Amud Rishon
Luca Sofri
Il Foglio
19 marzo 2003
(Amud Rishon significa Prima pagina, in ebraico)
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Eilat. È a Eilat che andranno almeno 50 mila israeliani se comincia lattacco americano allIraq. Lo raccontava Karby legget sul Wall Street Journal di ieri. Già ai tempi della guerra del Golfo, ne arrivarono quasi altrettanti, attratti dallunicità della città israeliana. Primo, è la città israeliana più lontana dallIraq, imbriccata in fondo allaculeo meridionale del paese, quello che si allunga fino al golfo di Aqaba. Secondo: è a pochissimi chilometri dal confine con lEgitto e da quello con la Giordania, e a un tiro di schioppo dallArabia Saudita. Non il posto più adatto su cui dirigere i missili, se Saddam decide di prendersela con Israele. Lo stesso Iraq riceve merci dal vicino porto di Aqaba, in Giordania. Terzo: ci sono grossi investimenti arabi, nelle città vicine, e in tutta questa intifada non si è visto a Eilat un solo atto di terrorismo. Quarto: ci sono alberghi e ricettività turistiche adeguate, anche se un esodo di queste dimensioni potrebbe amndare la città in crisi, come avvenne dodici anni fa, e le autorità si stanno preparando.
La radio israeliana, ieri mattina, ha annunciato che un primo gruppo di riservisti è stato richiamato dallesercito allindomani dellultimatum di Bush. E che il ministro della Difesa, Shaul Mofaz, ha chiesto agli israeliani di stare tranquilli e non preparare le maschere antigas, per il momento, ma solo una camera sigillata in ogni casa contro gli attacchi con i gas, anche se Mofaz ha detto di credere che non ce ne sarà bisogno e ha ripetuto che Israele non è coinvolta nella guerra. Ma in una chat con i lettori sul sito del quotidiano Maariv, Mofaz ha anche scritto che questa volta se Israele sarà attaccata, risponderà. Considerata oggi, la cautela del 1991 ha limitato il nostro potere deterrente. Yediot scrive di forti pressioni preliminari degli Stati Uniti perché Israele non rsiponda in nessun modo a un eventuale attacco. Lo stesso articolo cita i paesi che hanno chiesto ai loro cittadini e diplomatici di lasciare Israele, e con qualche apprezzamento segnala che la Germania ha invece detto al personale della sua ambasciata di restare. Alex Fishman, su Yediot, consiglia ai lettori di prepararsi affidandosi al proprio buon senso, che non è inferiore a quello dei generali e dei ministri. È molto improbabile che Saddam attacchi Israele subito, sostiene Fishman. Nel caso che decidesse di attaccare dopo una settimana di guerra, è molto difficile che lIraq abbia inattesi mezzi per colpire Israele, a questo punto. E la Difesa israeliana ormai è preparata e ha studiato le contromisure.
Le istruzioni dellIDF ai cittadini, spiega Haaretz, sono di prepararsi a sigillare le stanze e raccogliere rifornimenti e provviste per la zona protetta. Non aprite i kit di difesa senza esplicite istruzioni. Tra le cose di cui fornirsi ci sono: teli plastici e nastro isolante, cibo ermeticamente sigillato in contenitori di vetro o metallo, almeno un litrop dacqua a testa, una torcia elettrica, batterie di riserva, una radio, un ventilatore ed effetti pesronali raccolti in piccoli sacchetti, in caso sia necessaria levacuazione delle case. Channel Two, un canale televisivo, ha calcolato il costo di tali provviste in 637 Shekel.
Tutti i giornali non nascondono che latteggiamento degli israeliani nei confronti della guerra è diverso da quello degli altri occidentali, prevalentemente pacifisti. Anche nei confronti delle vittime, con quello che si vive in israele, la sensibilità è diversa, scrive Hemi Shalev su Maariv. E se leditoriale di Haaretz, il quotidiano della sinistra liberal, si avventura in un auspicio che Saddam disarmi senza luso della forza, non può non sottolineare che il sostegno iracheno alle peggiori organizzazioni terroristiche palestinesi e agli attentatori suicidi è ben noto.
La questione della risposta a uneventuale attacco irachena è trattata anche in un commento di Moshe Arens su Haaretz. Arens ricorda I 39 scuds che colpirono Israele nel 1991, la prima volta che il paese porse laltra guancia. Fu un colpo alla deterrenza, o un atto di grande saggezza politica? Arens non dà una risposta conclusive: allinizio fu giusto, poi si capì che un attacco allIraq da Occidente poteva essere portato. E oggi che le cose sono molto diverse, e soprattutto le capacità difensive irachene, dare un altro colpo alla deterrenza israeliana, al messaggio Non scherzate con Israele, sarebbe un errore. Le cose sono cambiate.
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