La stazione situazionista di Bologna

Da vittima della prima ora della delirante stazione dell’Alta Velocità di Bologna, trovo perfetta questa analisi di Martino Pietropoli.

La stazione di Bologna non è una semplice stazione: è la prima e unica stazione situazionista al mondo. Ci arrivi al mattino e la trovi così, ci ripassi la sera ed è cambiata.
Un giorno ci sono andato e ho preso un caffè ad uno dei due/tre bar che ci sono sotto. Ci torno la settimana dopo e il bar non c’è più, o meglio è in un altro punto. Oppure è nello stesso punto ma è cambiato ma c’è lo stesso barista che mi guarda come a dire “Tutto bene?” e io che con gli occhi dico “Mah, mah non… non… lasci stare. Un caffè”.
Un’altra volta scendo ai binari e con la coda dell’occhio vedo una macchina. Una macchina? Non una sola: una fila di macchine, di taxi per l’esattezza. Cioè, dove prima c’era un piano qualsiasi adesso c’è una strada e sulla strada ci sono delle macchine. Una strada dentro una stazione. Ok.

Essendo situazionista, i percorsi non sono mai gli stessi: le scale mobili salgono e scendono come gli pare (probabilmente il senso di marcia è deciso da una scimmia strafatta di MDMA) e sono disposte esattamente dove ti aspetti che siano. Solo che non vanno nel senso che vorresti. Pensi “Quella salirà, lo sento” e invece quella scende. Sempre. Basta saperlo: non seguire il tuo istinto, questa è arte, baby.

(grazie a Fabio Venneri)

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2 commenti su “La stazione situazionista di Bologna

  1. Qfwfq71

    Diffido sempre un poco delle critiche eccessivamente sarcastiche: denunciano più l’autocompiacimento del critico che una vera analisi critica.
    Per chi ha il dono della retorica è abbastanza facile mettere in ridicolo pressocchè qualunque cosa
    (In fondo che senso ha questa Monna Lisa, l’artista si decidesse, o sorride o è seria….)

    Ad esempio non vedo cosa ci sia di male nell’avere il Kiss & Go interrato dentro la stazione, magari per liberare spazio pedonale in superficie. Per chi ha viaggiato non è una cosa così strana.
    Allo stesso modo contesto la dittatura del contesto: “è brutta e di bolognese non ha niente”.
    Perchè le opere devono sempre per forza avere un carattere attribuibile a questa o a quell’altra città? Perchè lo dovrebbe avere una stazione, non luogo per eccellenza?

    Detto questo, l’articolo è molto divertente ed interessante proprio lo spunto sulla “tragedia della realizzazione”; ovvero quel processo che partendo da un progetto architettonico con una sua coerenza, finsice per trasformarlo in tutt’altro a suon di adeguamenti ingegneristici, varianti funzionali, risparmi dell’impresa e dimenticanze varie.

  2. aldamar

    La stazione di Bologna è imprevedibile come i sensi unici di Ravenna e la gobba di Aigor.
    Il parcheggio “Kiss&Ride” potrebbe essere una buona idea se fosse a cielo aperto. Avendolo interrato, è sconsigliabile arrivare puntuali per dare un passaggio ad un amico in arrivo su un treno in ritardo (in Italia può capitare, giuro): si rischia di fare il pieno di monossido di carbonio, polveri sottili e benzopirene.
    P.S. per evitare le code caotiche del “bar provvisorio” della stazione, consiglio di prendere il caffè al Mac, trenta metri fuori dall’uscita.

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