Come guadagnare, o provarci, con la musica online in Italia

La sede di Vitaminic a Milano è in un lussuoso palazzo ottocentesco davanti alla fiera di Milano, con glicini, panchine e statue nel cortile, e all'interno stucchi e balaustre. Nella stanza di Gianluca Dettori, inventore e gran capo di Vitaminic, negli stucchi è stato aperto un bel buco rettangolare per far passare una dozzina di cavi. Con Vitaminic Dettori ha pensato di distribuire e vendere musica su internet due anni fa, quando Napster era ancora di là da venire e pochi capivano davvero quale fosse l'idea: "Il grande vero merito di Napster è questo, che ha abituato la gente in un tempo rapidissimo all'idea di scaricare la musica dalla rete e ha reso familiare un concetto ­ le canzoni come files ­ sconosciuto due anni fa". Dettori è di Torino, ha 34 anni e su Napster è freddo e obiettivo: "per noi le cose cambieranno quando la piracy sarà superata, e se anche Napster convertisse il suo funzionamento, non credo che possa sopravvivere, ha delle liabilities enormi". Una parola su quattro è in inglese, con Dettori: si vede che ha chiaro nella sua testa ogni più piccolo dettaglio del quadro generale, ma non ci tiene a fare del suo meglio per renderlo chiaro agli altri. Dice "i positives di questa situazione", "questi per noi sono peanuts" e "gli upsides che arriveranno".
Vitaminic vende musica, si è quotata in borsa per tempo, ha un congruo passivo ma conta di andare a profitto l'anno prossimo. "La musica online è diventata un piatto dove tutti vogliono entrare: noi ci siamo già e facciamo syndication a moltissimi siti e portali che passano da noi per offrire musica ai propri utenti". Ma di che musica stiamo parlando? "È chiaro che in grandissima parte si tratta di sconosciuti a cui offriamo visibilità e la possibilità di costruire un pubblico e un'attenzione tramite internet. Ma da poco abbiamo fatto un accordo con tre delle cinque etichette maggiori per vendere parte del loro catalogo". Quale parte? "Questo lo decidono loro, in base agli accordi con gli artisti: si sta rinegoziando tutto, ci sono artisti di cui si vede un potenziale maggiore sulla rete, o altri che sono più recalcitranti a modificare le cessioni dei diritti". Così, per cifre intorno alle due-tremila lire, si può scaricare una canzone o più da questo o quel cd, reintroducendo nel mercato i singoli ­ i 45 giri! ­ a discrezione dei fans. "Le opportunità sono molte, ci sono gruppi che stanno usando Vitaminic per avere un feedback sui loro progetti". Ma l'impressione è che si stia costruendo il primo grande e lussuoso centro commerciale quando la gente faceva ancora shopping solo nei negozi in centro: i prezzi non sono competitivi, i formati musicali disomogenei ("per ogni etichetta va scaricato un plug-in o un software diverso, le case sono ancora troppo attente ai diritti e poco agli utenti") e gli acquisti di musica online assolutamente esigui. Peanuts, insomma: e intanto Vitaminic prospera su due nuovi settori, la "subscription" e il "mobile" (mobàil). La subscription è il test di un modello di business che la musica in rete discute da un po': invece che pagare per ogni download, si fa un abbonamento forfettario con cui si scarica tutto quello che si vuole. Sei mesi a 99mila lire o un anno a 159mila e scarichi tutto quello che vuoi da un catalogo di ventimila brani: "Tu dirai, c'è già ed è gratis, si chiama Napster, e hai ragione. Ma Napster non durerà e comunque già adesso stiamo vendendo migliaia di abbonamenti a società che li offrono come valore aggiunto ai loro prodotti: sistemi operativi, lettori mp3, eccetera". E poi c'è il mobàil, il telefonino: le "telcom", dice Dettori, hanno capito che dalla telefonia vocale non si gratta più niente, il mercato è saturo e la concorrenza abbasa le tariffe e i profitti. Il futuro è nei servizi aggiunti, come la musica, e mi mostra un telefonino Samsung che funziona da walkman: per ora può ospitare una ventina di brani ma presto potrebbe contenere un gigabyte di memoria, ovvero duecento canzoni in formato mp3. E Vitaminic sarà lì a fornirle a Samsung.
Dall'altra parte di Milano, in un palazzo più moderno di via Castelbarco, ci sono gli uffici di RockOnLine, o RockOL, che si occupa di musica in tutt'altro modo. Ovvero facendo informazione, terreno ancor più accidentato tra quelli del business in rete. Eppure è in attivo, come spiega Giampiero Di Carlo, 36 anni, socio di maggioranza e direttore responsabile (RockOL è testata giornalistica e si è messa al sicuro dalle regolamentazioni di questi giorni): in gran parte grazie a pubblicità e sponsorizzazioni, e poi facendo da "content provider" per tutti i grandi: AltaVista, Virgilio, Yahoo, MSN, CiaoWeb, Excite, Dada e ancora (tra poco amche per una rete tv). RockOL è in effetti un prodotto italiano di qualità eccellente, assolutamente competitivo con i siti di informazione musicale americani e inglesi. Hanno appena varato una richiesta di registrazione gratuita per gli utenti più continui, "anche perché ci eravamo accorti che i nostri contenuti venivano usati e abusati a man bassa ­ alle radio li leggono come loro, altri li mettono nei comunicati stampa ­ e allora ci siamo detti, va bene, ma almeno vogliamo sapere chi siete". "Abbiamo cominciato a fare e-commerce, ma il business è tutto da costruire". I concorrenti sono i siti di Radio Deejay, di MTV, Kataweb, eccetera: "noi siamo gli unici a non avere alle spalle una struttura extra internet". E non ci pensate, a coprirvi le spalle, a accordarvi con qualcuno? "Per avere cosa? Abbiamo il servizio e la redazione migliori in Italia".