Il Papa è bravo
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Hanno preso due milioni di persone che non si conoscevano,
le hanno radunate in un solo posto e le hanno costrette a condividere
ogni momento della loro giornata, anche i più intimi,
osservandone i comportamenti con centinaia di telecamere e microfoni
che li riprendevano ventiquattr'ore su ventiquattro, e rendendo
il mondo intero spettatore di questa comunità: l'evento
ha riempito media e giornali e la gente non ha parlato d'altro.
Per sei giorni. Il settimo, come si sa, eccetera. Un lunedì.
È un buon insegnamento, alla vigilia del programma televisivo
più pubblicizzato dell'anno, questo Grandissimo Fratello
conclusosi domenica a Tor Vergata. L'insegnamento dice "non
credere mai di avere capito". Lo scollamento tra le cronache
da Tor Vergata e dalle strade romane e i commenti di chi non
c'era ma si fa forte di longeve esperienze e culture, è
stato fortissimo. Tutti hanno avuto una gran voglia di capire,
anche oltre le umane possibilità di capire, e lo hanno
manifestato camminando molto o riflettendo molto: la differenza
tra quelli che si sono aggirati, vistosi estranei, per il prato
di Tor Vergata e chi non è riuscito a fuggire dal palco
delle autorità, è un'altra versione delle stesse
possibilità.
Cosa insegnano ai laici queste giornate?, ha chiesto Fabrizio
Del Noce al termine del suo primo intervento al tg1, una settimana
fa. Cosa insegnano ai laici queste giornate?, ha chiesto ancora
Fabrizio Del Noce nel servizio conclusivo da Tor Vergata. E chi
lo sa? È la prima risposta. Ma uno ci prova, preso nella
trappola. Intanto, insegnano che c'è un'ambiguità
scivolosissima nel significato del sostantivo laico, che definisce
sia i due milioni di giovani laici di Tor Vergata, sia i non
credenti, a seconda di come lo giri: e questo ha creato numerosi
inciampi editoriali in questi giorni, elegantemente superati
solo dalla signora Ciampi ("chiaro, che significa laici?
Il confine è così labile") e da Rutelli ("preferisco
usare l'espressione laico solo come aggettivo").
Poi insegnano a porre la domanda in un altro modo: cosa insegnano
a noi adulti, anziani, queste giornate? E così se la sono
posta in pochissimi. I "laici" non più giovani
che hanno cercato legittimamente di capire tutto questo hanno
fatto un fascio delle differenze di fede e di quelle di età.
E hanno rivelato molto di se stessi e della loro difficoltà
di farsi un'idea sui ragazzi. Normale, chi li capisce i ragazzi?
Ma le analisi ne risentono.
Questa distanza dilaga. Affligge pure i commentatori di parte
ecclesiastica. Che in questo campeggio estivo da primato, riproduzione
king size del film The Beach con prodigi di ingegneria
di sopravvivenza meravigliosi e partite di pallone nei pantani
tra ragazzi seminudi, riescono a vedere solo la grande attrazione
della fede e la vittoria politica della Chiesa (che pure c'è
stata, eccome, e questo paese "laico" ha fatto un bel
salto indietro nella sua laicità, nel giro di una settimana).
L'unico che si può vantare di avere capito con chi ha
a che fare è il papa: lui e i ragazzi mostrano di avere
un rapporto che si beve tutti i nostri tentativi di comprensione,
un po' ridicoli come quelli di certi genitori che si vedono scavalcati
dai nonni nella confidenza coi bambini. O parli coi ragazzi,
o ti rassegni. Oppure, fai quello che comunque la sa lunga.
Questa distanza si ribalta. I media avranno anche difficoltà
a capire esattamente con chi hanno a che fare, ma scovare dei
giornali tra le mani dei ragazzi, sui loro sacchi a pelo, sbucare
dai loro zainetti, era difficilissimo, in questi giorni.
Questa distanza ristagna. Quando l'altra sera il papa ha invitato
tutti a regalare il proprio Vangelo al vicino, nella compatta
e spettacolosa compagine dei vescovi radunata al centro della
platea, nessuno ha allungato un braccio a farne dono a uno dei
ragazzi vicini. Se li sono scambiati tra di loro.
Poi, al momento dell'arrivo del papa gli stessi vescovi hanno
chiesto gentilmente ai volontari se si potevano far spostare
i ragazzi accalcati nell'attesa di fronte alle loro poltrone:
"I vescovi stanno seduti comodi", hanno risposto due
ragazzine di quindici anni bellissime, e la cosa è finita
lì. Intanto un giovane americano con una maglietta con
su stampato "Hi, God" cercava di guadagnare un metro
di visuale offrendo cento dollari a un volontario (molto del
servizio d'ordine era affidato a individui che non superavano
il metro e sessanta ed era uno spettacolo vedere vicequestori
in borghese spiegare a ragazzine sui diciassette come dovevano
tenere un cordone).
Fuori dal piazzalone asfaltato riservato a quattordicimila
selezionati, là dove c'era l'erba, ora c'era un accampamento
coloratissimo di corpi distesi, teepee, bandiere, striscioni,
architetture di fortuna, pantani intorno alle fontanelle e gente
che andava su e giù. Raggiungevi un crinale e dall'altra
parte il panorama era lo stesso, e così via, fino ai più
fortunati, in tutti i sensi, attendati in un piccolo Orto degli
ulivi. Con la veglia si sono accese migliaia di candele, alcuni
si sono inginocchiati, certi si sono addormentati. Il divertimento
maggiore era evidentemente interrompere le parole del papa con
slogan e cori (faceva impressione sentire i cileni che scandivano
"Juan Pablo-Segundo-te quiere todo el mundo", e anche
gli americani cantare "Oé John Paul Two oé"
sulle note di una canzone dei Village People, tra i primi gay
priders della storia della musica). E la mattina dopo, una messa
di sbadigli e occhi stropicciati memorabile, sul campus di Tor
Vergata che "resterà in uso alla città"
(il comune di Roma ci ha speso 91.541.738.000 lire).
Ed è vero che tutto ha funzionato alla perfezione, con
poche inevitabili eccezioni. C'erano acqua e viveri per tutti,
si circolava per tutta l'area con facilità e lo show è
stato ineccepibile, dall'arrivo dell'elicottero al musical di
contorno, ai fuochi d'artificio. Se è permesso parlare
di show senza che nessuno si offenda, come è avvenuto
nei giorni scorsi. Uno show è uno show, una preghiera
è una preghiera, è vero. Ma uno show e una preghiera
sono uno show e una preghiera.
E siamo daccapo. Cosa insegnano ai laici queste giornate? Intanto
che il sentimento di esclusione, di spaesamento e confusione
induce i "laici" a cercare insegnamenti a tutti i costi.
E poi che il papa è molto bravo, che i ragazzi sono uno
spettacolo fantastico invisibile solo alle comprensibili invidie,
che dire cose buone funziona (quelle cattive, qui non le ha nominate
nessuno, infatti) e che la fede è difficile da capire
per chi non ce l'ha. Tutte cose che si sapevano, già.
Le altre, ognuno ha le sue.
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