Andrew Sullivan
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Una storia è una storia. Poi se si vuole
si può anche parlare di come vanno le cose di questi tempi
con internet, la diffusione delle notizie, il giornalismo, la
lotta politica, il rispetto degli avversari. Una storia è
questa.
Andrew Sullivan è un giornalista americano gay assai noto,
collabora con il New York Times, con Salon, con il Washington
Post, è stato direttore del settimanale New Republic.
È uno dei più anticonvenzionali portavoce dei temi
omosessuali: conservatore, cattolico, rigido nel giudicare gli
atteggiamenti privati dei personaggi pubblici, avversato e contestato
da anni dai giornalisti gay più progressisti anche per
le sue dichiarazioni giudicate morbide nei confronti del presidente
Bush e per i suoi attacchi a Clinton per l'affare Monica.
Andrew Sullivan frequenta sotto pseudonimo un sito porno
BarebackCity.com e uno di incontri erotici su AOL, il grande
portale americano. Andrew Sullivan vi immette annunci alla ricerca
di rapporti "barebacking" - lo spiccio nome con cui
i gay americani chiamano il sesso non protetto ai tempi dell'AIDS
con altri omosessuali sieropositivi. Nei suoi annunci Andrew
Sullivan si dice per esempio alla ricerca di "carichi di
latte che mi riempiano il culo e la bocca".
Andrew Sullivan non avrebbe voluto che questo si sapesse. Sarebbe
stato molto meglio, in effetti. Ma quasi un mese fa alcuni direttori
americani hanno ricevuto un'e-mail che diceva così: "Alla
luce della collaborazione di Andrew Sullivan al vostro giornale,
penso sia giusto mettervi al corrente delle seguenti informazioni".
L'autore dell'e-mail delatorio è David Ehrenstein, giornalista
californiano gay : "è inutile dire che io non sono
un osservatore disinteressato: in passato mister Sullivan ed
io abbiamo avuto delle questioni, come si dice". Come Ehrenstein,
anche Michelangelo Signorile ha dei conti polemici in sospeso
con Sullivan, e con un lungo articolo per il giornale omosessuale
LGNY attacca con argomenti anche convincenti la sua
ipocrisia, citando sgradevolmente gli irrituali dettagli dei
suoi annunci online. Ehrenstein fa lo stesso e di peggio in un
altro sito. Il tempo di accendere qualche decina di milioni di
computer e l'affare fa il giro della comunità omosessuale
americana e quello della comunità giornalistica, rimbalzando
e arricchendosi di commenti alla velocità di internet.
Ne scrivono il Village Voice, Salon, il New York Post, Inside
e il sito di gossip giornalistico di Jim Romenesko, Medianews,
straletto da mezzo giornalismo americano.
A questo punto Andrew Sullivan decide di intervenire sulle sue
pagine web personali con un articolo intitolato "Maccartismo
sessuale". E attribuisce spregevoli intenti politici alla
campagna montata contro di lui, citando un messaggio trovato
su internet e rivolto da qualcuno agli "istigatori"
della campagna: "Fate fuori Sullivan come potete. Distruggetelo
in ogni modo, rovinatelo economicamente, fate che si suicidi
o qualcos'altro, questo ipocrita deve essere eliminato".
Andrew Sullivan rivendica il diritto di non rispondere ad illazioni
sulla sua vita privata di tale fatta, ma "constata tristemente"
di non avere alternative: "Oggi, il giornalismo è
questo". Dopo aver argomentato efficacemente contro le accuse
ricevute, Andrew Sullivan conclude "Non dirò mai
più niente su questa vicenda, quindi risparmiatevi telefonate
ed e-mail. Penso di aver spiegato tutto quello che c'era da spiegare
sulle questioni pubbliche riguardanti sesso e privacy. Non vedo
perché dovrei parlarne ancora. Se siete giornalisti e
volete una battuta sui dettagli della mia vita sessuale, potete
usare liberamente questo mio virgolettato: "Non-sono-fatti-vostri".
C'è in ballo anche una sostanziosa polemica tra i gay
che ritengono il pericolo AIDS ridimensionato dalla scoperta
di medicinali che ritardano o scongiurano i suoi effetti e coloro
che li accusano di essere dei pericolosi incoscienti. Ehrenstein
accusa Sullivan di aver pubblicato un articolo irresponsabile
sul New York Times che dava per conclusa la crisi AIDS. Ma Inside
ha titolato il suo pezzo "Come rovinare la reputazione di
qualcuno in tre lezioni: l'outing della vita sessuale di Andrew
Sullivan al tempo di internet"; e su Salon il giornalista
Cliff Rothman, pur dichiarandosi suo avversario politico, ha
scritto "In difesa di Andrew Sullivan". Questa era
la storia, e dieci anni fa sarebbe stata impensabile per almeno
tre o quattro motivi. E ora potete tornare a leggere Dagospia
e che dio ce la mandi buona. |