicazione del PD
    http://www.ilvelino.it/it/article/finanziamento-partiti-senatori-pd-anche-nonna-papera-per-ritardare-ddl/d2a8cf65-55ab-455a-9a1e-3b5004fe5b80/
    Prima si sostiene che che va tagliato il finanziamento; poi, con una comunicazione “circolare”, si ricorda al collega che vuole il finanziamento di partito etc… Ma cosa vuole il partito? Quale é la linea del partito? Qui manca non solo l’allenatore ma, ancor più grave, un modulo di gioco.

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