Il PD con la barba incolta

Luca Sofri
GQ, ottobre 2007

 

Alto. Maurizio Martina è alto. Dirò così al direttore, che a forza di leggere dichiarazioni attribuite a questo giovane dirigente dei Ds lombardi, e ipotesi che lo vogliono lanciato verso il gruppo dirigente nazionale del nuovo Partito Democratico, mi ha chiesto, il direttore: “ma perché nessuno ce lo racconta meglio? Questo Martina, com'è?”.
È alto, non si è fatto la barba, e ha una faccia disegnata con lo scalpello. Per una politica incline ad evolversi verso la prevalenza dell'immagine e del glamour, niente di più lontano e tradizionale: Martina, no glamour. Una giacca blu, l'aria pensosa di uno che è abituato ad assistere a riunioni e interventi, ma qualcosa di convincente e buono nello sguardo. Che ti fa immaginare la disponibilità dei vecchi del suo partito a mettergli in mano la federazione lombarda, a 29 anni. È la politica nuova che arriva, o è quella vecchia che si riproduce attraverso il suo erede più in gamba? Martina ha da poco aperto un blog, ma lo frequenta poco, e ancora meno i lettori potenziali. Però, dopo un suo applaudito intervento all'ultimo congresso dei Ds, tutti quelli più vecchi di lui lo tengono d'occhio. Parlandoci, l'impressione è che gli venga naturale di comportarsi da politico navigato o da giovane “normale” a seconda dei contesti.
Come sei finito in tutto questo?
Dopo le superiori ho fatto il servizio civile e nel 96 mi sono appassionato alla politica a partire dalla mia sezioncina del PDS: era la prima stagione dell'Ulivo
Sono stato nella Sinistra Giovanile per dieci anni, e per un anno e mezzo a Roma.
Si faceva politica, in casa tua?
Neanche se ne parlava. Mio padre ha sempre fatto l'operaio, ora è pensionato. Mai iscritto a nessun partito.
E come ti senti in questa veste di nuovo astro che sorge?
Mi rendo conto che molto della mia esposizione è dovuto al dato anagrafico: c'è un trentenne. Che è in effetti una notizia rilevante, ma devo dire che qui I DS stanno aprendo già da un po', nei territori, alle nuove generazioni. Ci sono miei coetanei che hanno un ruolo. Spesso veniamo usati come foglia di fico: “abbiamo il trentenne”: Però degli spazi stanno nascendo.
Secondo te, essere giovani, è di per sé un tratto che aiuta a fare buona politica?
Vista da dentro, sarei un po' più cauto. Ma in Lombardia delle aperture ci sono state, anche perché diventavano obbligate. Da noi la sinistra ha una difficoltà antropologica prima che politica. Rispetto al centrodestra abbiamo una cultura del tutto arretrata. Ieri sera a Monza discutevamo del Partito Democratico e il tema principale pareva essere che “noi ci dobbiamo distinguere da Formigoni”. Noi spesso costruiamo la nostra identità politica sull'anti-qualcosa. Ieri Berlusconi, oggi in Lombardia Formigoni. Siamo deboli dal punto di vista culturale.
E non vi dovete distinguere da Formigoni?
Io non ho paura di pensarla come il centrodestra su un tema o un altro: e se ritengo la soluzione utile la sostengo
Però è difficile costruire un partito “di servizio” per le generazioni più giovani senza tradire l'abitudine all'appartenenza e ad avere un avversario di quelle più vecchie…
Il PD è un'occasione per costruire un progetto politico meno ideologico, meno identitario, e più programmatico. A Monza una delle domande di un anziano militante è stata “Nel PD ci sarà ancora la tessera”. Per tanti della mia generazione questo non importa e addirittura rappresenta un ostacolo. E io non credo a un partito organizzato su un unico asse culturale
(più tardi, ho trovato il testo di un intervento di Martina al congresso regionale di aprile, in cui sosteneva l'opposto: “Care compagne e cari compagni, muovere verso il Partito nuovo significherà anche rafforzare un senso d'appartenenza e un'identità politica”)
Cosa vuoi dire?
Che dentro al PD dovrà essere presente una pluralità di culture e di identità
E qual è il limite? La Binetti e il suo cilicio ci stanno?
(Martina esita un po') “Io non ho difficoltà a pensare di ingaggiare un confronto con posizioni come quella della Binetti: non mi sento di escludere dal nuovo partito anche sensibilità di quel genere”
Beh, e allora cosa ti senti di escludere?
(ci pensa, fa una pausa, chissà fin dove si sta spingendo)
Se Casini dice ci sto?
Messa così, non escludo neanche lui. Dipende dal grado di condivisione di un progetto che noi dobbiamo ancora attrezzare: non sono per definire oggi un campo…
Da qui ai prossimi mesi noi dobbiamo organizzare una discussione vera sul profilo di questo partito
E se poi il profilo vuole includere tutto, come al solito?
Hai ragione. Ti dico una cazzata: noi abbiamo fatto il programma regionale del 2005 tenendo dentro tutti, e sul tema delle infrastrutture - che è la questione vera di questo territorio - noi siamo stati timidi. Sull'autostrada tra Brescia e Milano non abbiamo perso una posizione chiara e la gente non si è fidata e non ci ha votato.
E Veltroni non manca un po' di questa chiarezza?
Non sono d'accordo: io vedo con soddisfazione che dal lingotto in poi Veltroni uno sforzo di chiarezza lo sta facendo. Sulla questione fiscale, sulla sicurezza, ha iniziato a esplicitare un profilo chiaro, netto. Si può fare di più, certo.
A te pare chiaro quando dice che è per uno stato laico, ma contro il “laicismo esasperato”? Quando dice che è a favore del referendum ma non firma per il referendum?
… Non so… Veltroni sta facendo un gran lavoro, anche se forse in ritardo. In realtà io penso che, boh, bisogenerebbe riflettere sul ritardo del progetto PD: ogni tanto io me lo chiedo, non è che siamo fuori tempo massimo? Mi guardo in giro e - lascia stare Grillo - ma ovunque… cazzo, in treno, c'è un sentimento antistato, antipubblico, antipolitico. Persino a me, da dentro la politica, a volte viene da dire: “Ma dove cazzo stiamo?” Ti racconto questa cosa. Un giovane parlamentare dei Ds arriva alla Camera per la prima volta dopo essere stato eletto e incontra un collega del suo partito di lunga carriera parlamentare, e il secondo sai che gli chiede? “Ma come è fuori?”
Ed è così ovunque?
Noi negli anni passati avevamo degli amministratori che avevano occhi e orecchie sul territorio: adesso ho la sensazione che anche qui ti chiedano “Com'è fuori?”. Ricordati che siamo un paese che ripropone una sfida tra due candidati premier a distanza di dieci anni. Siamo bloccati
Qualcuno dice che questi blocchi e queste logiche stiano minando anche la costruzione del PD…
So di cosa parli, ma per me è un buon segno. Percepisco del nervosismo, perché si è annusato che l'operazione PD è esplosiva, e quindi c'è il panico. Se fossero tutti tranquilli, nessuna guerra sulle liste, io mi preoccuperei di più. Ora vedo una perdita di controllo: c'è gente che viene da me e si comporta come se portasse chissà quale sostegno e rappresentanza, e in realtà rappresentano ormai solo se stessi.
E lo sanno o no?
Sai che temo non lo sappiano, il che è peggio? C'è un grado di rincoglionimento per cui questi pensano davvero di essere i portatori di chissà cosa.
Ma secondo te, con le opportunità che hanno, i giovani ancora voglia di fare politica?
I tempi della politica non consentono più alle persone giovani e in gamba di oggi di frequentarla: questi vanno a Londra sei mesi e tornano, hanno altri linguaggi, altri rapporti con il mondo.
E tu allora cosa c'entri? Come fai?
Io so di non essere rappresentativo in questo della mia generazione, non so se sono un'anomalia: ho scelto per passione di stare dentro alla politica. Mi piaceva un sacco. Mi sono state date delle possibilità, ma mi rendo conto che tanti della mia età avrebbero scelto di fare altro, di andare altrove, di trovare altre soddisfazioni. Per ottenere l'impegno politico dei giovani oggi, bisogna creare le condizioni perché possano dare il loro contributo comunque, senza essere costretti ad esserne assorbiti. La politica americana, non la conosco benissimo, ma ha un dentrofuori che la politica italiana non consente.
E tu ce l'hai un dentrofuori?
Ma no. Io sono dentro. Bisognerebbe organizzare una possibilità di dentrofuori anche per i gruppi dirigenti. Io sogno un PD lombardo che prenda 30 giovani e li mandi due mesi in Inghilterra, che coltivi questo nuovo modo di seguire la politica.
Ma un po' di fuori ce l'hai? Una famiglia?
Mi sono sposato a giugno…
Giochi a pallone?
Sì…
Tieni per l'Atalanta?
Sono Atalantino sfegatato…
Ti piacciono i Pooh?
No.
Vai ai concerti?
Ma sì: mi piace un sacco Bruce Springsteen, però questa canzone nuova è brutta. Adesso mi sono invaghito un po' di Elisa. Prendo il treno tutte le mattine, c'ho il mio mutuo, vivo a Mornico al Serio, dove sono nato. Lo dico sempre: è uno dei posti dove hanno girato L'albero degli zoccoli
Non ti viene mai paura di diventare uno di quei giovani politici fatti a forma di vecchio politico?
Spesso. Spesso mi capita di pensare che mi sto uniformando a un cliché, soprattutto se pensi ai linguaggi: io mi rendo conto che quello che mi sta di fronte pensa “tu sei l'unico trentenne che han preso, ma in realtà sei come quelli lì”. Ma è difficile star dentro alla politica, riconoscere questo rischio, ed evitarlo. Quando devi gestire problemi e persone, sei in un meccanismo che ti avvolge. Non è semplice fermarsi e costruire un percorso e un metodo alternativi. Ci vogliono due palle così.
E tu hai mai pensato “che palle, io mollo”?
Eh, eccome.Un anno ho lavorato nel sindacato, un anno avevo lavorato in una piccola impresa di bottoni, prima che la Cina schiantasse il settore, nella pianura bergamasca. Stampavamo i bottoni dalla madreperla e poi li verniciavamo: un lavoro pazzesco. Passi la tua giornata davanti a una griglia di metallo e per otto ore devi mettere i bottoncini tutti in fila sulla griglia, assicurarti che non si tocchino, e poi passare la griglia all'uomo che li vernicia. Tu fallo per vent'anni e vedi come ne esci: io l'ho fatto per poco, ma è stato un pugno nello stomaco. Un lavoro tutto femminile, io ero lì perché ero giovane.
E cosa ti ha aiutato di più a diventare il candidato alla guida del PD lombardo?
Ci sono state delle coincidenze: la gente del mio territorio - sfigatissimo per la sinistra - a un certo punto ha deciso di prendere un ragazzo e dargli una responsabilità. Ho fatto il segretario dei DS in una provincia da più di un milione di abitanti, a soli 26 anni. Poi c'è stato un rapporto felice con Bersani, Fassino, molti che mi hanno incoraggiato. Però ti dico una cosa…
Cosa?
Io sono convinto - poi lo so che qualcuno dice che è una stronzata - che a un certo punto farò altro.
E che farai?
Altro.
Dite tutti così, poi non trovate altro da fare.
Boh, forse hai ragione tu. Però adesso ho esattamente questa sensazione, la necessità di pensare che a un certo punto potrò mollare… Ma hai ragione: tanti dei nostri sono lì perché non possono essere altrove. È ancora il tema del dentrofuori. Se tu non hai un fuori, stai sempre dentro, non esci mai.
(Martina si ferma a pensarci: è uno che pensa, non ha le risposte pronte, o forse non ha ancora le risposte sempre. Qualche volta sembra non vergognarsi di non averle proprio. Si passa una mano sul viso)
E perché stamattina non ti sei fatto la barba?
Perché non avevo voglia. Non lo sopporto. Dovrei farla almeno un giorno sì e uno no, ma non ce la faccio. Discuteremo anche del ruolo della rasatura, nel nuovo PD.