Nymph(o)maniac

Ho visto Nymphomaniac, per amore, malgrado la ritenessi una delle cose meno attraenti con cui immaginavo di passare il mio tempo. Devo ammettere che me ne ero fatto un’idea precipitosa: temevo fosse un film sgradevole e angoscioso, e invece mi sono solo annoiato (forse è sgradevole e angosciosa la seconda parte, a quanto leggo). Poi vedo che piace molto, quindi saranno anche gusti. Mi limito a esprimere un’opinione abbastanza delusa su un film che si vuole artistico e creativo e la cui invenzione si risolve nella storia di una donna che fa molto sesso (accipicchia!), e le cui trovate sono ancora – nel 2014 – esibire agli spettatori la serie di Fibonacci, il solito valzer di Shostakovich, la metafora sesso-cattura, la dicotomia sessodolce-sessopredatore, qualche sovraimpressione grafica e pretese intellettuali for dummies di questo genere, tutto sotto il grande cappello di una citazione di Antonello Venditti, “e non c’è sesso senza amore”. Sono passati 26 anni dai valzer e la matematica di Giochi nell’acqua, ma capisco che là mancava questa cosa ardimentosamente provocatoria: il sesso.

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5 commenti su “Nymph(o)maniac

  1. armilio

    Dunque: non le piace Shame, ha trovato noioso The Wolf of Wall Street, non le piace quest’ultimo lavoro di Von Trier. E’ annoiato o infastidito dal sesso? nelle opere d’arte, intendo.

    Sì, credo di sì. L.

  2. albertogallo

    Mi permetto di dire che, forse partendo come da sua ammissione prevenuto, non ha colto alcuni aspetti fondamentali di questo film che, ricollegandosi in generale alla poetica di LVT, sono secondo me fondamentali per capirlo davvero.
    L’ironia, soprattutto: la storia di Fibonacci e della proporzione aurea, ad esempio, secondo me è una grande presa per il culo di codici da vinci e cretinate varie (come si intuisce anche dal fatto che dal nulla appare il caro vecchio Cenacolo che tanto ha fatto stupidamente discutere in questi anni). Ogni volta che LVT se ne esce con qualcosa di “interessante” o “piacevole da vedere” per un pubblico medio, si può star certi che c’è dietro un lavoro intellettuale ben più profondo, con cui il regista vuol prendersi gioco delle menti semplici. Anche il cattivo gusto dello split screen con il giaguaro e l’automobile secondo me è assolutamente voluto. Tutto rientra in un disegno molto ironico, che a volte diventa esplicito (per essere un film “drammatico” si ride piuttosto spesso).
    Le uniche scene veramente sincere del film, quelle in cui lo spettatore non deve chiedersi se il regista non lo stia prendendo in giro, sono, come sempre in LVT, quelle di dolore assoluto, di disperazione (ovvero, in questo caso, la morte del padre della protagonista).
    Il limite del film, piuttosto, sta nel fatto che l’autore attribuisce fantasie evidentemente maschili a un personaggio femminile che risulta così in qualche modo stereotipato (più che ninfomane a volte Joe sembra solo una semplice… ehm… quella cosa lì). Ma, conoscendolo (artisticamente), credo che LVT abbia ponderato molto bene anche questo fatto.
    Alberto

  3. rinko

    E dai Sofri, non prendertela a male, il fatto è che c’è gente a cui è piaciuto il film senza per questo far parte necessariamente della categoria degli intellettualoidi pretenziosi/esibizionisti, che più o meno era il sottotesto del post.

  4. Roberto Malvezzi

    Consiglio un post ad hoc dopo la visione della seconda parte. La prima non può essere considerata un film “autonomo”, è davvero solo un primo tempo, che un po’ noioso davvero lo è, ma che visto da solo non rende giustizia al progetto complessivo, molto più vasto e profondo, anche se a mio parere, un po’ troppo intellettualistico..

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