L'ultima piaggia
Filippo Facci
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Questo articolo è stato
impaginato benissimo. Le fotografie sono eccelse. Le didascalie
sono curatissime. E la titolazione denota gusto e ricerca. Il
caporedattore che ha un nuovo taglio di capelli, e gli
dona divinamente non ha neppure eccepito per la consegna
tardiva: è stato carino come sempre. In altre parole,
l'autore di questo articolo la definizione, tecnica, è
di Richard Stengel è un baciaculo.
Nel suo Breve storia della piaggeria (Fazi editore, 35mila,
bellissimo, leggetelo) Stengel cita anche termini come lisciastivali
e grattaschiena financo l'orribile naso marrone, ma il
termine prediletto rimane adulatore. Non si tratta della
consueta guida semiseria da regalare al frustratissimo vicino
di scrivania e non è il solito prontuario di etologia
che dimostri che l'uomo è la peggiore delle bestie (perchè
dice le bugie) e tantomeno è la solita snobistica dissertazione
sulla stupidità umana tipo Musil o Cipolla: non è
insomma quel genere di libro al termine del quale possa carezzarci
la puerile speranza d'essere migliori: alla fine del libro ti
senti semmai peggiore. E noi geni ne abbiamo tutti un gran bisogno.
Il principio può sembrare banale: si spiega che l'adulazione
è il lubrificante della macchina sociale e che l'origine
del fenomeno è rintracciabile sin dallo spulciamento tra
scimpanzé: è un comportamento che fa parte del
nostro patrimonio genetico e che ci ha aiutato a sopravvivere.
Fine. Stengel ci conduce attraverso le forme di adulazione della
storia umana e conclude che la piaggeria è una metastasi,
mentre la lode (sincera) è una merce rara. E uno dice:
vabbè. Poi prosegui nella lettura e dici: ma questi hanno
sbagliato titolo. Questa è Storia del giornalismo italiano
direbbero i giornalisti oppure è Storia
degli uffici del Catasto direbbe un impiegato del Catasto
e così via, perchè è storia nostra,
di tutti: e se non temessimo di essere lapidati dal lettore
ma il lettore è intelligente, anzi è più
intelligente di quanto spesso i giornalisti e i politici non
pensino, giusto? - si potrebbe addirittura concludere che
un'analisi del genere, uno sguardo così impietoso e disincantato
su un'intera epoca (ma non se ne può più, di sguardi
impietosi e disincantati su intere epoche) non lo si leggeva
da anni.
Ci siamo dentro tutti. E tutti
avranno vissuto la tipica scena in cui il direttore il
capoufficio, quel che si vuole snocciola un'idea che il
leccapiedi di turno, davanti a tutti, condisce così: "Mi
sembra proprio una trovata brillante, direi geniale". E
tu allora cerchi nel tuo direttore un qualche sorriso di affettazione
o perlomeno del sarcasmo l'avevi sempre ritenuto un buon
rabdomante di sciocchezze e invece no, sbagliato, il direttore
ha stampato un bel sorrisetto di compiacimento, e morale: ogni
volta riscopri che ricevere complimenti piace davvero a tutti.
Si sbaglia ogni volta. Si parte dal principio che più
tizio sia intelligente (e più abbia salito la scala del
successo) e meno sia vulnerabile alle lusinghe. Errore. Egli
semmai prenderà a interpretare gli elogi come dimostrazione
di intelligenza da parte dell'interlocutore, del tipo: è
intelligente perchè ha capito quanto lo sono io. E siccome
siamo tutti disposti a sospettarci migliori di quello che siamo,
succede che da qualche tempo a questa parte siamo diventati tutti
bravissimi (e tu sei anche più bravo di me, e sai, volevo
dirtelo prima, ma durante la riunione non potevo).
Niente di male, da una parte;
seguiteremo ad accomiatarci con educazione (cordiali saluti)
e diremo che la paella era deliziosa (sembrava colla) e che la
sposa era bella e che il neonato era carino (un mostro) e che
il morto era buono: vista così, l'adulazione è
solo un lubrificante della civiltà, perchè è
vero, la stabilità civile è dovuta anche a una
serie di inganni micro-sociali. Ma la piaggeria è anche
altro. La piaggeria è anche un coltello a due lame che
sembra dire una cosa e invece ne dice un'altra, è il linguaggio
che promuove l'interesse personale cercando al tempo stesso di
occultarlo: ecco, questo genere di piaggeria il suo evoluto
dilagare pare che non la fermi più nessuno. Imperversa.
Si fa largo nei mondi della politica e del giornalismo e dello
spettacolo laddove paiono dimensioni ormai indistinguibili, dicasi
star-system: "Sei bravissimo". "Sei più
bravo tu". Tutti "fantastici" e "visionari"
e "dotati" e - in particolare - "un genio":
è il dilagare della piaggeria ad aver distorto il significato
delle parole più di qualsiasi altra cosa. Oggi per essere
un genio basta scriversi addosso e parlare in pubblico delle
proprie masturbazioni, e non sempre è una metafora. La
vecchia adulazione è moneta fuori corso: prima era un
disvalore, ora i genitori la insegnano ai figli perchè
facciano strada nella vita; la si apprende ai corsi di marketing
("buonasera sono Tania, come posso esserle utile?")
mentre i camerieri ci elogiano per la nostra "ottima scelta"
e la giacca più sformata ci fascia ogni volta "divinamente".
Bene: capita che le capitali mondiali della piaggeria è
la parte più impressionante del libro ormai sono
tutte e rigorosamente negli Stati Uniti. Sorpresa? Neanche tanto.
Declassata la cosiddetta trasparenza americana, l'adulazione
del nuovo millennio abita a Washington e Hollywood e New York
e si globalizza. L'adorazione per le celebrità, la fama
come unico comune denominatore della società e la personalizzazione
di ogni cosa (gli Usa non hanno invaso l'Afghanistan: hanno bombardato
Osama) hanno lasciato in cassaforte pochi valori cardine (il
bene, il male, la bandiera, roba che in Europa facciamo i distinguo)
e si sono ormai appropriate di quel neo-relativismo per cui nulla
è più giusto o sbagliato, e diritto o storto, e
alto o basso. E' negli Stati Uniti che tutto è
divenuto definitivamente contestuale e obliquo e strategico,
e che il concetto di verità (un parolone, d'accordo)
si è fatto relativo come tipicamente accade nei lunghi
periodi di pace. Un lungo periodo prima dell'11 settembre
- ammantatosi via via della cifra definitiva, della parola chiave
della nuova piaggeria globalizzata, attenzione: l'ironia. La
famosa ironia.
E qui siamo a New York, o, se preferite, in qualche pallida emulazione
dell'italico star-system: ma è in questi teatrini dell'ironia
che tutto è possibile, che tutto può essere detto
senza vergogna come se fosse pronunciato tra virgolette, con
tono scaltro e appunto ironico: "Sei il migliore",
"Sei il più grande". Sicchè tutto diventa
ironia (sicchè nulla lo è) e siamo tutti bravissimi
(e nessuno lo è) e pazienza se l'ironia degenerasse in
cinismo, e il cinismo alla lunga degenerasse in una sorta (altra
parolona) di letargia morale in cui appunto imperi la più
sfrontata adulazione. Di tutti. Per tutti. "Se la verità
è relativa, l'adulazione è soltanto un'altra maniera
per manipolarla - spiega Stengel, che a scanso di equivoci, precisiamo,
è un redattore di Time, è un genio, è
un visionario e ha pure uno splendido taglio di capelli. Certo,
uno può dire: ma dov'è il problema? Non c'è,
se l'adulazione è un regalo offerto liberamente e non
una regalia che sottenda un tornaconto: e poco importa se la
lusinga sia vera o falsa, basta capire se chi la fa sia sincero,
giusto? No. Sbagliato anche questo. Siamo al problema. Nel grande
circo della piaggeria, se non a parole, la sincerità non
è più un valore. Il sincero viene giudicato un
ingenuo avventato, un cattivo stratega, un perdente, un incapace
di essere altro. La sincerità col cuore in mano è
un vestito che cade meno bene di una volta, e come stile di vita
è ritenuta improbabile. Se invece fai parte del circo
e partecipi al gioco, ecco, bravo, hai capito tutto, sai stare
al mondo e siamo tutti bravissimi, siamo delle adorabili canaglie:
e non c'è problema se menti in pubblico, se te la cavi
con tortuosi ed ellittici ragionamenti, se dici palesi cazzate:
non sei più un bugiardo, sei abile, fai la tua parte,
forse sei addirittura un genio.
Peccato che in mezzo a tutto
questo non ci sia più nessuno scusate se moraleggiamo
- disposto a farsi schifo, a fare autocritica, mai: perchè
laddove non c'è più una bussola - nessuna morale,
e ci risiamo, ma non sappiamo come chiamarla e insomma,
laddove l'autostima non conta più nulla, va davvero a
finire che l'opinione che abbiamo di noi stessi coincida con
quella che gli altri hanno di noi, va a finire che il senso di
quello che siamo lo si attinga unicamente dal giudizio del prossimo:
dunque che, nell'adulazione generale, cresca l'incapacità
di essere appunto autocritici e si divenga insofferenti a ogni
osservazione non strategica, non politica, non bipolare; va a
finire - è già così - che ogni attacco appaia
personale quando non fisiologico al teatrino: tizio mi attacca,
perchè? E' pazzo? Che avrà in mente? Si rischia,
in sostanza, e infine, una scarsa consapevolezza di sè.
Ed è un guaio. Grosso. Perchè poi ti capita che
un amico vero, che ti critica indistintamente solo perchè
ti vuole bene, ti pare un cretino: e l'amicizia sparisce, si
fa ultralight. Si preferisce commisurare il proprio valore in
rapporto alle relazioni che s'intrattengono con le persone celebri,
e spiace dirlo, ma anche in questo campo le macchiette del caso
(in Italia) sono i giornalisti. Sono loro che in mancanza d'altro
si citano sempre più fisiologicamente l'uno con l'altro,
e si raccontano di esistere. Ma fa niente. Tutto va bene, perchè
è pur vero: entro certi limiti, la piaggeria rende più
felice sia adulato che adulatore, e ciascuno di noi non ci offenderà
certo per un'adulazione che ritenga improbabile: male che vada,
essa dimostrerà che siamo abbastanza importanti da meritarne
una.
Ora però hanno detto che niente sarà più
come prima, e pare negli Stati Uniti un qualche riequilibrio
(di valori: ah, i valori) se lo siano dando davvero. C'è
meno voglia di ironie & piaggerie, dalle parti di Ground
Zero. E da noi? Mah. Non si tratta di fare i difattisti. E' che
siamo tutti bravissimi, sempre di più. E ironici. Tra
un distinguo e l'altro, si seguita ad ammazzarsi di complimenti
da giornale a giornale: ma forse anche il rilevarlo come
noi, ora non è che un modo di partecipare, è
piaggeria. La piaggeria di non averne. Io te le canto chiare,
fidati di me. Perciò tanto vale dirlo, che il caporedattore
ha una pettinatura da schifo.
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