No, Kim no!

Luca Sofri

Vanity Fair, 8 aprile 2004

“Procurami una sega”. Ogni grande opera letteraria ha le sue battute immortali. Le ascolti, e capisci che non le scorderai mai più. L’anno scorso mi è successo due volte. La prima, quando Papplardo estrasse dal cappello una delle frasi più dolci che mai abbia sentito: “Certe cose sono belle”. L’altra, quando Jack Bauer, appena rientrato nel vivo dell’azione per l’interrogatorio di un sospettato, tira fuori la pistola, gli spara in testa, e allo sgomento collega dell’Unità Antiterrorismo si limita a ordinare “Procurami una sega”. Che in effetti, se hai solo 24 ore per sventare una minaccia nucleare non è che puoi star lì a dar tante spiegazioni su quello che hai in mente.
“24” (pronuncia tuentifòr), è formidabile. Se non avete visto le prime due serie, e neanche la prima puntata della terza – che è andata in onda su Fox martedì – non vi preoccupate: si può salire in corsa. Non passa un quarto d’ora senza che ne capitino di tutti i colori. L’idea è quella di raccontare in tempo reale 24 ore di avventure di Jack Bauer (Kiefer Sutherland) alle prese con minacce terroristiche internazionali: quindi 24 puntate di un’ora. E riescono a starci mille storie, vicende e personaggi. Ci si affeziona a tutti, anche ai cattivi, con una sola eccezione: la sciagurata Kim, figlia di Bauer, insopportabile ai fans di “24” di ogni angolo del pianeta, capace di cacciarsi in tutti i più stupidi guai umanamente concepibili. Una specie di Vilcoyote dell’era moderna, ma più cretina.