Ho un esempio concreto e del tutto accademico – così non ci facciamo distrarre dal singolo caso – da sottoporre ai critici del progetto di legge sulla diffamazione che si lamentano che preveda delle multe troppo alte (di altre cose della legge mi lamento anch’io). Qualche giorno fa un sito creato da poco ha sostenuto che io sarei coinvolto nel progetto di un nuovo giornale “renziano”. Non mi hanno fatto nessuna telefonata per chiedermene – mi conoscono, pure, e hanno il mio numero – e lo hanno scritto.
È falso. Ma proprio falso, nemmeno con l’ombra di un appiglio concreto. Falso come da definizione di “falso”.
Ho scritto su Twitter che è falso (non ho convocato conferenze stampa, capirete; non ho “preteso rettifiche”, per senso della misura). Mi hanno letto abbastanza quei quattro addetti ai lavori che si incuriosiscono a questo genere di cose e si erano incuriositi alla notizia falsa. Fine. Un’ennesima cosa fatta male, ma fine.
Oggi vedo che un giornale di carta lo scrive di nuovo, esibendo di voler ignorare la smentita, e che alcuni siti lo scrivono di nuovo, scegliendo di ignorare la smentita e addirittura sostenendo che “in privato” i coinvolti lo confermerebbero.
Chissenefrega, direte voi. E infatti lo dico anch’io, chissenefrega, per quel che riguarda me: non me ne sento neanche particolarmente diffamato. È solo falso. Tecnicamente e giuridicamente falso.
E quindi ai lettori viene data un’informazione falsa “con la consapevolezza della sua falsità” – questa la formula descritta e sanzionata dalla legge – come avviene ogni giorno per decine di notizie più importanti.
La nuova legge sulla diffamazione ritiene che questo comportamento del giornalismo italiano vada disincentivato ed eventualmente sanzionato: non per tutelare me – chissenefrega – ma per tutelare i lettori e una società informata correttamente. Lettori a cui invece ogni giorno vengono consegnate decine di informazioni false su questioni assai più importanti, e che su queste informazioni costruiscono la propria idea di realtà. False, falsa.
Sarei curioso – davvero – di sapere se ai contestatori di quelle sanzioni è una questione che interessa, e quali diverse e migliori soluzioni propongono. Perché ho l’impressione che propongano l’alzata di spalle, quando si parla di questo: dei lettori, insomma.
Alle volte si ha la sensazione, tristissima, che questo tipo di informazione sia esattamente quello che vogliono i lettori.
In fondo il livello acclarato della disinformazione in italia è una forma di alibi verso noi stessi; ci permette di cullarci dentro le nostre convinzioni e predgiudizi, potendo tacciare di disinformazione ogni notizia che non avvalora le nostre idee, ma ci lascia liberi di accettare come corrette quelle che più ci rassicurano.
Spero che questa mia considerazione sia una notizia falsa.