Ferrara, nel mezzo

La prima pagina del Foglio di oggi si apre con una riflessione del fondatore ed ex direttore Giuliano Ferrara, che riassumo con parole mie ma poi vi lascio leggere com’è: la sostanza è “oddio, abbiamo fatto i bulli per anni esibendo simpatia e persino complicità coi peggiori malfattori e le peggiori malefatte pur di distinguerci da quelli che non sopportavamo – perché sono simili a noi, ma più ipocriti – e adesso il giochino del “politicamente scorretto” ci sta sfuggendo di mano, e rischiamo di trovarci in compagnia di gente oltre la soglia persino della nostra indulgenza, che pure è stata finora bella alta”.

Ora la destra americana, scontenta del suo passato onorevolmente neoconservatore (ultima raffica di pensiero non conforme), plaude eccitata nelle adunanze di uno che, pettinato come non si dovrebbe, fa l’imitazione degli handicappati, maltratta le donne come un maghrebino ubriaco (ooops!), anima lo scontro di civiltà di una passione difensiva e isolazionista indecente per un grande paese già costretto dalla combriccola universitaria obamiana alla leadership from behind, cioè all’inazione. E il programma liberale e liberoscambista dei conservatori di tutti i paesi, che non si sono mai uniti nonostante l’appello di Marx ai loro dirimpettai, riceve colpi durissimi da una pletora di miliardari e faticoni scamiciati della destra antiestablishment, ai quali si possono fare tanti auguri di buona riuscita ma con la sospensiva del più severo scetticismo. Seguono fenomeni emulativi o imitativi, anche nella vecchia Europa, e capirete bene quel che voglio dire senza far nomi, ciò che non è strettamente necessario. Brutto affare, no?

Sarebbe facile maramaldeggiare, e rispondere in mille creativi diversi modi, tutti declinazioni di un saputo sogghigno da appoggiati alla parete e dell’espressione “ma pensa!”. Tentazione che tratterrò in questa semplice frase, perché ci siamo capiti e maramaldeggiare non si deve e non è utile. Ma la parte interessante e meno prevedibile di quello che scrive Ferrara è la successiva, di presa d’atto della deriva e dichiarazione di rinnovati intenti.

Quel che era assertivo, paradigmatico, perfino ovvio, deve diventare appena un po’ più sfumato, problematico, ma senza perdere di mordente, di creatività anche sboccata, di intolleranza non indignata. Vincino con la sua inarrivabile dolcezza stilistica, con la sua bontà d’animo perfidamente ispirata al sorriso del santo disegnatore, può essere il modello. Non è impossibile, siamo ben attrezzati, siamo stati frondisti in tutto, anche nella pratica della scorrettezza linguistica, politica, religiosa e di cultura, non abbiamo mai abbracciato il conformismo dell’anticonformismo, perché non dovremmo riuscire nell’impresa di distinguerci dai marrazzoni che pretendono di sequestrare la critica antideologica al servizio di campagne forsennate? (…) a noi tocca d’ora in poi di usare quei due argomenti in più, e quei due aggettivi in meno, che pongano il club più esclusivo del mondo dopo il Bilderberg, e assai meno ricco, al riparo dalla gita di massa, con sandali e shorts di dubbia portanza ed eleganza, nel magnifico paesaggio intellettuale e morale della scorrettezza politica.

Piccola cosa ma illuminante: il passaggio finale sui cafoni in sandali e shorts è stupendo, perché è esattamente il genere di commento – sincero, legittimo – che Ferrara o il Foglio hanno fino a un attimo fa rimproverato a Michele Serra, per esempio, o a tutta una loro idea di incoerenza del presunto “radical chic”. Ed è rivelatrice di quanto Ferrara forzi se stesso da anni – inebriato da un comprensibile fastidio per una combriccola di cialtroni di sinistra che il Foglio chiama da anni “la sinistra” in un enorme e quotidiano straw man argument – in battaglie e spacconerie forzate, che lo divertono proprio perché non sue. È una persona perbene, di modi garbati, e persino politicamente corretta, Ferrara: ma è una categoria, quella, che vede malamente occupata e usurpata, e quindi ha preferito decidere di accompagnarsi ad altre marmaglie, con cui non rischia di sentirsi confuso ma che ora un po’ lo spaventano.
Scherzando, direi, che col pezzo di oggi Ferrara ha scoperto il terzismo, anche se questa consapevolezza lo farà uscire pazzo.
Ora, non credo che le sue considerazioni troveranno grande applicazione da domani. Ma dopodomani, chissà. Le lascio come promemoria.

Quel che era assertivo, paradigmatico, perfino ovvio, deve diventare appena un po’ più sfumato, problematico

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5 commenti su “Ferrara, nel mezzo

  1. quxxga

    Normale allenamento ideologico dovuto all’età. Personalmente ritengo che Ferrara vada trattato come un patrimonio tra gli intelletti italiota. Se non altro per Ome scrive.

    Saluti

  2. Effe

    Grottesco come il problema del politically correct e dei radical chic ormai se lo pongano solo i detrattori di tali categorie… un po’ come il comunismo ai (furon) tempi di Berlusconi.

  3. gianmario nava

    ho sempre pensato che ferrara fosse rimasto comunista mentre lavorava per e con berlusconi
    ovvero che ne avesse mantenuto modi e mentalità
    forse devo ricredermi
    faceva il comunista quando lo era
    lo faceva anche di più quando non lo era più
    e poi ha fatto il fuoridellacavagna a prescindere
    e ora gli tocca di definire una nuova cavagna per chiamarsene nuovamente fuori
    insomma non ci è mai stato ma ci ha sempre fatto
    simili personaggi sono necessari al mondo perchè ci fanno da specchio
    ed essendo a volte grotteschi e ci fanno vedere quanto lo siamo noi stessi
    ferrara però non è riuscito ad insegnare nulla alla sinistra (bella sorda devo dire)
    e ora vedo che si rammarica di avere reso trendy i mostri deformi a destra
    se non altro gli ha detto bene ed ha sempre venduto al meglio il suo prodotto
    buona pensione

  4. bugiaggo

    A mio parere il problema si spiega così, e lo dico con una mezza battuta: Ferrara non ha mai superato il complesso d’Edipo.

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