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Il natale del barbone
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A Natale, mi chiamano i parenti. Ogni anno. Che c'è di strano, direte voi. È che non mi fanno gli auguri. Si dimenticano. Mi hanno chiamato solo per un motivo. Sanno che scrivo di musica e hanno un sacco di regali da fare. Mi consigli dei cd da regalare?, dicono. Se esito, se mi diffondo in alternative, si seccano. Vogliono andare a colpo sicuro, entrare nel negozio con un foglietto e i nomi. Quest'anno mi sono preparato. Dirò "Is a woman" dei Lambchop ai più anziani, e "Unplugged" di Lauryn Hill ai più giovani. Risolto. Ma non è di questo che volevo parlare. Volevo parlare del fatto che qualche volta, dopo Natale, qualcuno mi chiama per ringraziare. Un ottimo consiglio, dicono, è stato molto apprezzato. Bene: nove anni fa mi richiamarono tutti. Tutti: mia madre, le mie tre zie, mio fratello, mia cugina, la mia matrigna, quattro amici, il mio ex professore di storia dell'arte. Un successone. Che avevo fatto? Gli avevo raccontato una storia. La storia è questa. Gavin Bryars è un musicista
contemporaneo non facile da etichettare. Nei negozi quando
ce l'hanno lo mettono a volte nel reparto classica, a volte
in quello jazz, a volte nelle colonne sonore, a volte dove capita.
Ha fatto musiche per opere teatrali, per film, per programmi
tv, opere classiche a se stanti, progetti d'avanguardia. Una
volta stava girando per Londra con un registratore in cerca di
suoni per un programma della BBC. Si imbattè in un barbone
forse ubriaco che trascinava ripetitivamente tra i pochi denti
una canzoncina. Non era proprio una canzoncina. Una specie di
canto religioso: diceva "Il sangue di Gesù non mi
ha mai tradito finora", e lo ridiceva, e lo ridiceva. Bryars
si portò a casa il suo nastro e lo tenne lì. Ogni
tanto lo riascoltava e ci pensava su. Quando spiego loro di cosa è fatto, i parenti sorridono. Diffidano. Sai che noia, vorrebbero dire. Come voi adesso. Non hai niente di più normale? Poi lo ascoltano, e sorridono ancora. Alcuni fingono di addormentarsi, per prendermi in giro. Dopo lo riascoltano, e ancora. Poi, una sera che mi hanno invitato a cena, glielo trovo accanto allo stereo. Mi affaccio alla cucina dove il padrone di casa sta lavorando con un mestolo e una pentola, e il grembiule attorno alla vita, e glielo sventolo davanti agli occhi. Sorridono ancora. L'hanno comprato; dopo lunghe ricerche, perché non è facile da trovare. |