L'uomo che tradì
Rock Hudson
|
Con
quel nome da generale sudista, Armistead Maupin è probabilmente
lo scrittore più amato dalla comunità gay americana.
La serie televisiva Tales of the city tratta dai
suoi racconti ha rappresentato più di ogni altra
opera l'evoluzione degli omosessuali californiani, dal tempo
dei Village People a quello dell'AIDS. Maupin cominciò
a scrivere i racconti a metà degli anni Settanta. Altri
tempi. Oggi il suo ultimo romanzo Una voce nella notte,
appena uscito in Italia per Rizzoli riceve critiche eccellenti
e viene tradotto in molti paesi del mondo. Ma quelli erano altri
tempi. La parola "outing" doveva ancora essere infilata
nei vocabolari. L'AIDS era di là da venire ed ebbe un
volto solo nel 1985, quando morì Rock Hudson. Rendere
pubblica la propria omosessualità era una scelta ancora
molto rara, personale e rischiosa.
Armistead Maupin aveva conosciuto Rock Hudson allora, a 32 anni,
quando stava cominciando a farsi una fama come scrittore grazie
a Tales of the city: gli episodi raccontavano le storie
di un gruppo di amici omosessuali e no nella San Francisco degli
anni Settanta. Cresciuto in una famiglia conservatrice del North
Carolina, Maupin si era laureato, era stato in Vietnam, ed era
finito in California lavorando per l'Associated Press. San Francisco
era il posto giusto per vivere da omosessuale con sincerità
e libertà, e la decisione di non nasconderlo fu piuttosto
precoce. Tales of the city, dapprima pubblicato a puntate
sul San Francisco Chronicle, venne poi raccolto in volumi
e divenne un successo internazionale, e ignorato in Italia. Ma
una sera del 1976, ancora alla vigilia della pubblicazione del
primo episodio, Maupin aveva avuto l'emozione di sentirlo declamare
da Rock Hudson, attore mitizzato dalla comunità omosessuale
benché la sua scelta non fosse mai stata resa pubblica.
Rock Hudson non era quel tipo, non era il tipo della comunità
omosessuale. Ruoli virili, copertine dei periodici, un matrimonio
paravento e una carriera ormai virata verso la tv. Maupin lo
conobbe attraverso un ex fidanzato, una sera a teatro. I due
si videro di nuovo a casa di Hudson, che una sera gli fece la
sorpresa di leggere ai presenti il racconto che sarebbe uscito
la mattina dopo. Tra di loro nacque una storia, come può
essere una storia di uno scrittore pubblicamente gay con un divo
di Hollywood che non è mai stato lontanamente sfiorato
dal pensiero di tradire il suo essere omosessuale. "Era
un po' imbarazzante lasciare casa sua in fretta e furia perché
stava arrivando Liz Taylor per il bridge", racconta Maupin.
Il quale, da parte sua, stava consolidando sempre di più
la sua coscienza e dignità di gay, forte anche del successo
dei suoi racconti.
Così, come le cose succedono, dopo un po' gli incontri
si diradarono. Ma un giorno, il mondo seppe che Rock Hudson era
malato: una delle prime star dello show-business che annunciava
di avere l'AIDS. La rivelazione della sua omosessualità
venne tenuta da parte con imbarazzo e ammiccamenti dai media
e dal suo ambiente. I suoi amici non volevano che la notizia
"offendesse" la sua persona. E molti gay temevano che
questo potesse legare la malattia alla condizione omosessuale.
Ma non Maupin, che andava convincendosi che l'unico modo per
trattare l'omosessualità senza condiscendenza o viltà
fosse essere schietti e sinceri. Una sera venne chiamato da un
giornalista per raccontare le sue sensazioni sulla triste condizione
di Hudson. E decise di dire che tragedia fosse che "la vita
di quest'uomo meraviglioso si riveli attraverso una malattia
mortale". Nei giorni che seguirono la verità fu sdoganata,
la responsabilità della rivelazione fu scaricata su Maupin
e la sua frase citata e ripetuta. All'improvviso per il mondo
discreto o ipocrita, Rock Hudson era diventato gay. Per il rapporto
dei media con le cose omosessuali fu un momento storico. Le cose
cambiarono. People pubblicò il primo servizio equilibrato
sui gay, e poi gli altri giornali. Molti non perdonarono Maupin
e lo accusarono di aver strumentalizzato una sofferenza per motivi
militanti. Ma fu lo stesso Rock Hudson, prima di morire nel 1985,
a suggerire alla sua biografa di interpellare Maupin per primo.
Sedici anni dopo, Armistead Maupin ha 57 anni, le sue Tales
of the city sono diventate un serial televisivo e lui uno
dei più apprezzati e letti "scrittori gay".
Ha scritto altre cose, e qui da noi esce adesso Una voce nella
notte in una confezione un po' leziosa e ingannevole
che è un libro molto appassionante e molto autobiografico.
Racconta una storia doppia. Quella di uno scrittore cinquantenne
omosessuale di San Francisco che fa i conti autoironicamente
con la sua età, con il compagno sieropositivo che lo sta
lasciando e con la prima presa di coscienza che all'AIDS si può
sopravvivere, con suo padre, la sua carriera e la vita da gay
single. Con grande sincerità e nessun pudore, rendendo
finalmente commoventi e accessibili vicende e condizioni non
consuete ai lettori eterosessuali. Ma l'intreccio, che tiene
sospesi e avvinti come pochi racconti in circolazione, è
la storia del bambino sieropositivo fuggito a un'infanzia di
abusi che ha scritto la sua storia in un libro meraviglioso e
l'ha mandato allo scrittore di San Francisco. I due inventano
un rapporto telefonico tra padre e figlio, straordinario per
ciascuno dei due, che si evolve in una ricerca e in un mistero
hitchcockiano fino a un innevato villaggio del Wisconsin. Colpi
di scena, dialoghi fulminanti, e tutto quanto. È un bel
libro, di grande tenerezza e grande suspence: il suo autore è
quel tipo che raccontò al mondo di Rock Hudson, che era
gay. |