A pranzo col nemico
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Il nome di Mauro Meanti è in fondo a una
lettera sul Corriere della Sera. Due giorni prima il Corriere
ha pubblicato in prima pagina un articolo intitolato "L'inconscio
del computer", in cui Sandro Veronesi racconta di alcune
misteriose funzioni nascoste nei programmi che ha scoperto da
poco. Meanti, che è direttore generale di Microsoft Italia,
vuole precisare che malgrado l'affascinante racconto di Veronesi,
le funzioni di cui parla non sono niente di complottardo, compaiono
in tutti i software come una firma dei programmatori, non appesantiscono
la memoria e non creano nessun problema. Ed è un po' offeso
che si scriva che "non c'è niente di inaffidabile
come i prodotti Microsoft".
Quello che scrive Meanti è vero, come conferma chiunque
conosca quelle questioni: ma intanto a Veronesi non lo aveva
mai spiegato nessuno e lui si è comprensibilmente spaventato.
Dieci giorni prima Meanti aveva scritto anche a me, per via di
un mio pezzo pubblicato da Repubblica a proposito di un problema
con le applicazioni Microsoft, noto come "memory slag".
In sintesi, quando salviamo un documento di Word, occupiamo delle
unità di memoria che non vengono completamente cancellate
dal loro contenuto precedente: può quindi succedere che
i documenti, se aperti con programmi particolari che si chiamano
"hex editors", mostrino dati e testi che avevamo scritto
e inserito in tempi e documenti del tutto diversi. Col risultato
di far circolare cose che non vorremmo in files che ci sembrano
innocui. Un comunicato ufficiale Microsoft, di tre anni fa ma
praticamente sconosciutto, battezzava il problema "unwanted
data issue" e ne spiegava l'origine, con qualche sottovalutazione.
Meanti mi aveva scritto ammettendo che il problema esiste, ma
spiegando che ci sono alcuni accorgimenti per evitarlo, nonché
un "patch" creato appositamente (una pezza, letteralmente,
ovvero una parte di software che corregge gli errori in un programma
maggiore) che si può scaricare da internet. Nel giro di
qualche giorno ricevo anche un documento chiaro e articolato
su tutti i problemi di questo tipo individuati dai tecnici di
Microsoft e sulle soluzioni suggerite. Si tratta del primo testo
chiaro e obiettivo sul "memory slag" che leggo. "È
possibile che un documento creato con Microsoft Office contenga
al suo interno delle informazioni che non vengono visualizzate
direttamente da Microsoft Office, ma che possono essere mostrate
in chiaro da un editor esadecimale oppure da un editor di testo
ASCII. Questo genera il pericolo di trasmettere inconsapevolmente
delle informazioni reputabili potenzialmente riservate".
Seguono le soluzioni consigliate, finalmente complete. Prima
cosa, scaricare il patch e installarlo: sta sul sito Microsoft,
a un indirizzo tutt'ora poco segnalato. Ma non basta: seconda
cosa, disabilitare la funzione "salvataggio veloce"
dalle preferenze di Word e quella "Salva automaticamente"
perché utilizza a sua volta il salvataggio veloce. Terza
cosa: se non si vuole che versioni precedentemente salvate del
file restino memorizzate, disabilitare la funzione "tieni
traccia delle revisioni" nel comando Revisioni. Un rischio
ulteriore può venire dai file temporanei che Word crea
durante la lavorazione di un file. Se il computer si inchioda
mentre il file è aperto questi temporanei non vengono
cancellati, il loro contenuto può essere ripreso all'interno
di un documento creato successivamente. In questo caso, più
raro, e indipendente dal software Microsoft, la soluzione è
più macchinosa: bisogna andarsi a cercare i file temporanei
rimasti in giro e cancellarli o usare uno dei software che fanno
questo lavoro di pulizia generale, come Autopurge.
Infine, sostanzialmente ineliminabile è la conservazione
da parte del documento di alcuni attributi generali che lo riguardano:
per esempio il percorso delle cartelle da cui proviene. Niente
di particolarmente segreto, ma se si manda a qualcuno un documento
che era contenuto nella cartella "per lo stronzo",
questa informazione sarà contenuta nella memoria del documento.
Il documento di spiegazioni si conclude con un avvertimento che
suona sospetto: "Pur non potendo escludere che questi sono
(sic!) tutti i casi possibili, escludiamo nel modo più
assoluto che siano (phew!) state introdotte volontariamente in
Office funzionalità allo scopo di salvare occultamente
dati di utenti". Strana precisazione, che risponde a una
questione che non era stata sollevata. Anche se in effetti, intanto,
mi arrivano molti messaggi da persone che hanno letto la storia.
Alcune ne sono preoccupate e chiedono consigli o soluzioni, altre
ne suggeriscono (salvare i documenti in formato rtf è
quella più condivisa). Ma c'è una parte cospicua
di messaggi che critica molto aggressivamente il fatto che ci
si occupi solo ora e così superficialmente (avevo scritto
che "il grande fratello siamo noi e i nostri buchi nelle
tasche, il nostro subconscio") di un problema noto da tempo
o aggiunge elementi ed esperienze che indicano in Microsoft responsabilità
deliberate o maldestre in decine di guai di privacy legate ai
suoi software. Mi decido a incontrare Meanti, il nemico (io sono
un fan di Apple dalla maggiore età in poi e certe cose
non si superano).
La cosa che voglio dirgli è: va bene, ho fatto tutte le
cose che suggerite e i problemi sembrano risolti (mi aspetto
messaggi che mi dicano che no, anzi, ce ne sono altri mille:
li leggerò di buon grado), ma intanto ho dovuto scrivere
un articolo perché qualcuno mi aiutasse e fuori c'è
un mondo a cui queste informazioni non vengono date. La funzione
"salvataggio veloce", per esempio, è abilitata
automaticamente (di default, come si dice), e da nessuna parte
si spiega che può implicare l'incompleta cancellazione
dei dati che si credono eliminati. Microsoft conosce il problema,
costruisce persino un patch, e poi lo infila quasi introvabile
in una delle pagine del suo sito, corredandolo di un'indicazione
perlomeno irritante: "in rari casi questo può comportare
la trasmissione involontaria di dati non importanti" (questa
valutazione è stata saggiamente rimossa nei giorni scorsi).
Ci vediamo a pranzo e il direttore generale di Microsoft Italia
mi spiazza. Intanto perché ha un paio di clarks lise che
tradiscono le attese: il nemico non dovrebbe essere fatto così,
accidenti ("Lo fanno apposta per fregarti", dice il
mio amico Mirco: "aveva le scarpe di Ferragamo con la fibbietta
in macchina") . E poi perché, come aveva già
fatto per iscritto, ammette l'errore, "Il suo pezzo ci ha
fatto capire che avremmo dovuto comunicare meglio la questione".
E perché non lo avevate capito prima? "Perché
siamo scemi", dice il direttore generale Microsoft. "Dopo
che l'articolo è uscito abbiamo avuto richieste da molti
clienti: l'ordine degli ingegneri ci ha torchiato per un giorno
perché avevano verificato lo stesso problema. Alla fine
abbiamo capito che non avevano disabilitato le revisioni".
Io stesso, avevo ancora lo stesso guaio dopo aver installato
il patch. Solo eliminando la funzione di salvataggio veloce,
l'ho risolto. "Per una società che per quindici anni
ha lavorato con in testa un'assoluta apertura dei suoi software,
la libertà di adattarli e svilupparli, di renderli compatibili,
cambiare in senso più guardingo e controllato non è
facile. Per esempio, la prossima versione di Outlook sarà
più rigida nell'aprire gli attachment. Io non sono sicuro
che sia giusto, ma la strada oggi è questa. Ed è
vero che spesso noi facciamo cose che ci coprono dal punto di
vista delle responsabilità, ma non aiutano i clienti",
continua. Quindi ci sono delle ragioni per cui Microsoft è
così criticata, penso. Perché non mi sono mai imbattuto
in un fan, come accade per Apple, o per Linux? "Quello dipende
dalla posizione dominante, credo. Ha mai sentito qualcuno parlar
bene delle Fiat? Ha mai visto una manifestazione in favore della
DC, al potere per quarant'anni? E la sinistra italiana, da che
è andata al governo, è più stata capace
di organizzare un sostegno pubblico forte? L'unico che ricordo
è il corteo del 25 aprile a Milano, quando però
c'era Berlusconi". Però a giudicare da questi ultimi
giorni, il vostro lavoro di pubbliche relazioni è piuttosto
intenso. "Microsoft ha un'immagine arrogante cucita addosso,
non potrei negarlo. Ogni volta che ci sembra di aver fatto un
passo avanti contro questa tendenza, basta un niente per farne
tre indietro. E forse non c'è niente da fare, appunto.
Nel caso del Corriere, però, mi è dispiaciuto che
i prodotti in cui credo venissero definiti 'la cosa più
inaffidabile del mondo'". Chiedo maliziosamente ragione
dell'avvertimento finale del documento sul "memory slag".
Meanti guarda davanti a sé, come se pensasse alle cose
indipendentemente dalle mie domande, e si tocca uno zigomo: "me
lo sono detto anch'io, che suonava come un'excusatio non petita,
ma è vero che questa tesi circola assai, che Microsoft
raccoglierebbe illecitamente tramite il sistema operativo molte
informazioni su chi lo usa, attraverso il collegamento alla rete.
Sono storie inventate, ma prosperano". In effetti, uno degli
e-mail che avevo ricevuto da un lettore del mio articolo, simile
nelle conclusioni a diversi altri, spiegava che "i programmi
Microsoft tracciano un profilo di quello che si compie sul computer,
inviano informazioni private ad aziende specializzate in analisi
di mercato, so che passo per paranoico, ma le posso assicurare
che è così". Meanti pare rassegnato, non so
se alle critiche o al suo ruolo: "Nelle prossime versioni
di Office sarà presente una chiave elettronica, per cui
dopo un certo tempo l'utente dovrà inviare un codice per
convalidare che la copia non sia pirata. Io so benissimo che
ci sarà chi ci accuserà di captare chissà
quali informazioni con questo sistema, ma le garantisco che,
salvo quelli facoltativi esplicitamente indicati, l'unico dato
trasmesso è il codice del software". Approfitto per
prendermela con qualcuno sulla lotta alla pirateria: la campagna
della BSA (l'organizzazione che persegue la pirateria del software)
a base di manette e minacce che nemmeno Di Pietro ai tempi d'oro,
ha fatto più danno a quella causa che qualsiasi altra
cosa, secondo me. "Può darsi che quei toni fossero
troppo forti, ma le buone non funzionano molto. E comunque, sulle
leggi recenti e sul fatto che si possa essere arrestati se si
ha una copia pirata di un software, si sono scritte un sacco
di esagerazioni". Vuol dire che (sto facendo un esempio,
per carità) se io ho una copia di Word copiata nel mio
computer di casa non mi succede niente? "Niente di niente.
Guardi, a chi ci accusava di strangolare i possibili clienti
che copiavano il software perché costa troppo abbiamo
presentato delle offerte per gli studenti che mi sembrano praticabili:
Office costa 149 mila lire. Il nostro problema piuttosto è
il business, perseguire chi guadagna con i nostri prodotti senza
pagarli una lira".
Non so se mi ha convinto, di sicuro in un'ora il direttore generale
è stato meno evasivo e reticente di quanto la sua società
sia stata in quindici anni. E quando ci alziamo è lesto
a pagare il conto, cosa che mi mette qualche ansia: mi sono venduto
a Microsoft? "Non si preoccupi, lo fanno anche i suoi colleghi".
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