Dinosauri rock
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Quando eravamo ragazzi ascoltavamo Is she
really going out with him?, una canzone nuova che si chiedeva
perché quegli schianti di ragazze non escono con noi invece
che con quelli là: e la sentivamo vera per tutti noi sfigati.
E chiamavamo dinosauri del rock, per essere affettuosi conservandoci
sfottenti, quelli che dagli anni Settanta continuavano a voler
fare la loro musica mentre tutto cambiava: Neil Young, gli Stones,
Paul Simon, e via. Tra poco arriva un film, Almost Famous,
che resuscita di nuovo tutto quanto. Ma fa impressione vedere
che sono ancora tutti lì, e intanto sono invecchiati sia
quelli che sono venuti dopo, che noi che facevamo gli spiritosi.
C'è una nuova generazione di maturi pluridecorati del
rock che comincia a fare impressione, ormai, quelli degli anni
Ottanta. Prendete Joe Jackson, che evoca in Italia la rivoluzione
dei videoclip, Mister Fantasy e Massarini, una nuova modernità
grafica e stilistica, e nella sua musica un recupero di allusioni
a tempi andati che avrebbe fatto proseliti. Beh, sono passati
vent'anni. Da che cantava Is she really going out with him?
ne sono passati ventidue. E lui ne ha 47 e ha pubblicato
diciotto dischi, di cui l'ultimo Night and Day II
- riprende proprio un'idea di diciotto anni fa. Night and
Day, infatti, che nel 1982 lo portò a spasso per le
classifiche di mezzo mondo, parlava di New York vista da un suo
nuovo e spaesato inquilino.
Jackson è nato a Portsmouth, in Inghilterra. E' alto e
magro, assai stempiato da sempre, come longevo è l'improbabile
giallino dei suoi capelli. "Domandagli come mai indossa
sempre vestiti due taglie più grandi", mi ha chiesto
un amico. Ma oggi le sue taglie paiono più acconce, l'ultimo
bottone della camicia sempre allacciato, dev'essere un revisionista.
Abita a New York da vent'anni, appunto, ma non si sente americano,
newyorkese piuttosto. Qualche settimana fa se l'è presa
con il sindaco Giuliani ("lo ammazzerei") durante un
concerto e ha avuto un'attenzione dai media che non si ricordava
da dieci dischi fa. "Non vedo cosa ci fosse di clamoroso,
tutti a New York odiano Giuliani, fuorché i ricchi".
Perché, lei è al verde? "Io sono uno fortunato,
non uno dei ricchi di Wall Street. Abito a Manhattan, ma ormai
lo star system cerca casa a Georgetown, a Brooklyn". Mai
sembrato né di destra né di sinistra, Joejackson,
"e infatti la politica non è una mia passione. Bush
mi pare un cretino completo, ma evidentemente è quello
che gli americani volevano". Gli americani continuano a
essere un grande popolo di un po' scemi, per noi europei. "Vero,
ma non puoi generalizzare. Guardano della televisione inguardabile,
ma anche il baseball. Io vado matto per gli Yankees, e odio i
Mets".
Night and Day II è arrivato dopo una progressiva
e rotonda sterzata verso la musica strumentale e sinfonica, e
pare un ritorno al pop, ma lui non la vede così, "io
lavoro da minatore. Ho avuto due momenti cruciali del mio scavare,
il primo Night and Day e questo, ma sto semplicemente
andando avanti. Le differenze tra i due? Questo è molto
più bello". Non sarà uno di quelli che disdegnano
il proprio passato, Joejackson? "Neanche per sogno, ma miglioro.
Adesso scrivo testi di cui sono più soddisfatto, alcuni
di quelli vecchi sono un po' imbarazzanti sentiti ora. Ma i vecchi
dischi mi piacciono, Blaze of Glory soprattutto: quello
era un periodo in cui cominciavo a perdere attenzione da parte
dei media". E quindi quali sono le sue tre canzoni di Joejackson
preferite? "Potrei dirle It's different for girls,
Fools in love e Beat Crazy, tra le vecchie. Ma
la verità è che le mie preferite sono tutte in
questo disco". Love got lost, in effetti è
stupenda, e la canta Marianne Faithfull, nientepopodimeno: "la
canzone mi ha fatto pensare a lei, gliel'ho mandata e lei non
ha voluto sentirla. Pare che non ne volese sapere più
di collaborazioni, non so perché. Alla fine ci sono riuscito".
Anche lui ha appena cantato una canzone nel cd di Rickie Lee
Jones, dice che lei l'ha chiamato, e basta. "Io sono a disposizione".
Spesso torna a Portsmouth, la sua hometown di una canzone di
parecchi anni fa. "Quella era una canzone sentimentale,
di solito non ne scrivo, e se lo faccio ci scrivo sopra bello
grosso 'canzone sentimentale'". Ho letto che in Hell
of a town c'è una citazione da Tootsie, ma
lui strabuzza le pupillone. "C'è una citazione di
Un uomo da marciapiede, ce ne sono un sacco di altre,
ma questa mi è del tutto nuova". Joejackson non ha
le idee chiare su Napster, vuole andare in vacanza e ha scritto
un libro sulla musica ("A cure for gravity") di cui
va fiero, "è un peccato che non sia tradotto in italiano".
Una volta, ancora tanti anni fa, disse in una qualche intervista
che il rock era morto. Da allora ogni volta gliene chiedono,
come a Cat Stevens della sua fraintesa battuta su Salman Rushdie.
Anch'io, per non essere da meno: "intendevo che l'epoca
mitica degli eroi del rock era finita, il business e il marketing
hanno preso il sopravvento, basta. E poi, qual è il rock?
Più cerchi di capirlo, meno ci riesci. I Radiohead, forse,
ma il loro ultimo non mi piace granché". E quindi
che musica sente, Joejackson? "Bach. E certa elettronica
inglese, e la musica finlandese e islandese". Islandese?
Sa quanto sono bravi i Sigur Ros? "Me ne hanno già
parlato ma non sono ancora riuscito a sentirli". Avrei un'ultima
domanda: Is she really going out with him? "No", fa
Giogè, e sorride come per tranquillizzarmi.
Meno male. |