Re: No Subject
da GQ

Christian Rocca
e
Luca Sofri

 

Re: No Subject
2001-2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ottobre 2006

Caro Christian, la crisi del cinema di cui si parla da sempre potrebbe essere a un momento di svolta. Ieri sono andato a vedere il film di De Palma e ho scoperto che è stata reintrodotta la bomboniera Algida. Finalmente una buona notizia: l'avevano sventatamente fatta fuori per un paio d'anni rimpiazzandola con una cosa imparagonabile con le noccioline e il ripieno. Le strategie commerciali mi sono sempre misteriose: per esempio, chi potrebbe desiderare un ingombrante, orrenda e inutile borraccia della Coca Cola? Eppure quest'estate all'autogrill sembrava che regalassero diamanti, da quanto ne andavano fieri. Quasi quasi torno al cinema già stasera: è che qua sotto danno i Pirati dei caraibi.

Caro Luca, vedrei i Pirati dei caraibi solo per Keira, che non è un ascaretto Algida ma la ragazza più bella del mondo. Faccio di fretta perché sta per cominciare Superman che nel mio cinema newyorkese preferito, quello con il gigantesco schermo Imax, viene trasmesso in tre dimensioni. Il biglietto costa più del normale, 15 dollari, ma secondo la battuta volgarotta che circola tra i movie-goers questo schermo gigantesco riesce perfino a inquadrare nella sua interezza il didietro di Jennifer Lopez. Ora io questo pregiudizio anti J-Lo non lo capisco e non lo condivido. Avrei da obiettare sui suoi fidanzati e sui film che sceglie (tra cui il più brutto del secolo, Shall we dance?), ma secondo me la ragazza non è affatto volgare come la dipingono. Anzi recita pure bene.

Caro Christian, anche a me J-Lo piace. Se non stiamo più insieme è solo perché il rapporto a distanza è faticoso e alla lunga si logora. Se la vedi, dille che non le serbo rancore. Non avevo capito fossi già a New York: sai che sta uscendo un disco nuovo degli Sparklehorse (l'ultima volta abbiamo visto il concerto assieme, lì da qualche parte - assieme io e te, non io e J-Lo - in mezzo a tutte quelle cose di jazz a cui mi portavi)? Ma soprattutto, sei stato al nuovo Apple Store sulla Quinta Strada? E il Plaza, è già chiuso?

Caro Luca, l'Apple Store è proprio di fronte al Plaza. Non potendomi permettere uno dei nuovi appartamenti che stanno costruendo né, per la verità, una notte in una delle 150 camere di albergo che rimarranno disponibili ai turisti, mi sono comprato altri due inutili accessori per l'iPod spendendo quasi quanto una notte al Plaza. Comunque, sarà perché è appena trascorso l'anniversario dell'11 settembre, sarà perché mi trovo in loco, sarà perché Jay McInerney aveva già scritto “Le mille luci di New York”, insomma sarà-quel-che-sarà (come cantava Tiziana Rivale) ma il nuovo romanzo d'amore ambientato a Ground Zero nel giorno in cui attaccarono le Torri mi pare formidabile. Oserei dire il più bello di quest'anno, se il grande sindaco di Roma non se ne avesse a male. Ti consiglio di leggerlo ascoltando il nuovo cd dei tuoi palloccolosi Lambchop, che ancora ti odio per non averli scoperti io e doverti restituire un favore.

Caro Christian, siamo a fine corrispondenza di questo mese e ancora non mi hai detto niente della terza serie di Lost che costaggiù cominciava in questi giorni. Pare che l'isola vada rivelandosi sempre più affollata. Qui da noi è appena cominciata la seconda, quella dove (a tutela dei lettori di GQ la redazione è intervenuta sul testo di Luca Sofri, che rivelava vicende non ancora trasmesse in Italia della serie televisiva Lost) e invece no.

Caro Luca, Lost è molto sopravvalutato, un po' come Roberto Mancini. I personaggi mi sembrano parecchio antipatici, un po' come Roberto Mancini. I dialoghi mi suonano falsi, un po' come il passaporto di quel calciatore a disposizione di Roberto Mancini. Riconosco, però, che il titolo della serie è geniale, oltre che perfetto a definire ciò che capita solitamente alla squadra allenata da Roberto Mancini. O mi stai dicendo che nella terza serie di Lost spunta un nuovo personaggio che riscatta le delusioni dei “perduti” maneggiando un tavolino?

Settembre 2006

Caro Christian, malgrado io non sia un giustizialista linguistico e pensi che le lingue cambino naturalmente incorporando errori ed equivoci, vorrei svolgere un servizio di ricostruzione almeno dei significati originari. Per esempio, è da tempo diffuso in tutta la penisola l'uso disinvolto e disordinato di due espressioni tipiche della capitale: “sticazzi” e “me cojoni”. Ora, ripeto, liberi tutti di esclamare “e sticazzi!” per manifestare meraviglia o auguri di buone vacanze. Ma a Roma lo si usa non al posto di “perbacco”, come si ritiene erroneamente altrove: piuttosto per dire “e chissenefrega”, in estrema sintesi. Se mi sono spiegato, bene, sennò sticazzi. “Me cojoni” (che è un verbo, non un sostantivo), viceversa, si usa per esprimere stupore e diffidenza. Non farmi figuracce, anche tu.

Caro Luca, sei stato in vacanza a Fregene oppure lavori alla nuova campagna pubblicitaria di Tim? Mi chiedo che cosa ci sia dietro questa regressione alla romanità che ha colpito il paese… E' tutto un aho, po-po-po-po, me so' scordato a pastiglia, maggicarroma. Ma che è? Prodi non aveva forse detto che l'Urbe non gli piaceva? E ora che fa, non rispetta le promesse elettorali? E Alberto Fortis quando torna a mettere le cose a posto? “Zero”, diomio che nervi mi vengono ogni volta che sento Silvio Muccino dire “zero”. Se ci fai caso sono le aziende telefoniche ad aver impresso questa svolta, quasi certamente a causa de 'na ricerca de marketing. Qui serve una mobilitazione. Io, per esempio, quest'anno non guarderò la Serie A Tim. Sempre c'aa fanno.

Caro Christian, figurati: io non vado a Roma da mesi. Sei tu quello sempre in giro a vendere il tuo manuale sulle diete (“Cambiare regime”, di quello parla, no?). Io sono stato solo a Napoli, la settimana scorsa, e ho visto una mostra formidabile, di disegni di Dean Tavoularis. Che no, nemmeno io sapevo chi fosse. Ma per capirsi, è quello che ha disegnato la barca di “Apocalypse now”: cioè, uno dei più grandi designer e scenografi di Hollywood. Ho visto i bozzetti per le case di “Hammett” di Wenders, i progetti del regno di Kurtz in “Apocalypse now”, gli storyboard di “Rumble fish”. Nonché mille versioni dell'aspetto della famosa barca lungo le tappe della sua risalita all'inferno. Ma che tt'oo dic'affà, capace che hai disdetto pure Sky Cinema.

Caro Luca, visto che hanno cancellato il campionato di calcio ho finalmente trovato il tempo per vedere l'intera V serie di 24. Muoiono quasi tutti. Non ti dico altro se non che è tornata Kim, la figlia di Jack Bauer. Tranquillo, stavolta non combina guai. Il momento chiave della serie è verso la fine, quando un cattivo dice che “non si può credere a ciò che scrivono sugli editoriali del New York Times”. Concordo col cattivo, però pago lo stesso 49 dollari e 50 centesimi all'anno per leggerli online. Per gustarsi Severgnini sul Corriere, devi pagare dieci volte tanto: 450 euro annui. Aho, so' novecento sacchi…

Caro Christian, nun me ne parlà. Io l'unico abbonamento online che ho è quello al Wall Street Journal che costa solo trenta centesimi al giorno. Se devo buttare soldi su internet, preferisco scaricare il disco di questo giovanotto scozzese che si chiama inopinatamente Paolo Nutini. Oppure Madeleine Peyroux: anzi, tu che te ne intendi: voi puristi del jazz che posizione avete su Madeleine Peyroux? È più o meno affidabile di Diana Krall (che anche lei ha un disco nuovo)?

Caro Luca, mi sono dimesso anche dal jazz. Mi sto appassionando, invece, a un libro-inchiesta sul grande fratello che ascolta tutte le nostre telefonate. Si intitola “Intercettare il Mondo” (Eianudi) e lo ha scritto un bravo giornalista di Slate che si chiama Patrick Radden Keefe (sarebbe perfetto per uno spot della Wind, se solo sapesse fare er cucchiaio). E poi, stai attento, ti consiglio il nuovo film di Oliver Stone sull'11 settembre. Lo so, rischio di sembrare Cicchitto che loda Moretti, ma davvero, per una volta, Stone ha messo da parte le teorie cospiratorie che gli piacciono tanto e ha girato un film addirittura fin troppo patriottico. I conservatori americani ne vanno pazzi, dicono che è un inno religioso al coraggio, alla famiglia, alla vita. Laif is nau.

Agosto 2006

Caro Christian, osservando i tipi umani nella spiaggia dove mi trovo, ho realizzato improvvisamente che quella consapevolezza di progresso e crescita delle nostre culture che si poggia sulla convinzione di aver abbandonato la barbarie del passato è un totale inganno. Mi spiego: “l’uomo col borsello”, emblema di un’estetica sfigata nata negli anni Settanta e che ritenevamo superata – celebrato anche dalla canzone di Elio e le storie tese – è in realtà tuttora presente e prevalente nelle nostre società. Si è solo involuto nell’uomo col marsupio. Ecco, li guardo, e capisco che gli uomini in slippino da bagno e marsupio (e nei casi più criminali, occhiali da sole fascianti), sono non il sintomo, ma la ragione del declino della nostra civiltà.

Caro Luca, mi parli di progresso? Prova a rinnovare la patente, poi mi dici. Sono andato alla sede centrale dell’Aci di Milano, convinto che in un fiat mi rilasciassero la nuova patente plastificata tipo carta di credito. Bastano un computer e una stampante, no? Illuso. L’impiegata mi ha detto che non mi sarebbe convenuto, perché avrei dovuto aspettare tre o quattro mesi e in ogni caso sarei dovuto andare al Comune a farmi autenticare le foto (di autocertificazione e di legge Bassanini, pare non abbiano mai sentito parlare). Il documento sostitutivo, poi, non è valido all’estero. Allora ho rinnovato la patente cartacea. Pensavo mi mettessero un timbro, e via. Invece no. Entro 40 giorni mi inviano un bollino, ma se non arriva c’è un numero verde. Nel frattempo mi hanno rilasciato 4 fogli in duplice copia, previo pagamento di 80 euro e rotti (“solo con carta di credito Diners, mi spiace”), alcuni dei quali sotto forma di marche da bollo (da 11 euro, da 3,10 euro e una incredibile marca da “Lire mille”). Una volta arrivato il bollino, potrò finalmente fare richiesta di un duplicato della patente, uno stratagemma sottile per ottenerla nel formato carta di credito. A quel punto è tutta discesa: è sufficiente farsi autenticare la foto e aspettare i mesi necessari. Poi, credo, sarà già tempo di rinnovare la patente.

Caro Christian, non te la faccio altrettanto lunga ma io ho appena pagato una multa per divieto di sosta in un posto dove non sono mai stato in vita mia a un’ora in cui ero a casa a scrivere mail a te. Ma erano 35 euro e mi costava meno che sbattermi a cercare di dimostrare le mie ragioni. Senti, da qui il contatto con la musica corrente è un po’ vago, salvo una raccolta di firme in spiaggia per la lapidazione di Fabri Fibra: è uscito il cd nuovo di Lisa Germano? E quello di Pete Yorn?

Caro Luca, vergogna, shame on you. Non ti sei ancora ritirato dalla spiaggia? Guarda che questa di ritirarsi è la moda di questa estate. Comunque. non so di che cosa tu stia parlando (a parte le multe). E non scrivermi più nessuna mail. Telefonami, è più facile. Tanto poi ci pensa qualche pubblico ministero a pubblicare. Guarda, comunque, che io mi sono appassionato a un tale che si chiama Jose Gonzalez. Stai attento. So solo che è metà argentino e metà svedese e che è l’ennesimo, credo il quattrocentomilionesimo, nuovo Nick Drake. Naturalmente è fantastico. E’ una dritta preziosa, se lo viene a sapere il pm Henry John Woodcock ci arresta per traffici illeciti, aggiotaggio e forse anche abigeato. A proposito, tu che sai l’inglese, che cosa vuol dire “woodcock” in italiano?

Caro Christian, io uno che si chiama Woodcock me lo immagino coperto di tatuaggi, e con l’anello al naso. Peraltro, mezza nazione è coperta di tatuaggi, e la moda dell’anello al naso credo sia cosa imminente. Sui tatuaggi, e sulla tarrizzazione della cultura patria la penso come sul borsello. E come Adolf Loos, grande architetto viennese di un secolo fa: “L'uomo moderno che si tatua è un delinquente o un degenerato. Vi sono prigioni dove l'ottanta per cento dei detenuti è tatuato. Gli individui tatuati che non sono in prigione sono delinquenti latenti o aristocratici degenerati. Se avviene che un uomo tatuato muoia in libertà, significa semplicemente che è morto qualche anno prima di aver potuto compiere il proprio delitto”. O di essere intercettato.

Caro Luca, a proposito di architetti ho appena comprato un fenomenale libro fotografico sull’arredamento delle dimore dei peggiori dittatori di questo secolo, da Hitler a Stalin a Saddam. Lo stile è pacchiano, si nota un eccesso di tessuti leopardati e di aquile imperiali. Quasi tutti hanno un mappamondo nello studio, come Charlot e qualsiasi bambino di sette anni. C’è anche una foto della famosa collezione di scarpe di Imelda Marcos, la protagonista di Fillippine & the city. Credo, purtroppo, di aver avuto in passato un gabinetto con le stesse piastrelle del “bagno lilla” di Ceausescu.

Luglio 2006

Caro Christian, io sono piuttosto rincoglionito e quindi ci ho pensato bene. Ma ho concluso che lo spettacolare ponte sospeso che mi è apparso all’orizzonte mentre guidavo sull’Autostrada del Sole all’altezza di Reggio Emilia, prima non c’era. Facendo questa riflessione a velocità sostenuta, ci sono finito sotto: una grandissima campata bianca appesa a un arco formidabile, con due buchi rotondi nelle spalle, che viene voglia di infilarci il dito. No, decisamente, non c’era. E infatti l’hanno tirato su il mese scorso, ho scoperto: è uno dei tre ponti progettati da Santiago Calatrava per i lavori dell’Alta Velocità, assieme alla nuova stazione e alla copertura del casello, nei pressi di Reggio Emilia. Grandi opere.

Caro Luca, tempo scaduto. Non sarai mica uno di quei radical-rosapugnisti che un minuto dopo aver portato due partiti comunisti al governo ha cominciato a sudar freddo? Chissà, ora, se Tonino Di Pietro e Pecoraro Scanio non te lo abbattono quel ponte dell’Alta Velocità… A me piace da morire, invece, il più nuovo grattacielo di Manhattan, la Hearst Tower. Si trova sulla 57esima strada, all’altezza dell’ottava avenue. L’architetto è Norman Foster, quello della Grande Supposta di Londra. Ha poggiato una torre di 46 piani fatta di enormi triangoli di vetro su uno splendido palazzotto Art Deco che dal 1927 è la sede del gruppo editoriale Hearst. In cotanto edificio concepiscono e continueranno a concepire Cosmopolitan.

Caro Christian, me ne sto qui acquattato dietro la scrivania ad aspettare che tu abbia ascoltato il nuovo disco di Thom Yorke. Non vorrei che ti prendesse come l’ultima volta con i Radiohead (quanto tempo, eh?), che pareva fosse sceso il messia in terra. Dopo, ti sei eccitato altrettanto solo quando Dick Cheney ha sparato a un suo amico invece che a una quaglia. E poi, l’estate non è fatta per le avanguardie creative: l’estate è per i Righeira, o per Billy Joel al Colosseo. Al massimo, certi anziani snob vanno a Verucchio a sentire Randy Newman, quello che ha scritto una sola canzone brutta – “You can leave your hat on” – ed è l’unica che è diventata famosa.

Caro Luca, perché a un certo punto tutti impazzirono per Mickey Rourke? Come è possibile che gente senza alcuna qualità diventi improvvisamente una star, specie ora che non c’è più il Costanzo Show? Se sei femmina, ok, capisco. Ma Mickey Rourke? E Raffaello Tonon? E Alvaro Recoba? Vabbè, a proposito di femmine c’è questo incredibile reportage di un giornalista messicano, Sergio Gonzàlez Rodrìguez, sugli omicidi di donne a Ciudad Juàrez, la città al confine con gli Stati Uniti dove 60 anni fa fu inventata la Margarita (non la pizza, il cocktail). Dal 1993 a oggi sono state rapite, stuprate e poi fatte letteralmente a pezzi oltre trecento donne senza che nessuno abbia mai scoperto né i motivi né gli esecutori. La polizia fa finta di nulla. Chiunque vada lì a chiedere, le busca. Le ha prese anche questo giornalista della Reforma, ma è l’unico a essere riuscito a ricostruire la vicenda. Ora uscirà un film con Jennifer Lopez e Antonio BAnderas. Ecco, Banderas è il nuovo Mickey Rourke.

Caro Christian, c’è questo editore nuovo che si è inventato di far scrivere dei libri ai blogger. Non che l’idea sia nuovissima, e la si guarda con comprensibile diffidenza. Un libro è un altro formato rispetto alle volatili e istantanee quattro frasi online. Né peggio né meglio: è solo diverso. Però, ti dirò che tra i primi titoli della collana (libretti piccoli, umili) ci sono delle cose che funzionano, a metà tra il già pubblicato in rete e la riscrittura originale. Le considerazioni sulle mamme, sulle pause pranzo, e sulle grandi opere del blogger noto come “Personalità confusa” sono molto divertenti. E anche le critiche cinematografiche di “Zitti al cinema”. Certo, sotto l’ombrellone ci vorrà qualcosa di più corposo. Ma ne parliamo la prossima volta.

Caro Luca, sotto il mio ombrellone quest’estate ci sarà solo Tuttosport, l’ultimo organo garantista, liberale e antifascista di questo paese. Poi purtroppo, passata la stagione calda, mi rifarò con tomi più corposi. Avrò molti weekend liberi da settembre in poi. Per fortuna, starò a New York. Eppure, anche lì, mi mancheranno le mattinate all’Angolo, soprattutto quelle al Nevada Smith. Non potrò nemmeno tornare a seguire il basket. Sai che palle i Knicks. Da quando vado a New York, non si qualificano più ai playoff e sono diventati una squadra ridicola, maltrattata, piena di brindelloni… ma perché non prendono Moggi?

Giugno 2006

Caro Christian, ma tu hai capito su quali canali si vedranno quali partite dei mondiali? Io rischio di trovarmi in una località balneare dimenticata dal segnale televisivo, in cui l'unica chance è il baretto con la parabola sulla spiaggia. Che però chiude la sera, e quindi con le partite delle 21 sono daccapo. Tipo Croazia-Australia e Togo-Francia.

Caro Luca, bella la vita. Stai in vacanza. Al mare. Col baretto, le pinne e il secchiello. Io, invece, resto nella trincea del lavoro - come diceva un nostro ex premier. Il mio giornale non mi concede ferie in giugno. Altro che vedere le partite su Sky. Io, caro mio, la-vo-ro. Peraltro in una sede disagiata, dalle parti della Foresta Nera. Ecco, a questo mi serve l'accredito plastificato, pieno di scritte in tedesco che mi sono messo al collo.

Caro Christian, sembra ieri che la Polonia ci faceva fuori dai mondiali tedeschi, a Stoccarda nel '74. Non c'erano ancora nemmeno i Cars, allora: ti ricordi i Cars? Quella band americana di pop-rock, che fece molte canzonette negli anni Ottanta (ma due sole grandi: Drive e Heartbeat City)? Che lui si chiamava Ric Ocasek e si sposò Paulina Porizkova? Beh, si sono riformati. O quasi. In questi giorni esce il disco dei “New Cars”: Ocasek si è chiamato fuori e sono entrati altri matusa, Todd Rundgren e il batterista dei Tubes. Aspetta, non è finita: è annunciata per questo mese l'uscita di un disco inedito di standards jazz incisi da Diana Ross nel 1972. Tutti quanti devono avere delle gran bollette da pagare, immagino. Salvo Ocasek.

Caro Luca, di Paulina Porizkova ricordo con particolare emozione la sua memorabile interpretazione in un film con Tom Selleck. I Cars?!? Diana Ross?!? Guarda che, favorito dall'unico governo mezzo comunista del mondo occidentale, è tornato Claudio Lolli, l'indimenticabile autore di “Ho visto anche degli zingari felici”. Prepariamoci, se dura, a 5 anni terribili. Il primo brano del nuovo album si intitola "(Il grande poeta russo) Majakovskij e la scoperta dell'America" e parla di "sfratto occidentale" e "economia del capitale". In un'altra canzone c'è pure la nostalgia dei bei tempi andati quando c'erano, appunto, gli zingari: “Pensa che non ci sono più zingari / sulle sponde del canale / e che l'attimo fuggente è fuggito / con in tasca il capitale”.

Caro Christian, non mi toccare Lolli. E non fare dell'ironia sui titoli involuti, che il disco più bello dell'anno scorso, quello di Sufjan Stevens, non aveva un titolo di meno di dieci parole. Quanto agli “Zingari felici”, ti segnalo che l'esecutore dell'immortale assolo di sassofono, Danilo Tomasetta, conduce ancora un programma di musica su Radio Città del Capo, al sabato mattina. Non so se si prenda, lì a Klagenfurt. A Dusserldorf. A Metternich. A Einsturzende Neubaten. A Schalke 04. O dove teufel ti trovi.

Caro Luca, viviamo in un meraviglioso mondo pregno di novità e facce nuove. Giulio Andreotti, Rosi Bindi, Romano Prodi, il ritorno di Michele Santoro… Tra le ultimissime ti segnalo uno spettacolare dvd di un concerto solistico di Keith Jarrett, il recupero nostalgico di canzoni di fine ottocento da parte di Bruce Springsteen, lo splendido canto pacifista stile Vietnam di Neil Young. E a San Remo scalda i motori il caro Pippo Baudo. Ma perché nessuno fa come Zidane?

Maggio 2006

Caro Christian, ho scoperto che gli americani hanno una parola per chiamare gli equivoci con i testi delle canzoni (quelli per cui io ho sempre pensato che Baglioni dicesse “quella sua maglietta Fila”). La parola, che vale non solo per le canzoni, è “mondegreen” e la inventò una scrittrice americana che confuse il verso “and laid him on the green” (“e lo distese sull'erba”) con l'inventato “and Lady Mondegreen”). Un altro esempio è “riscaldati dal calore di una persona in te”, come dicevano i Lunapop: che invece era “di una Benson & Hedges”, come ricorderai. L'ho scoperto ascoltando un classico dei Creedence Clearwater Revival - “Bad moon rising” - di cui più diffusa dell'interpretazione autentica “there's a bad moon on the rise” (“sta spuntando una brutta luna”) è la più spiritosa “there's a bathroom on the right” (“il bagno è in fondo a destra”): suggerimento che sembra anche più verosimile, se si immagina qualcuno che si agiti nervosamente tra il pubblico mentre i CCR cantano sul palco.

Caro Luca, la mia mondegreen personale è questa: da piccolo cantavo quel verso di Yesterday dei Beatles che fa “suddenly, I'm not half the man I used to be”, con “suddenly, Anna dai capelli rossi”. Non chiedermi perché, non lo so neanch'io. Però prova a cantarlo, funziona. Un mio amico, Marco, cantava “kiwi, kiwi, kiwi sancilamina” con passione, ma era “gimme, gimme, gimme just a little smile”. Tu giustamente sei interessato ai neologismi, io invece mi chiedo il perché di certe espressioni di moda. Per esempio, ora che abbiamo un nuovo governo, mi piacerebbe che nessun politico si mettesse a ripetere la stupidissima frase “a colpi di maggioranza”, come se fosse una cosa abietta prendere decisioni a maggioranza. E come si dovrebbero fare le leggi, “a colpi di minoranza”?

Caro Christian, prima che sia troppo tardi vorrei volgere un pensiero definitivo ai nove anni di Milano con Gabriele Albertini sindaco, che stanno per sparire come lacrime nella pioggia. Nella densa casistica italiana di sindaci totalmente inutili e inadeguati alle città che se li sono voluti - i lettori palermitani di GQ mi hanno recentemente segnalato con insistenza il caso del loro Cammarata (ti ricordavi che era sindaco, tu?) - Albertini vanta un rapporto da primato tra importanza della città guidata, durata del mandato e inconsistenza dello stesso. Il futuro non promette di meglio, dirai tu: speriamo nel decennio successivo. Gli anni Dieci.

Caro Luca, non sono d'accordo. Abbiamo avuto poche notizie di Albertini, è vero. Ma secondo me è una cosa positiva, molto positiva. Ricordati dei predecessori, dei quali spesso si avevano molte notizie, anche di reato (ehi, Travaglio, lascia subito il mio Mac…). I sindaci, secondo me, si devono occupare di tombini, di traffico, di panchine. Meno se ne parla, meglio è. Montanelli diceva che Albertini era un perfetto amministratore di condominio, e io sono d'accordo. A Palermo, quando c'era Leoluca, detto Leolook, Orlando, la città era tutti i giorni al Costanzo show, ma non arrivava l'acqua nelle case. Non per cattiveria o per incapacità di Orlando, ma - come scriveva Leonardo Sciascia - perché se un sindaco è impegnato quotidianamente a far notizia, dove trova il tempo di aprire i rubinetti?

Caro Christian, ora che il centrosinistra ha vinto e del retrogrado bigottismo dilagante non rimangono che un paio di eletti nella Margherita, mi sento libero di segnalare il nuovo cd dei Pet Shop Boys che esce questo mese. Il disco è fatto a forma di disco dei Pet Shop Boys, niente di più e niente di meno. La mia canzone preferita - con buona pace del Moige - si chiama “The sodom and Gomorrah show”. (non ti preoccupare se, andando in stampa prima delle elezioni, questa valutazione dovesse rivelarsi errata: fingeremo che si tratti di un'ironia sulla vittoria del centrodestra).

Caro Luca, ora che il centrosinistra ha vinto e del retrogrado comunismo dilagante non rimangono che un centinaio di eletti, mi sento libero di dire che non tutto il male viene per nuocere. Per esempio, il disco di David Gilmour sarà retrò quanto vuoi, ma a me piace moltissimo. Gilmour l'ha registrato nell'isola greca di Castellorizo, probabilmente pensando a Vassilissa, sempre che Antonio Cederna non gli abbia sparato dalla finestra. A proposito della professione di Vassilissa, io mi sono divertito moltissimo a leggere “Le mie storie da una botta e via”. E' il libro di una amateur come Chelsea Handler, una comica americana bella e scorrettissima che racconta la sua “vita orizzontale”. Ti consiglio inoltre “Il mucchio selvaggio”, un fantasmagorico libro sui mirabolanti inizi delle televisioni private italiane. Ora che ci avviamo alla fine di quel mondo, as we know it.

Aprile 2006

Caro Christian, senti questa vigilia di primavera densa di promesse, gravida di speranze, ambasciatrice di cambiamento? Senti che qualcosa di nuovo sta per arrivare, a portarci via le delusioni delle stagioni precedenti, senti che la musica sta cambiando?
Già, lo sento anch'io.
Devono essere i nuovi dischi di Donald Fagen, di Van Morrison, di Morrissey (il suo migliore di tutti i tempi, ha anticipato l'Observer), di Josh Roues e Neko Case.
Oppure è qualcos'altro.

Caro Luca, magari è il ritorno di Rosi Bindi al governo, chi lo sa? Sono comunque giorni felici, happy days, come dice il titolo del fantastico libro di David Brooks sull'America. Ci sono due cose da dire su questo libro: Brooks racconta la grandezza della società americana attraverso i suoi tic (degli Usa, non di Brooks) in modo molto divertente, anche se talvolta a rischio Severgnini. La seconda cosa è che Happy Days, nella versione originale si intitola On Paradise Drive. Credo sia la prima volta che un titolo in inglese venga tradotto non in italiano, ma con un altro titolo in inglese.

Caro Christian, mi duole deluderti, ma sono sicuro che la sfacciataggine dei traduttori cinematografici abbia già compiuto misfatti del genere. Comunque, non vedo l'ora di leggerlo, questo libro di Mel Brooks di cui parli: spero ci siano sia Potsie Weber che Ralph Malph, e non solo Fonzie e Richie Cunningham. Magari me lo porto per addormentarmi la sera quando vado in California a visitare le vigne californiane sotto la guida di Al Stewart: di giorno si degusta e la sera lui canta “Year of the cat”. Se vuoi iscriverti sei ancora in tempo, si parte la settimana prossima.

Caro Luca, a me piacerebbe visitare quel che resta di New Harmony, una folle cittadina dell'Indiana fondata all'inizio dell'Ottocento da una setta di luterani tedeschi che aderiva alle strambe idee di un ricco filosofo britannico che si chiamava Robert Owen. L'ambizioso progetto era quella di creare “un nuovo tipo di società”, ”un “paradiso in terra”, un esperimento radicale che potesse creare “un uomo nuovo”. E' fallita due anni dopo, ma è stato il primo esempio di comunismo realizzato. In America. Poi, grazieaddio, bandiera stelle e strisce l'ha trionfata.

Caro Christian, sto ascoltando questo disco che Morrissey ha registrato a Roma, dove viveva da un anno e nessuno ci aveva avvertito. Non so cosa ci abbia fatto, in quest'anno, visto che il repertorio di tipicità romane esibito nel testo del singolo è ancora tutto Dolce Vita: “Visconti”, “Magnani”, “Pasolini”, “Accattone” e via discorrendo. I maligni sostengono che abbia un debole per i vigili urbani della capitale, e che questo lo abbia distratto dal percepire la modernità della città. Ammesso che esista.

Caro Luca, mi sembra molto bello il disco di Francesco De Gregori. Avevo colpevolmente trascurato il suo precedente, Pezzi, e ho sbagliato perché contiene una canzone molto bella che si chiama La Luna nel secchio. Il nuovo cd mi piace davvero e mi pare che De Gregori migliori con gli anni anche se Calypsos ha un brano che sembra di Eros Ramazzotti. Malgrado ciò, “Per le strade di Roma” è bellissima. Ricorda meravigliosamente “Leaving New York” dei Rem, anche se con tutti quelle tiburtine, argentine e via frattine sembra Corrado Guzzanti quando cantava il Tuttocittà sfottendo Venditti.

Marzo 2006

Caro Christian, adesso il fenomeno è ormai vecchio e non rischiamo di fare la figura dei citrulli che appendono bestiole di gomma ai telefonini, ma possiamo passare per i soliti analisti di costume. Allora te la metto così: un giorno mi sveglio e penso a uno storico personaggio della narrativa inglese trasformato in cartone animato di successo mondiale da Walt Disney. Poi penso a farne dei pupazzetti di plastica. Molto piccoli. Poi penso a inguainare i pupazzetti dentro dei travestimenti di gomma raffiguranti altri animalletti. Poi penso ad attaccarci un laccetto, e a fare in modo che il pupazzetto possa essere sguainato e reinguainato. Poi penso di mettere il pupazzetto in una palla di plastica e spargere per il mondo dei distributori di palle di plastica. E poi questa mia pensata si vende a milioni di esemplari perché il mondo - gli italiani in particolare - si è convinto che non si possa vivere senza attaccarla al telefonino e io ci faccio una montagna di soldi. Sono un genio, o no?
Caro Luca, non mi parlare di telefonini. Io sono diventato dipendente dal Palm Treo. E' fantastico e non ne posso più fare a meno, specie ora che lo usa anche Jack Bauer nella quinta sera di 24. Col Treo guardo le e-mail al semaforo. Controllo sulla Zagat to go i ristoranti di New York. Scrivo sulla tastiera estera. Invio articoli col blue-tooth. Leggo la Reuters. Navigo su Internet. Mi informo sui cinema di Manhattan. E' perfetto, se solo funzionasse come telefono.
Caro Christian, la mia era solo una richiesta di informazioni. Io voglio sapere chi è il genio che ha convinto gli italiani (e un bel po' di giapponesi, la cosa viene da là) che non si può vivere senza avere un orsetto travestito appeso da qualche parte. Non è che fosse una cosa così immediata, no? Per rimanere sulle cose da ragazzi, vedo che Rizzoli ha deciso di ristampare “V for vendetta”, il fumettone di culto di Alan Moore sul mostruoso eroe di un mondo orwelliano di cui sta per uscire in Italia il film con Nathalie Portman e John Hurt. Ma siccome ti so ignorante sulla materia, ti consiglio anche il superalmanacco sui romanzi a fumetti che è uscito tre mesi fa in America, e che si chiama “Graphic Novels”.
Caro Luca, qui in America c'è un signore che si chiama John Winter, il quale ha un obiettivo nella vita: prendersi un caffè in tutti gli Starbucks del mondo. Il punto è che sono circa diecimila e ogni giorni ne aprono tre o quattro nuovi. Quindi è quasi come svuotare il mare con un cucchiaino. Il signor Winter però va avanti, ne ha già visitati seimila e il suo record è di 29 Starbucks al giorno. Siccome è un pazzo completo, teme che la gente non gli creda e mette le prove fotografiche sul sito starbuckseverywhere.net. Poi c'è anche un professore che si chiama Bryant Simon che sta scrivendo un'inchiesta approfondita su Starbucks. In un anno ne ha visitati più di trecento in sei diversi paesi. Lui entra, ordina, si siede, osserva e prende appunti. Ha già tutta una casistica per cui sostiene che nella tarda mattinata gli Starbucks sono popolati da mamme, mentre dopo le 3 di pomeriggio da ragazzini. Pare che ci siano comportamenti ricorrenti in ciascuna delle caffetterie che ha visitato, per cui Simon sa dirti tutto dei clienti in base a quanti minuti si fermano dentro il bar. Secondo me questo Simon sa anche che l'unico acquirente dell'immangiabile Crumble Berry Cake sei tu.
Caro Christian, credo l'abbiano capito anche ai piani alti di Starbucks, perché è da un po' che non lo vedo più in vendita. Comunque i tuoi personaggi maniaci compilativi mi hanno fatto ricordare due signori ritratti dal New Yorker nei mesi scorsi. Uno è quello che vuole percorrere a piedi tutte le strade di New York, dalla prima all'ultima, scientificamente, prendendo appunti. L'altra è la mia preferita e opera solo d'inverno: è una signora che raccoglie guanti spaiati persi per strada. Ormai ne ha una collezione formidabile. Vabbè, dammi qualche consiglio jazz, ora.
Caro Luca, nel silenzio assoluto di radio e giornali è uscito un bellissimo disco di Patrizio Fariselli, il pianista degli Area. Ha preso 12 brani del repertorio storico del gruppo di Demetrio Stratos e li ha riarrangiati per pianoforte solo. Per certi versi sembra che quelle canzoni degli Area le abbia suonate Brad Mehldau. Te lo consiglio vivamente. A proposito di Mehldau: ho viaggiato accanto a lui nella business class di un volo Amsterdam-New York. Sua moglie Fleurine e i due bimbi stavano in classe turistica, quindi si stava benone. Abbiamo chiacchierato un po', poi l'ho lasciato in pace perché aveva da comporre musica su un portatile Mac. Avessi saputo prima della tua genialata, gli avrei senz'altro chiesto di scrivere un jingle sulla pallina di plastica che fa impazzire il mondo.

Febbraio 2006

Caro Christian, a Milano c'è questa radio che si chiama Lifegate. Non so se trasmetta anche altrove, in Italia. È una radio con tutta una filosofia che si prende un po' sul serio, ma di sicuro trasmette buona musica rispetto alla media delle radio. Io non la sento spesso, perché preferisco la radio dove lavoro, che è un'altra; ma ho scoperto un servizio di Lifegate che mi pare geniale. C'è un numero di telefono a cui tu mandi un SMS e ricevi una risposta automatica che ti indica titolo ed esecutore della canzone che stanno trasmettendo in quel momento.
Caro Luca, Howard Stern cioè il più controverso (si dice così, quando uno è un po' stronzo) conduttore radiofonico d'America, ha lasciato il suo popolare talk show mattutino che fin qui è stato ospitato dalle stazioni di tutta l'America per sfuggire alla censura federale, un po' come Diaco. Stern ha deciso di sbarcare sul satellite Sirius, un po' come avrebbe dovuto fare Emilio Fede con Rete4. L'operazione gli frutterà 500 milioni di dollari e se gli riesce cambierà una seconda volta il mondo delle radio. Avrà a disposizione due interi canali ovvero 48 ore il giorno per dire parolacce, fare battute sulle lesbiche e raccontare la sua masturbatina serale che lo aiuta a prendere sonno.
Caro Christian, parlando ancora di buone idee editoriali, avevo pensato che qualcuno dovrebbe cominciare a dire pubblicamente - non solo tra gli addetti ai lavori - dell'unico grosso successo editoriale tra i giornali di questi anni. Ma mi ero detto che forse non sarebbe stato ben visto che io scrivessi qui di un giornale della concorrenza. Poi mi sono ricordato che non è della concorrenza: lo fanno al piano terra dello stesso palazzo in cui fanno - al sesto piano - GQ. Quindi casomai è una marchetta, e quelle sono ben viste. Ma insomma, sono usciti così tanti brutti giornali in questi ultimi anni, che averne uno fatto molto bene e che pure vende (le due cose raramente vanno assieme), è una notizia, qualcuno dovrà pur segnalarla. Anche perché è una cosa di cui tutti parlano, nelle redazioni: Vanity Fair italiano è diventato il newsmagazine da battere.
Caro Luca, è vero, anzi è verissimo. Vanity Fair è bello. Ti dirò di più: è l'unico newsmagazine italiano, non quello da battere, ché gli altri… vabbé lasciamo stare… Però, talking about Diaco, non solo Vanity Fair è della stessa scuderia di GQ, ma tu e io ci scriviamo pure. Che vuoi fare, provocarmi? E farmi dire che a breve uscirà un meraviglioso nuovo progetto editoriale ideato dalla mia fidanzata? No, Grazia.
Caro Christian, me la sono cercata. Passiamo a fenomeni editoriali che non ci riguardano nemmeno da lontano. Hai presente quella casa editrice tedesca che ha fatto il botto negli ultimi anni pubblicando centinaia di libri illustrati a prezzi stracciati? Si chiama Taschen: devono aver capito che sugli alti costi di riproduzione delle immagini si può risparmiare stampando grandi tirature e trovando archivi a buon prezzo. E hanno avuto ragione. Adesso ne arriva un'altra, tedesca anche questa, che si chiama teNeues: i loro prezzi sono un po' più alti, ma pubblicano bei libroni fotografici da esibire in soggiorno (quelli che si chiamano “coffee table books”) e guide di locali fighetti in giro per il mondo (anche di Roma e Milano: e scopro di conoscerne a malapena un paio). Ma il mio preferito è “Airline design”, una rassegna del design di aereoporti, aeroplani e interni aerei. Io, lo sai, odio i sedili reclinabili: soprattutto se quello che reclina è davanti a me.
Caro Luca, in America è cominciata la quinta serie di 24. In Italia non è ancora stata trasmessa la quarta eppure sento ancora qualcuno urlare contro i danni della globalizzazione. Magari ce ne fosse di più. Comunque si può ordinare su Amazon il cofanetto della quarta serie, appena pubblicato. Tu l'avrai visto con le solite pratiche illegali, lo so. Il mio giudizio è questo: ogni singola puntata di 24 contiene più idee dell'intera produzione televisiva italiana degli ultimi venti anni, ma per quanto avvincente come al solito questa quarta edizione mi sembra una specie di lato b della terza. Due dei personaggi sono interpretati dal marito ebreo di Charlotte in Sex & the City e dalla ragazzetta che scopre le gioie di Saffo in The L-Word. La quinta inizia con un Jack Bauer braccato e con i capelli lunghi come ai bei tempi in cui si divideva tra Laura Antonelli e Monica Guerritore nel capolavoro La Venexiana.

Gennaio 2005

Caro Christian, con la consueta destrezza, ho improvvisamente notato che a Milano una donna su due porta i pantaloni dentro gli stivali. All'inizio mi pareva una cosa supertarra; poi mi hanno spiegato che è una moda nata già l'anno scorso, e così ora mi sembra una cosa supertarra nata l'anno scorso. Tra l'altro, la moda precedente prevedeva i pantaloni scampanati e larghi in fondo, quindi quelle che non si sono aggiornate per tempo adesso sono costrette ad avvolgere grandi matasse di pantalone dentro gli stivali, che non dev'essere comodo per niente.
Io mi siedo qui sul bordo del fiume, e aspetto che passino anche i cadaveri degli stivali flosci da squaw, e che tornino gli scaldamuscoli.
Caro Luca, credo che i pantaloni dentro gli stivali sarebbero piaciuti molto a Jasira, la protagonista di uno dei libri più belli letti negli ultimi mesi. Il libro è “Beduina”. E' la storia dell'educazione sessuale di una ragazzina americana, per metà di origine libanese. Pensa al “Lamento di Portnoy” in versione femminile, e non solo perché Jasira si masturba quanto l'Alexander Portnoy di Philip Roth. C'è che “Beduina” è scritto proprio bene. Il romanzo è ambientato nel 1991, nei giorni della preparazione della prima guerra in Iraq. Memorabile gli insulti che il papà libanese di Jasira, un feroce oppositore arabo di Saddam, rivolge a Bush senior perché ritarda l'inizio della guerra e non si decide a far fuori il rais di Baghdad. Formidabile e premonitorio l'insulto a Colin Powell: “E' il più grande deficiente che abbia mai messe piede sulla faccia della Terra. Rovinerà tutto. Fa un errore dietro l'altro”.
Caro Christian, ho visto l'autrice di “Beduina” a una presentazione a Milano, qualche giorno fa. È una bella moracchiona piuttosto energica: a te di solito piacciono più eteree. Il libro l'ho messo tra quelli da leggere nelle vacanze di natale. Per ora riesco solo a finire quelli brevi. Mi è piaciuto molto “Venti sigarette a Nassirya”, che invece parla proprio dell'Iraq: è la storia del ventottenne regista che arrivato a Nassirya per un film commissionato dal Ministero della Difesa, dopo neanche 24 ore è diventato una delle vittime dell'attentato contro i militari italiani, in cui è morto il suo collega Stefano Rolla con altri dicotto italiani. Lui è stato fortunato abbastanza da uscirne con una grave ferita a una gamba, ma il suo racconto è formidabile per umanità e mancanza di retorica. Anzi, è un vero attacco alla retorica patriottarda e ipocrita che ha seguito quell'attentato. Bello, bello.
Caro Luca, non sono d'accordo affatto. Non sul libro, che annovero tra quelli che non ho letto e dopo queste tue righe anche tra quelli che non mi interessano, ma sul fatto che dopo la strage dei nostri soldati a Nassirya ci sia stata una “retorica patriottarda e ipocrita”. Maddeche? Piuttosto, per una volta, abbiamo smentito l'immagine dell'Italia chiagnona e di paese alle vongole. Ricordo ancora l'inviata del Tg3 che si aggirava tra i familiari delle vittime nella speranza che le dicessero peste e corna contro Berlusconi e Bush, i colpevoli di aver mandato a morire i loro figli. Invece, niente di niente. Un paese normale, come direbbe D'Alema. Se a quella compostezza preferisci l'eterno mammismo italiota, vuol dire che ce lo meritiamo Alberto Sordi, ce lo meritiamo.
Caro Christian, la retorica patrottarda e ipocrita è propria della politica e del giornalismo, o dei commentatori tromboni, che ne furono ottimi interpreti su Nassirya. Non delle persone per strada che citi tu, che al massimo ne vengono contagiate. Ma riconosco il tuo desiderio di attaccare a questa conversazione del sarcasmo contro l'inviata del Tg3. Con l'anno nuovo, sii più buono. L'altra sera ho visto Crash, che tu avevi visto a New York. Gran bel film deprimente e commovente. Leggo che sta guadagnado favori in vista dell'Oscar. Con l'anno nuovo, spero glielo diano. Anche se non hanno usato le musiche del nuovo disco di Burt Bacharach, che secondo me erano tagliate apposta per un film così (hanno usato quelle di Mark Isham, grande professionista delle colonne sonore). Ciao, auguri, e va' a letto presto.
Caro Luca, per la gioia dei miei colleghi d'ufficio, negli ultimi mesi ho trascurato molto il jazz. Però qualcosa di buono, in realtà, è uscito. C'è l'ennesimo cd di Enrico Rava, che non è affatto male. Ma c'è anche il solito Brad Mehldau che, come sempre, fa diventare standard i Radiohead e Nick Drake. Vedi? Ho scritto “ennesimo”, “solito” e “come sempre”. Cioè, con queste parole, ti ho descritto lo stato misero del jazz nell'anno domini 2006. E ti valga anche come dichiarazione di non voto alle prossime elezioni politiche italiane.

Dicembre 2005

Caro Christian, probabilmente non sei la persona più indicata a cui chiedere informazioni del genere - il massimo di attività sportive che avrai condotto da ragazzo dev'essere il burraco, ma molto prima di tutti gli altri, quando andava di moda a Park Avenue -: ma tu hai la minima idea del perché il bagher si chiami così? (Una minima idea di cosa sia il bagher ce l'avrai, che ginnastica al liceo la facevi anche tu: o eri esonerato? Io ero esonerato da religione, e per redimermi mi mettevano l'ora di religione in mezzo al palinsesto, di lunedì; così mi toccava stare lì lo stesso e ascoltare il prete che discuteva con i miei compagni della partita della Fiorentina).

Caro Luca, il bagher? cos'è? un dolce ebraico di New York? Senti, siamo a dicembre. Ci tocca. Le liste. Parto io. Quest'anno mi sono piaciuti cinque-dicasi-cinque libri scritti da autori italiani. Tre romanzi e due saggi. Miracolo. Il primo è “Con le peggiori intenzioni” di Alessandro Piperno, più recentemente “Caos calmo” di Sandro Veronesi e, infine, “Le uova del drago” del mio amico fascio-siculo-sciita Pietrangelo Buttafuoco. Imperdibile il racconto di Concetto Vecchio, “Vietato Obbedire”, sugli anni pre-sessantotto nella squinternata Università di Sociologia di Trento. Erano simpatici, quei tipi. Ma completamente… vabbé… non ti dico che cosa penso. Ma il libro che mi ha affascinato di più è di Anna Zafesova, la giornalista russa della Stampa. “E da Mosca e tutto” è formidabile. Io prima non sapevo niente della nuova Russia e ora so tutto. Però, ora che ci penso, non so se giocano o mangiano bagher.

Caro Christian, ho controllato sullo Zingarelli 2006: “bagher” pare venga da una parola ceca, che vuol dire “scavatrice”. Quanto alle liste, eccoti i migliori cd italiani dell'anno. Baustelle, “La nostra malavita”, e Morgan “Non al denaro né all'amore né al cielo”. Vale la lista di due? Menzione speciale per “Mi fido di te” di Jovanotti. Ma di questi tempi vado matto per il nuovo di Burt Bacharach: non capisco se abbia un suono antichissimo o modernissimo, o entrambe le cose. Se penso che Burt Bacharach l'ho scoperto su un fumetto di Max Bunker, trent'anni fa…

Caro Luca, io ho comprato tutti i dischi dei Family, rimasterizzati in cd. Saprai anche giocare a bagher, ma se non conosci il brit-folk-hard-gothic-jazz-rock-progressive dei Family non ti far più vedere da queste parti. Fine anni 60, primi anni 70. Immaginati un po' i Genesis, un po' i Roxy Music, un po' i Cream. Il disco migliore è “Fearless”, con “Spanish tide” come brano-manifesto. Ma dentro “Bandstand” c'è “My friend the sun”, forse una delle più belle canzoni di tutti i tempi.

Caro Christian, buon anno. Ti chiamo comunque la sera del veglione per gli auguri di rito, ammesso che tu sia raggiungibile in qualche angolo di mondo. E il cielo ci liberi da quelli che mandano gli auguri in copia via SMS. Ma se quando ti chiamo dovesse cadere la linea, ricordati questa fondamentale regola, purtroppo ancora non abbastanza condivisa con conseguenti fastidi, aggravi di spesa, accavallamenti e difficoltà di comunicazione: se cade la linea, richiama quello che aveva chiamato la prima volta. Non l'altro, chiaro?

Caro Luca, usa Skype. Io ho perso la testa per Skype. Telefono ogni cinque minuti alla mia fidanzata che sta a mezzo metro da me. Mi sono anche comprato un numero di New York, per 30 dollari. L'ho preso di Brooklyn, zona Williamsburg, quella più figa. Mi trovi al 719 3599425. Se cade la linea, vuol dire che qui in provincia di Trapani i numeri di New York prendono male.
PS
Ho fatto casino. Il prefisso di Brooklyn è 718. Se mi chiami a quel numero, vuol dire che sono a Colorado Springs

Novembre 2005

Caro Christian, allora va bene a cena mercoledì. Non ti curare del dolce, magari invece prendete voi una bottiglia di vino. Non venite troppo tardi, così salutate i bambini prima che li mettiamo a letto: e poi loro ci tengono a mostrarvi alcune delle loro esibizioni circensi. Adesso passano le giornate a camminare per casa a piccoli passi goffi, barcollando da destra a sinistra e da sinistra a destra, con le braccia aderenti ai fianchi. Non ve ne preoccupate: è che abbiamo visto “La marcia dei pinguini” e adesso le nostre vite sono completamente pinguinate. È un documentario fantastico sull’abitudine dei pinguini dell’Antartide di farsi ogni anno cento chilometri a piedi per andare ad accoppiarsi e riprodursi sempre nello stesso posto. Le immagini sono fantastiche. In America quest’estate è andato fortissimo: il secondo incasso tra i documentari di tutti i tempi, per quelli che considerano il film di Michael Moore un documentario. Altrimenti il primo. Magari allenatevi un po’ a casa, prima di venire: pinguinatevi. 

Caro Luca, vorrei organizzare le primarie per la guida della Juventus. Lapo o Moggi? Montezemolo o Giraudo? Vedrei con piacere anche una candidatura della tradizione, Boniperti o la figurina di Beppe Furino. Scalfarotto secondo te sarebbe disposto a fare l’outsider? Io comunque resto un conservatore e voterei per i tre formidabili antipatici che la guidano oggi, anche perché mi ricordo con orrore la precedente operazione simpatia, quella condotta nel 1990 da Montezemolo e sprofondata non ricordo se al settimo o al nono posto. La squadra aveva ventidue punte e mezze punte, Hassler, Di Canio, Baggio, Schillaci, Casiraghi, e in difesa Galia e Luppi. L’allenatore geniale di allora, oggi allena i figuranti della trasmissione di Simona Ventura. Un periodo nero per la squadra, ma che dico nero: nerazzurro.

Caro Christian, in effetti Scalfarotto ha un nome che sembra tirato fuori paro paro dalla panchina della Juventus. Tipo Mastropasqua, o Alessandrelli. Bisognerebbe farci uno studio. Tipo le ricerche che fa Steven Levitt: hai visto che è uscita la traduzione italiana di “Freakonomics”? Anche quello in America ha avuto un gran successo. Lui è un economista che misura dati alla mano quanto gli incontri di sumo siano venduti, come vi frega un immobiliarista e se gli insegnanti truccano gli esami per guadagnare credito alla propria classe e a se stessi. Cose così. Io gli consegnerei gli elaborati dell’esame per l’Ordine dei giornalisti.

Caro Luca, come sai io sono un fan della grande distribuzione e non potrei mai separarmi dalla tessera Fidaty dell’Esselunga. Preferisco cento volte gli asettici, alienanti e insignificanti negozioni alle piccole-botteghe-di-una-volta dove ti riconoscono quando entri (e quindi devi essere sempre pettinato), avverti il contatto umano (e devi trattenere i tuoi istinti più bestiali) e sei costretto a ringraziare per aver ricevuto (“solo perché è lei”) uno sconto di cinquanta centesimi su un prodotto sovraprezzo di euro tre. Negli ascensori di New York è l’argomento di conversazione più diffuso, secondo soltanto alle cattive condizioni del tempo causate da George W. E’ una specie di malattia dei liberal: vorrebbero tornare ai tempi dei mom&pop stores, giustamente cancellati dal franchising e dalla globalizzazione. Eppure, ti devo confessare che mi sto impegnando per difendere dal rischio di chiusura un fenomenale negozietto di cd che si trova in uno scantinato dell’Upper West Side e gestito da un italoamericano che pare uscito da un film di Martin Scorsese. Si chiama NYCD e si trova sull’81esima tra Amsterdam e Columbus. Se passi da New York, fammi un fischio, scendo di corsa dal secondo piano di Tower Records e ti ci porto.

Caro Christian, non me ne parlare. Per me l’unico esercizio commerciale che ha ancora senso svincolare dal virtuale è il bar. Per tutti gli altri c’è internet, compresa l’Esselunga. Non solo non devi pettinarti né salutare, ma puoi anche far spese in pigiama e con le dita nel naso. E poi, il portafoglio più sottile del mondo si trova solo su internet.

Caro Luca, ho preso il disco dei Grandaddy. Sembrano i Coldplay, però progressive. Ho preso anche l’ultimo di Neil Young. Ricorda Neil Young, in effetti. Li ho comprati al music store di iTunes, dove tra l’altro il portafoglio non serve. Comunque, confesso: oltre a quel portafoglio fatto con la tela dello spinnaker, ne ho anche un altro. E’ il più piccolo portafoglio al mondo in pelle: si chiama Slimmy. Tienilo per te, perché un’amica che segue la passione con cui ci vantiamo di possedere questo simbolo della superiorità dell’occidente mi ha fatto notare che è la prima volta che sente degli uomini sfidarsi a colpi di “io ce l'ho più piccolo del tuo

Ottobre 2005

Caro Christian, archiviata anche formalmente l'estate e le sue depravazioni, vorrei portarmi avanti con i consigli di stile per l'anno prossimo. No, non ce l'ho con i tarrismi convenzionali e inespugnabili: la bandana, i pinocchietti, quelle robe lì. Penso che un presidente del consiglio che si metta la bandana dimostri comunque un fegato notevole, se proprio non si può avere un presidente del consiglio sobrio ed elegante. Quello che andrebbe abbattuto è invece il simbolo della medietà conformista di buona borghesia: il tristo pulloverino annodato intorno alle spalle. Stabilirei delle multe per chiunque lo esponga sopra i sedici anni, presidente del consiglio compreso. Tutti convinti che gli “esalti la linea delle spalle”, sosterranno pubblicamente che è lì nel caso “rinfrescasse”. Un accidente: sta lì per sottolineare il carattere nazionale, la presunzione di eleganza da corso Vercelli, che non è via Torino e non è Madison Avenue. Il pulloverino di cotone intorno alle spalle rischia di diventare l'emblema nazionale, allacciato intorno all'altare della patria. Schiena dritta, e golf di lana legato in vita, da camminatori di montagna, che diamine!

Caro Luca, depravazioni dell'estate?!? Qui ci aspetta un autunno caldissimo. Tu forse non lo sai, ma siamo di fronte alla prova provata della decadenza dei nostri costumi. Alla diagnosi comprovata della crisi della sinistra. Ma che dico "crisi della sinistra”? Qui siamo davanti alla fine della storia. Qui c'è un secolo che si annuncia brevissimo. Ci sono lo scontro di civiltà, il pericolo del meticciato e la conferma delle analisi sulla stanchezza dell'occidente. Di che parlo? Di questo: a partire da ottobre, tutti i lunedì mattina che Dio manderà in terra, sul circuito radiofonico Area si consumerà un evento imperdibile, irripetibile, quasi irriferibile ma farò lo sforzo e te lo riferisco: Piero Fassino, ovvero il segretario di quei Ds che un tempo volevano costruire l'Uomo Nuovo e lottavano per le magnifiche e progressive sorti della classe lavoratrice, condurrà una trasmissione radiofonica in coppia con Piergigi Diaco, il nostro fenomenale Bruno-Vespa-in-erba che un paio d'anni fa con un libro premonitore aveva annunciato urbi et orbi che nel 2006 avrebbe vinto lui. Ci siamo. Mi inchino innanzi al furbetto del carrierino. Complimenti sinceri all'amico Diaco. Ma la notizia che prova la decadenza dei nostri costumi non è nemmeno questa: c'è che nel salutare l'evento mediatico i giornali di sinistra hanno definito il caro Diaco un “polemico conduttore”.

Caro Christian, non esagerare. Diaco se lo è meritato, un programma settimanale sul circuito radiofonico Area. Spero metta buona musica, da dj quale si qualifica. In questi giorni esce il disco nuovo di Neil Young, “Prairie wind”, registrato a Nashville subito prima che lui venisse operato per un aneurisma al cervello. Il mese scorso l'ha suonato dal vivo, sempre a Nashville, e il concerto sarà trasformato in un documentario da Jonathan Demme. Ti ricordi di quando davano al cinema i “film musicali”? Woodstock, Tommy, The wall, Ciao nì? Fra poco ce li avremo nell'iPod, vedrai.

Caro Luca, siamo in tempi di pulizie d'autunno. Così ho deciso di mettere ordine alle canzoni dentro il mio iPod. Mi sono imbattuto in interi dischi dei Duran Duran, in flebo tossiche di Claudio Rocchi, in un'agghiacciante selezione di progressive italiano degli anni Settanta e in qualche inutile Sting. Ma il gruppo più imbarazzante nella mia libreria di iTunes è un altro, eppure lo adoro: do you remember gli Styx? Ogni volta che la funzione random mi regala The Best of Times, Rockin' the Paradise, Suite Madame Blue, Crystal Ball, Come Sail Away o The Grand Illusion il primo istinto è quello di guardarmi intorno e sperare che non ci sia nessuno ad ascoltare. Mi vergogno un casino. Però quasi mi scappa una lacrimuccia: fanno schifo, sono trashissimi, ma mi piacciono da matti. Sì, lo so. Sembrano i Supertramp sfigati (che già, di loro, non erano messi benissimo). Sì, lo so. Sembrano i Bee Gees, più commerciali. La mia fidanzata, ieri mi ha detto per quale diavolo di motivo ascoltassi i Pooh in inglese. Sì, lo so. Ha ragione lei. Ma non li ho cancellati.

Caro Christian, non accetto lezioni morali sui Supertramp da uno a cui piacciono gli Styx. Anzi, ritiro l'espressione: “non accetto lezioni” è una delle cose più stupide che si possano dire, eppure son sempre lì tutti a non accettare lezioni. Ne accettassero qualcuna di più, sarebbe meglio per tutti. Ma per non correre rischi, ti lascerò con un consiglio, più che una lezione: tra pochi giorni esce in America l'opera omnia di Calvin & Hobbes. Si trova su Amazon, è la migliore striscia americana degli ultimi vent'anni, insieme a Bloom County, e il suo autore smise di disegnarla all'apice del successo mondiale, senza aver mai voluto cederlo a nessun merchandising o pubblicità. È quella del ragazzino e della tigre, per capirsi.

Caro Luca, come te lo devo dire che i fumetti non li sopporto, tranne Ken Parker? Piuttosto, visto che tieni il golf sulle spalle come si fa negli Hamptons, ordina su Amazon “The complete New Yorker: eighty years or the nation's greatest magazine”. Costa 63 dollari ed è l'archivio completo in 8 dvd degli oltre 4 mila fascicoli della rivista più radical chic del mondo. L'editore del New Yorker è Conde Nast, lo stesso di GQ. Pensa quando pubblicheranno in dvd la raccolta completa della nostra corrispondenza: “The Complete re:no subject - Svariati anni della più prestigiosa rubrica del paese”. Finalmente potremo spiegare che cosa significhi il titolo che abbiamo scelto e ringraziare i Rem per averci dedicato “All the way to Reno” e Bruce Springsteen per il singolo “Reno”.

Settembre 2005

Caro Christian, l'estate sta finendo, e un anno se ne va. Stai diventando grande? Hai giocato con le palline in spiaggia o hai letto certi tomi in inglese sulla decadenza dell'impero occidentale? Io la prima: lo sapevi che le palline hanno ancora i ciclisti? Solo che non sono più Baronchelli, Battaglin e De Vlaeminck, ma degli altri che non ho mai sentito nominare. Poi ai miei tempi erano quasi tutti italiani o belgi, adesso non c'è nemmeno un belga (la sai, la barzelletta del pastore belga? Vabbè, un'altra volta). Gli unici belgi ancora in circolazione sono i Deus, che hanno fatto un disco nuovo. Grande band, li ho visti in concerto un paio di volte. Secondo me ti piacciono, ma non ho presente quale sia il livello di fedeltà del Belgio all'alleato americano, che sarà la cosa che più ti preme.

Caro Luca, primo Le uniche due cose che mi piacciono del Belgio sono George Simenon e il waffle. Secondo: mentre tu facevi i castelli di sabbia io pagavo le tasse e contribuivo al nuovo miracolo italiano. C'è però che il mio commercialista è un tipo precisino. Ogni volta mi fa dei gran problemi sui dischi che compro. Io li vorrei scaricare dalla dichiarazione dei redditi, ma lui vuole che dimostri di averne scritto e quindi guadagnato qualche euro sennò niente. Non riesco a spiegargli che se mi guadagno il pane scrivendo di musica e di cinema e di narrativa e di qualsiasi cazzata succeda nel mondo, io ho bisogno di comprare dischi e biglietti e libri e iPod per essere sulla notizia. Poi faccio una selezione e decido se scriverne o no. Il ministro Siniscalco mi verrà incontro, secondo te? E' un gran fatica, comunque. Ora scusami: vado a raccattare tutti i dischi che ho comprato negli ultimi mesi e più tardi faccio una recensione cumulativa da pubblicare nel quadro C, rigo 1, del modello 730.

Caro Christian, ti ricordi l'elenco dei libri che mi sarei portato in vacanza? Non li scarico dalle tasse, no. E poi quel romanzo di Amidon era davvero notevole, anche se non ne ha parlato quasi nessuno. Molto Tom Wolfe nei personaggi e negli ambienti, ma con una costruzione della storia più originale. Di Tom Wolfe ha anche l'incidente stradale che stravolge le vite dei protagonisti, come nel Falò delle vanità. Sono stato un po' ingannato dalla copertina italiana, che ha un'immagine di Los Angeles, mentre la storia è ambientata nel Connecticut, dall'altra parte degli Stati Uniti. Cioè, la copertina è bella, ma non c'entra niente: come se mettessero la foto di un koala sulla copertina di Guerra e pace.

Caro Luca, ecco la lista dei cd. Purtroppo non sono tutti, ma spero che Berlusconi prima o poi mi faccia un condono. Il cd degli Over the Rhine ce l'ho già in testa come disco dell'anno: compralo e basta, non ho spazio per dilungarmi. Quello dei Foo Fighters è doppio, il primo è hard rock e puoi buttarlo subito, mentre il secondo è semi-acustico come un disco dei Nirvana unplugged. Ryan Adams ultimamente mi aveva annoiato, però questo doppio mi è piaciuto. I dischi sono due, uno è molto più bello dell'altro ma non mi ricordo se è il primo o il secondo. Meshell Ndegoncello ora fa jazz e a me il jazz piace. A proposito: le improvvisazioni di Keith Jarrett sono sempre un piacere. Joel Harrison, invece, è uno che s'è messo in testa di trovare una sintesi tra Miles Davis e Johnny Cash. Qualora volessi approfittare della mia recente infatuazione col country, compra l'ultimo cd di Dwight Yoakam e sappi che un tempo era fidanzato con Sharon Stone. I Coldplay sono i soliti piscialetto: canzoni carine con testi accigliati a proposito della complessità e delle difficoltà della vita. Ma io dico: sei una rockstar miliardaria e hai sposato Gwyneth Paltrow che ci avrai da frignare?!? Aimee Mann: concept album come negli anni 70; belle canzoni, lei bellissima. I dischi di Brian Eno e Ry Cooder lasciali al negozio: sono imbarazzanti e probabilmente non si possono scaricare dalle tasse.

Caro Christian, trovo sempre più eccitante che tu mi scriva per consigliarmi i cd che ti ho consigliato il mese prima. Mi aspetto che una volta o l'altra tu mi scriva per dirmi che hai conosciuto uno che si chiama Luca Sofri. Questa rubrica è pronta per le tematiche della terza età (o era la quarta?).

Caro Luca, ci sarebbe anche la lista dei dvd. Ma in realtà ti vorrei segnalare il “contenuto speciale” di Life Aquatic, il pazzotico film di Wes Anderson. Ci troverai un finto talk show italiano dal titolo “Mondo Monda” condotto da Antonio Monda, giornalista di Repubblica e professore di cinema alla New York University (e mio amico). E' un filmato fantastico. La sigla sembra quella di Dribbling. Lo studio pare di una tv locale albanese. Le riprese sono abominevoli. Monda fa domande al cui confronto Marzullo è un dilettante. La traduzione va e viene. Le immagini pure. Wes Anderson risponde con la faccia spaesata e così via. La cosa fantastica è un'altra: alcune recensioni americane hanno preso sul serio lo scherzo e commentato come se si trattasse di una trasmissione vera, come se la televisione italiana fosse davvero così mal ridotta. Come dargli torto?

Agosto 2005

Caro Christian, ti do un suggerimento per un'inchiesta giornalistica che tutti vorremmo leggere. La scriverei io, ma dalla spiaggia in cui mi trovo, le possibilità di acccesso alla documentazione necessaria sono limitate. Insomma, possibile che delle reali protagoniste delle nostre estati in spiaggia, da sempre, non si sappia niente? Possibile che si facciano copertine e articoli sulle Veline, sulle fidanzate dei calciatori, sui bagnini, sulle canzonette da mare, e nessuno parla di loro? Possibile che nessuno sappia spiegarmi cosa sono, da dove vengono, e quale sia l'origine del fascino delle loro rotondità?
Insomma, dalla spiaggia dove mi trovo sale alta e curiosa la richiesta: cosa diavolo sono le pallette pelose marroni che si riversano sulla riva dopo le mareggiate?

Caro Luca, io piuttosto sono alla ricerca di un giornale che mi pubblichi una autorecensione del mio libro, cioè una bella e positiva critica dello splendido saggio che ho appena pubblicato, però scritta da me stesso. Pensa: sarebbe una svolta epocale. Oggi la maggior parte dei libri viene segnalata sui giornali “in amicizia”, aumma-aumma. Il giornalista-recensore conosce l'autore che spesso è un collega, e con soli due scarabocchi fa un favore all'amico che prima o poi ricambierà. E' un sistema perfetto. La “marchetta” funziona. E' tutto un magna-magna. Anch'io ne ho usufruito, sebbene non in una trasmissione in onda su radiodue condotta da uno che conosco. Mi chiedo però perché non passare direttamente alle autorecensioni. In fondo è più corretto, più lineare. Io, per esempio, so per certo che il libro “Contro l'Onu” è il più formidabile saggio della storia italiana recente. Perché non lo posso dire liberamente?

Caro Christian, ho un'idea prodigiosa: perché non ne parli proprio qui, in questa ospitale rubrica? Ci hai pensato? O ti imbarazza parlarne? Dopo di che ci cerchiamo un altro lavoro. Ma diciamo pane al pane: tu conoscevi i Bread? Erano una band anni Settanta ma versante pop ammodino, molto pop: non di quelli che poi muoiono di overdose e finiscono sulle magliette, anche se i due leader litigarono parecchio tra loro allo scioglimento della band. Lo scrivo per giustificare il fatto che io dei Bread non sapessi niente tranne una canzone - “Guitar man” - e magari i lettori di GQ hanno tutti i dischi dei Bread. Ma anche a loro interesserà il disco tributo di loro canzoni uscito da poco, interpretate da giovani e meno giovani di belle speranze come Josh Rouse e i Cake. Quelli ignoranti come me, invece, possono buttarsi su una delle antologie dei Bread: fanno molto onde del pacifico e vento nei capelli, è l'Estate dell'amore!

Caro Luca, tu e i lettori di GQ non vi siete ancora convertiti a Dusty Wright e ai suoi GIANTfingers. Non fare quella faccia: è il gruppo di “chamber art rock” che tre anni fa scoprii per caso da Tower Records e di cui ne scrissi meraviglie. Dusty googlò il suo nome su internet e trovò il mio articolo. Ti ho raccontato mille volte che siamo diventati amici e una volta l'ho pure presentato a tuo fratello. Bene. Ho deciso di aggiornarti costantemente sulle cose che sta facendo. Chiamala, se vuoi, marchetta in progress. Dusty sta lavorando al secondo disco dei GIANTfingers, Second chance. Sono andato più volte alle prove in studio e l'ho visto live in tre occasioni. Aveva preso una meravigliosa violinista cinese di 22 anni, Dominique. Poi però, dopo un concerto nel Lower East Side, Dominique non s'è fatta più vedere. Al bancone del club dove suonavano c'era un tizio che nessuno di noi conosceva, salvo poi scoprire che suonava le tastiere con Art Lande (uno della Ecm). Insomma a questo Erik Duetsch capitato lì per caso, i GIANTfingers sono piaciuti e ora ha preso il posto di Dominique nel gruppo. Il problema è che con le tastiere al posto del violino, ora i GIANTfingers sembrano i Roxy Music.

Caro Christian, ma il tuo amico Dusty non vuole farsi un'autorecensione, già che ci siamo? Io comunque sto aspettando il nuovo cd dei Sigur Ros, gli islandesi che si inventarono un genere tutto loro qualche anno fa, ma al secondo cd non si inventarono nient'altro. Vediamo al terzo. Lì da te, come va? Sei sempre a New York? Hai visto il remake del Maggiolino tutto matto? Hai letto il nuovo libro di John Irving, quello di “Hotel New Hampshire? O ti stai autorecensendo tutto il tempo?

Caro Luca, sono un giornalista che approfondisce i temi di cui scrive (ecco, questa cosa la metterei nella mia autorecensione). Così sono corso alle Bahamas, a Columbus, l'isolotto di San Salvador dove tutto cominciò 500 e rotti anni fa. Un'inchiesta vecchio stile.

Luglio 2005

Caro Christian, facciamo presto che sto portando i bambini al mare, che poi è un modo per dire che sto già andando al mare a giugno, fingendo di farlo per i bambini. Non ho più spazio in valigia perché ho messo dentro i soliti dodici libri di cui poi uno ne legge tre, se va di lusso. Per la parte romanzi, mi ero messo da parte questi (uno li comincia, poi si distrae, non ha tempo, e finisce per dire “li leggo poi al mare”): Jonathan Safran Foer, che è bellissimo, salingeriano e mi mancano solo cinquanta pagine quindi mi occupa spazio inutilmente. Poi, Nick Hornby, che parla di depressi e suicidi e quindi è meglio leggerlo in spiaggia che tra un capitolo e l'altro vai a fare un giro col windsurf e dici chemmenefregammé-io-c'ho-il-windsurf (sì, lo so, il windsurf è molto anni Ottanta, ma io ho cominciato un anno fa: forse quest'estate inizio anche a farmi le canne). Poi Tommaso Pincio, che si è inventato tutta una storia psichedelica legata alla California dei figli dei fiori, all'”Estate dell'amore” e agli sbalestramenti che ne seguirono. Quello lo leggo al baretto, la sera, con la maglietta di Haight Ashbury che ho comprato a San Francisco l'anno scorso.

Caro Luca, siamo a luglio e già facciamo le liste come quelli di “the other side” che a inizio estate hanno già pubblicato un calendario del 2006. Non siamo messi molto bene. Comunque. Io invece sto selezionando i miei dischi dell'estate. Quello che mi fa impazzire è The Sunset Tree dei Mountain Goats. Io non sapevo chi fossero, poi ho scoperto che fanno dischi dal 1994. Sembrano Lou Reed e David Bowie in versione alternative country. Mi piace molto anche il doppio di Ryan Adams, stile Ryan Adams. Poi è uscito il secondo cd di canzoni dei Radiohead rifatte per pianoforte classico. Questo è più bello del primo, perché Christopher O'Riley ha scelto i brani meno noti di Thom Yorke. Ti confesso che è bello, anche se non tutto, il disco di Robert Plant. I know, I know. You don't do Led Zeppelin (Ehi, non è il titolo. E' una battuta in inglese). Mi piace anche il rockettino dei Marjorie Fair e il progressive dei Porcupine Tree, almeno quando non decidono di fare gli Ac/Dc. Però il disco che mi piace di più è del 1969. Dusty in Memphis di Dusty Springfield. Come ho fatto fin qui a vivere senza, non lo so. Son of a preacher man è una delle più belle canzoni di sempre.

Caro Christian, è bello poter contare sugli amici. Ho scritto dei Mountain Goats la prima volta tre anni fa (la seconda, l'anno dopo su un giornale che lì non arriva e che si chiama il Foglio), ma tu stavi probabilmente aggiornandoti sui Beach Boys, allora. Mi è appena arrivato il DVD di questo film su Baghdad sotto l'occupazione americana, “The dreams of sparrows”. Ne avevo letto bene sui giornali americani, tu l'hai visto?

Caro Luca, Baghdad è stata liberata, non occupata, dagli americani. Non ho visto quel film, ma ho scoperto che esistono i King Crimson portoricani: i Mars Volta. Cioè è portoricano solo il leader, uno con una gran quantità di cognomi come Galli della Loggia. Si chiama Omar A. Rodriguez-Lopez. Loro suonano proprio come i King Crimson, anche se a volte sembrano gli Area. Anche la copertina sembra dei King Crimson. Il disco si chiama Frances the Mute ed è un concept album, ma non ho capito di che diavolo parli. Ci sono vedove, cigni, sarcofaghi, carestia, fantasmi, sarcofaghi e sillabe ombelicali. Boh. Comunque, sappi che ho trovato il posto più bello del mondo per sentire musica nuova. E' un piccolo clun nel Lower East Side di Manhattan dove ogni sera suonano quattro gruppi oppure otto nel weekend. Il posto si chiama The Rockwood Music Hall. Rockwood è l'omino dell'800 che sta appeso su un bugigattolo sopra l'entrata per manovrare le luci sul palco. Le band sono sconosciute. Non alle prime armi, però. Spesso hanno già fatto dei cd per etichette indipendenti impossibili da trovare. Ho visto uno dei concerti più divertenti degli ultimi anni, di un gruppo, The Doll Hospital, guidato da una cantautrice che si chiama Heather Eatman. Lei è una specie di giovane Tom Waits metropolitana, una disorientata, disincantata e disperata trentenne genere alternativo-sfigato. Insomma, sembra una di Milano.

Caro Christian, certo che te la godi, tu. Pensa che qui in Europa c'è appena stato l'Eurofestival ed è uscito il disco degli Oasis, che più o meno siamo sullo stesso livello. Meno male che vado in vacanza. Ho un solo dubbio: mi porto le scarpe da jogging o le carte da briscola?

Caro Luca, ora che si pensa già alla prossima stagione sportiva, pensa un po' a cosa è successo in quella appena terminata: Bush ha vinto, Blair ha vinto, il premier australiano ha vinto. La Spagna non fa testo, causa invasione di campo. Sull'altro fronte, quello pacifista, Schroeder ha perso, Chirac ha perso il referendum sull'Europa. Insomma, un trionfo per i liberatori di Baghdad e un disastro per chi voleva che Saddam restasse al suo posto. Mi chiedo, allora, come mai nella coalition of the willing l'unico a perdere sia stato Carletto Ancelotti…

Giugno 2005

Caro Christian,
tu hai capito questa storia della caccia via internet? Ho visto che la California e altri stati la vogliono rendere fuorilegge. Se non avessi letto di progetti legislativi firmati da membri del parlamento, avrei pensato fosse una bufala di quelle che prosperano in rete. Invece pare sia vero: esistono dei siti che ti permettono - pagando un abbonamento - di comandare con il mouse, da casa, un fucile posizionato all'altro capo del mondo in una zona popolata da selvaggina, e sparare a un cinghiale, o a un cervo. Immagino che il passo successivo sarà posizionarne anche agli angoli delle strade cittadine. Occhio, lì dove sei, quando esci di casa: che ti tengo sotto tiro.

Caro Luca,
è un po' come quelle maledette telecamere che a Milano prendono la multa se usi la corsia riservata ai taxi, no? Guarda, qui a New York mi sono occupato molto di cinema. Non è più come una volta, però. Quando non c'era la globalizzazione e lì era tutta campagna, in America i film uscivano con quattro mesi di anticipo, così quando tornavo in Italia avevo di che chiacchierare con gli amici. Ora esce tutto contemporaneamente. Voi avete già visto quel gran pacco di The Interpreter e anche le Crociate, con Orlando Bloom che sembra Kim Rossi Stuart, con il feroce Saladino che sembra Nelson Mandela travestito da Sandokan, con la principessa Sibilla che sembra una casalinga disperata e con tutti i luoghi comuni e gli stereotipi possbili e immaginabili. C'è anche un crociato uguale a Stefano Tacconi post isola dei famosi. Su una cosa, però, credo di potervi fregare: qui a giorni esce un film fenomenale. Cioè, non so se è fenomenale, ma è un remake della serie tv Hazzard. Con Bo e Luke e la macchina Generale Lee. Nella parte della cuginetta Daisy purtroppo c'è Jessica Simpson.

Caro Christian,
e chi è che fa Rosco? Comunque, guarda che tutti gli storici sanno benissimo che il feroce Saladino era feroce solo nelle figurine Perugina. In realtà la sua fama è di eroe magnanimo, saggio e cavalleresco. Anche Dante ne aveva gran stima. Non che io legga Dante spesso, ma me lo ricordo dal liceo. Ho appena letto invece il nuovo romanzo di Tommaso Pincio, che è un autore italiano che scrive storie molto americane, ambientate nella cultura pop degli ultimi decenni. L'ultima volta fu il grunge e Kurt Cobain, adesso è San Francisco e l'Estate dell'amore hippie a San Francisco.

Caro Luca, credo che anche Osama Bin abbia studiato su Dante. Io comunque non me lo ricordo. Di Pincio, invece, non ho mai letto nulla anche perché di solito preferisco gli originali. Ora, per esempio, in America è uscito il nuovo mostruoso libro di Chuck Palahniuk. Devo dire che un po' mi ha stufato la sua solita galleria di personaggi estremi e di situazioni paradossali, e mi chiedo se Pedro Almodovar abbia mai pensato di fare un film tratto da un suo libro. Io comunque non andrei a vederlo. Preferisco le commedie con Julia Roberts. Il nuovo libro, Haunted, però è più mostruoso-estremo-paradossale del solito. Raccoglie una ventina di storie così mostruose-estreme-paradossali che se hai appena mangiato rischi di vomitare (un classico, per Palahniuk). Se, invece, non hai ancora cenato allora è difficile, molto difficile, che ti venga voglia di due spaghi. Uno dei personaggi all'inizio dice: “Raccontami una storia che non mi faccia più venire voglia di mangiare, mai più”. E Palahniuk lo fa. Io mi sono fermato subito. Alla prima gelateria Haagen-Dasz.

Caro Christian, devo convenire che Palahniuk - che qui lodai spesso - abbia un po' esaurito la sua spinta propulsiva. Dovrebbe cambiare genere, forse, come quando ha scritto quella guida anomala alla sua città, Portland. Hai visto la guida di Torino scritta da Culicchia, a proposito? Fa venire voglia di stare una settimanella a Torino, che è un risultato assai strano, ne converrai. Magari a settembre, che ora arriva l'estate e si va al mare. Dopo i referendum per abrogare un po' del pasticcio fecondazione assistita, beninteso.

Caro Luca, Tutto ciò che fa male, ti fa bene. Non è un messaggio zen, è un nuovo libro di un tale che si chiama Steven Johnson. Sostiene che tutte le porcherie che vediamo in televisione e tutte le cose che di solito vengono liquidate come cultura popolare, dalla Playstation al Grande Fratello, in realtà ci fanno diventare più intelligenti. Giocare a Tetris o guardare un reality show non sarà mai come leggere l'enciclopedia britannica ma vale quanto un saggio di strategia e di psicologia e di sociologia messi insieme. Gli americani sono essere superiori. Pensa che sono riusciti a elaborare questo importante concetto senza aver mai visto in faccia Pietro Taricone from Caserta.

Maggio 2005

Caro Christian, ho dato un'occhiata alla pagina del sito di Internazionale dove si parla di viaggi, e c'era il messaggio di una ragazza che partirà per Siviglia e chiedeva consigli. Sono stato molto invidioso. Andai a Siviglia alcuni anni fa, in questi giorni, alla cieca. Fu fantastico. Mangiavo jamon e gazpacho tutto il tempo, e andai pure alla corrida, malgrado una forte prevenzione ideologica. Ma la corrida sivigliana è la più importante del mondo e quindi andai a vedere. Imparai molte cose, tra le quali il fatto che nella corrida non muore un toro, ma sei tori. Ma capii anche che è una di quelle cose che se non la vedi almeno una volta non hai la minima idea di cosa tu stia parlando. Comunque, corrida o no, Siviglia a primavera è un posto meraviglioso. Se qualcuno ci deva ancora andare, lo invidio come uno che non abbia ancora letto La versione di Barney.

Caro Luca, vorrei pubblicare in un libretto una lunga cosa che scrissi qualche anno fa sul Foglio a proposito di Barney Panofsky. Ero andato in Canada sulle tracce di Morderai Richler, l'autore della Versione di Barney. Sono rimasto per un mesetto lì, tra Toronto e Montreal, a magnare bistecche e bere whisky come solo Barney sapeva fare. Mi è uscita una specie di reality, ovvero una guida turistica sui luoghi finti di Barney attraverso quelli veri frequentati da Morderai Richler. La cosa curiosa è che qualche mese dopo, quella stessa esperienza l'ha fatta un giovane scrittore russo-americano, Gary Shteyngart, l'autore del divertente “Il manuale del debuttante russo”. Dal suo viaggio canadese, Shteyngart ha tirato fuori alcune puntate barneyane per Slate.com. L'ho chiamato, e tutto quanto. Lui mi ha detto che stava scrivendo il suo nuovo libro, stavolta ambientato a Roma, ma non se ne è saputo più niente.

Caro Christian, io in Canada non sono mai stato, anche se ho una tentazione da sempre verso l'isola di Vancouver, di cui avevo visto le foto su una rivista di viaggi quando avevo vent'anni. So che voi neocon non vedete di buon occhio il Canada, che viene citato a esempio di America pacifica e di buon senso. Non quel genere texano che va forte ultimamente. Io tra i texani ho invece un debole per Micah Hinson, che ha venticinque anni e ha fatto un bel disco da cantautore rock. Però una canzone si chiama “Il giorno che il Texas sprofondò in mare”. Vedi un po'.

Caro Luca, io ho molta simpatia per il Canada ma ricorda che è pur sempre il paese che ha inventato il nuoto sincronizzato. E non solo lo ha inventato, ma pure se ne vanta. Comunque qui da noi in Italy sta per uscire un disco di un pianista nostrano che si chiama Giovanni Allevi. Si presenta come un jovanottiano, con i capelli arruffati e vestito da break-dance, ma ha una solida preparazione accademica. Fin qui aveva suonato sue composizione di musica contemporanea o concettuale, come dice lui. La musica concettuale la conosci: è quel gran casino di note che esce da un pianoforte solo se suonato da Stockhausen o da un qualunque bambino di sei anni. Adesso Allevi si è rotto le scatole dell'accademia e ha deciso di comporre melodie apparentemente semplici e cantabili. Il disco si chiama No concept. I tuoi amici radical chic li sento già: ecco il disco buono per Bush.

Caro Christian, Bush chi? Comunque tutto questo mi convince che quando si viaggia bisogna prendere molti appunti, a Siviglia come in Canada. Un po' per i ricordi, un po' per farci un libro e tirarci su dei soldi (con i libri non si guadagna, dicono: ma almeno ci pagi il gazpacho e i bagarini della corrida). Craig Thompson, quel gran fumettaro di cui abbiamo parlato qualche mese fa, ha appena pubblicato in America un suo Carnet de Voyage con disegni fantastici, frutto di giri nordafricani ed europei. Io col disegno sono sempre stato scarso, ma meglio che col pianoforte.

Caro Luca, è anche uscito il nuovo disco di Keith Jarrett. Tu dirai: sai che novità! E in effetti avresti anche ragione, visto che ormai ne sforna uno l'anno. Ma stavolta è diverso perché Jarrett è tornato con uno di quei concerti che lo hanno reso famoso: da solo, davanti a un pianoforte, senza alcuna partitura scritta. Jarrett si mette lì e improvvisa, praticamente compone all'istante. Non ne faceva più da anni di questi concerti così dispendiosi, da quando fu colpito da una malattia rara: la sindrome da affaticamento cronico che spesso peraltro prende anche me il lunedì mattina. L'ultimo è stato La Scala, registrato a Milano un giorno che Riccardo Muti si era distratto. Trenta anni fa Jarrett fece quel capolavoro che è The Koln Concert, una musica che piace sia ai fighetti che l'hanno sentita nella pubblicità della Bmw, sia a quel popolo della sinistra che non si è più ripreso dopo aver visto Nanni Moretti in Vespa errante per Roma. Il nuovo cd è doppio. In realtà sono due concerti, uno a Tokyo, uno ad Osaka. Si intitola Radiance.

Aprile 2005

Caro Christian, oggi mi sono imbambolato a vedere il Settebello a fianco del Duomo di Milano. Adesso uno pensa a una squadra di pallanuoto, o a un profilattico, ma quando ero bambino io il Settebello era un treno superveloce (per i tempi) e di prima classe, vanto delle ferrovie italiane. Una specie di Eurostar, ma più elitario. Durò fino agli anni Settanta, poi fu superato. Adesso ne hanno messo un vagone ? la motrice ? in esposizione in mezzo alla strada, davanti a Palazzo Reale, per segnalare la mostra sugli anni Cinquanta italiani. Che è davvero notevole: ci sono le tele di Fontana, la Moka Bialetti, gli stupendi manifesti pubblicitari di quei tempi, moltissime fotografie, la bicicletta di Don Camillo e Peppone, gli sgabelli di Castiglioni e il primo orologio Cifra 5, quello con le alette girevoli. Dici che nel 2055 faranno una mostra su questi tempi ed esporranno Re: no subject?

Caro Luca, sugli anni Cinquanta non ho un'opinione ben definita. Quando non ho un'opinione ben definita solitamente leggo che cosa ne pensano Giulietto Chiesa o Antonio Socci, Dario Fo o Marcello Veneziani, così poi mi convincono del contrario. Ora non ricordo se questo libro di cui tutti parlano, specie noi due, cioè "Con le peggiori intenzioni" di Alessandro Piperno racconti la saga della famglia ebraico-romana dei Sonnino tornando indietro fino agli anni Cinquanta. In ogni caso, tranquillo, alla mostra di Palazzo Reale esporranno Piperno, non noi.

Caro Christian, io sto leggendo questo romanzo che si chiama "La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo". Non ho ancora capito se è un gran polpettone sentimentale o una bella invenzione fantastica. Forse entrambe le cose. Il protagonista Henry rimbalza involontariamente da un momento all'altro della sua esistenza in vita e cerca di mantenere nel frattempo una gran storia d'amore con Claire, qualsiasi età lei abbia in quel momento. Come se tu adesso finissi nel 2055, e mi trovassi là novantenne. Oppure nel 1971, che sarei alle elementari. Mi ameresti lo stesso?

Caro Luca, credevo che il ministro Sirchia avesse vietato di fumare, comunque posa quel polpettone sentimentale, come lo chiami tu, e leggi il nuovo libro di William Langewiesche. E' il giornalista americano che scrive articoli poco più corti di Guerra e Pace. Credo che negli ultimi tre anni abbia scritto soltanto tre pezzi, che poi trasforma regolarmente in libri. L'anno scorso uscì Ground Zero, una formidabile inchiesta sulla complessa operazione di rimozione delle macerie delle Torri gemelle. Ora s'è occupato del mare, nel senso che ha scritto un'indagine sul mare, in particolare sull'anarchia degli oceani e sui nuovi pirati impossibili da fermare. "Il terrore viene dal mare" spiega che se Osama Bin Laden scegliesse di usare il mare potrebbe combinare un mare di guai.

Caro Christian, se io fossi alle elementari e tenessi una rubrica su GQ consiglierei il mio libro preferito, "Tutti a scuola" di Richard Scarry. Anzi, l'opera omnia di Richard Scarry, che nel 2005 ho riscoperto con rinnovato entusiasmo grazie alle generazioni successive della stirpe dei Sofri. Se tu dovessi riprodurti, ti do delle dritte: ma non ti passo i miei, perché ci sono troppo affezionato. Soprattutto all'Agenzia investigativa Fiuto e Sbircia.

Caro Luca, un tempo eri un ragazzo a modino. Sapevi tutto di nuove tendenze musicali e in fatto di gadget high-tech eri più preparato di una copertina di Panorama. Guarda ora come ti sei ridotto. Non mi dici niente del nuovo disco di Tori Amos, neanche una parola sui due dischi bislacchi dei Bright Eyes, nulla sulla splendida suite di Pat Metheny, zero sul fantastico ritorno di quel giovane jazzista norvegese che sia chiama Tord Gustavsen. Ma ti ami ancora?

Marzo 2005

Caro Christian, come sai sono uno fedele. Le cose cambiano, i gusti si evolvono, le novità diventano vecchie, ma io un briciolo di affetto lo mantengo sempre: anche per Phil Collins. Così, ho ordinato su Amazon il nuovo romanzo di John Grisham e me lo sono letto. E allora diciamo che rimango affezionato alla mia prima lettura del Socio, e poi avevo vent'anni, e che consento all'autore una certa sapiente mano nel creare della suspence e della curiosità. Ma dopo il librino di natale e quello sul vecchio sud, ci mancava pure quello ambientato in Italia, alla che-dolce-e-pittoresco-paese-è-questo. Già quando il protagonista arriva a Treviso, e il narratore indugia per decine di pagine sugli anziani nei caffè che leggono i giornali e perdono tempo chiacchierando, sugli italiani che non sanno fare la fila e sul fatto che tutti si vestono eleganti, stavo per appisolarmi. Quando poi arriva a Bologna e ricomincia tutta la manfrina, con tanto di consigli gastronomici e candida meraviglia per gli usi locali, stavo per scrivere alla Mondadori per dir loro che questo potevano pure lasciarlo perdere. Chissà come faranno a tradurlo, poi, che per metà è la spiegazione di come si dice in italiano mushrooms, wine e tomato.

Caro Luca, mentre è a Bologna, Grisham chiede per caso che cosa sono i tortellini? Lascia stare quelli della Mondadori, please. Non azzeccano un libro buono da mesi, ma ad aprile dovrebbero far uscire un saggio fondamentale per capire l'America di oggi. Si intitola The Right Nation, che sta per la nazione di destra e che si crede nel giusto. E' stato scritto da due giornalisti dell'Economist preparatissimi. In un primo momento Mondadori voleva tradurlo con “O con noi o contro di noi”, poi si sono convinti a lasciarlo in inglese. Non ho capito se dietro c'era il medesimo disegno criminoso ordito da quel genio che ha tradotto il film con Jim Carrey “Eternal Sunshine of the Spotless Mind” con “Se mi lasci ti cancello”, oppure il fatto che in Italia quelli che si credono nel giusto sono di sinistra.

Caro Christian, avranno le loro buone ragioni.

Caro Luca, il nuovo disco di Beck esce a fine mese ma circola su internet da un bel po'. Si intitola “Guero” ed è completamente diverso da quello acusticissimo di un paio di anni fa. C'è molto funk rock, parecchia elettronica e a un certo punto Beck prova a rappeggiare come Eminem. Non so mai se Beck somigli più ai Beatles o ai Rolling Stones. Comunque mi piace. In questi giorni però sento molto The Final Cut dei Pink Floyd con l'i-Pod. Parla di guerra, di Afghanistan, di Reagan e di Breznev e della Thatcher. Non condivido una parola di quanto dicono, ma la musica mi è sempre piaciuta. Mi sono accorto soltanto adesso che a un certo punto Roger Waters dice, in italiano, “scusi, dov'è il bar?”. Anzi lo dice due volte. Ho fatto una ricerca, pare sia un omaggio al padre che morì sulle spiagge di Anzio per liberarci dal nazi-fascismo. Non ci credo. Secondo me, semplicemente, avrà avuto le sue buone ragioni.

Caro Christian, grazie: quello “scusi dov'è il bar” al liceo ci aveva sempre incuriosito. Ti ricordi che poi, qualche anno fa, era nata una discussione su un'altra canzone dei Pink Floyd in cui loro avrebbero cantato le gesta di Rita Pavone? In realtà dicevano qualcos'altro, ma l'equivoco fonetico rimase. Io adesso ascolto molto James Blunt. È un cantautore inglese che mi ricorda un po' David Gray e Damien Rice, che hanno fatto due dischi bellissimi e due gran botti commerciali negli ultimi anni (Rice è tornato di moda dopo che una sua canzone apriova “Closer”, il film deprimente di due mesi fa). Quello di Blunt non è così bello, ma potrebbe sfondare, e anche lui ha una storia strana: prima di buttarsi nella musica è stato anche nel contingente NATO in Kosovo. The times they are a-changing.

Caro Luca, ora che abbiamo cominciato a esportare la democrazia in medio oriente stiamo riuscendo anche in un compito più difficile: esportare l'iPod in casa di Bill Gates. Pare che al campus di Redmond, dove ha sede la Microsoft, 16 mila impiegati su 25 mila vadano in giro con le magiche cuffiette bianche. I manager della Microsoft sono incavolati neri e invitano a non usarlo. Gli iPoddisti sono trattati come traditori dell'azienda e costretti a nascondere l'apparecchio sotto sciarpe e cappelli. Ma Al-Billgates non vincerà.

Febbraio 2005

Caro Christian, altro che Mani Pulite. A Londra ho visto un reality show pazzesco. Come a confermare alcuni sterotipi che circolano sulla popolazione d'Oltremanica (Dio, erano anni che sognavo di scrivere popolazione d'Oltremanica), il programma è condotto da due signore teste di cuoio che si sono date la missione di migliorare le abitudini igieniche dei loro connazionali. Quindi, seguendo delle soffiate di amici e parenti, si presentano a casa di un ignaro (vai a sapere, ma non importa) personaggio ed esibiscono al pubblico i topi morti nelle sue cantine, gli scarafaggi nel lavello, le cacche di gatto sulla moquette e persino i suoi denti gialli. Dopo di che, con un aria da questo-è-lavoro-per-Superman, si mettono a ripulire tutto spiegando al malcapitato e agli spettatori le radici di tanta schifezza. Il malcapitato guarda la sua casa - o i suoi denti, o le sue ascelle - ineditamente splendenti, dice “wow, non posso crederci” e tutti sono estasiati e soddisfatti. È la cosa più orribile che abbia mai visto. Ma se lo fanno in Italia, i conduttori ideali sono Di Pietro e Occhetto.

Caro Luca, il mio amico Dusty Wright quando smette i panni di rocker torna al suo nome originario, che è Mark J. Petracca, e produce documentari. Ne sta girando uno su Jobriath. Questo Jobriath è il David Bowie americano che nei primi anni Settanta l'industria discografica Usa tentò di lanciare in tutto il mondo, con grandi investimenti pubblicitari. Non so se hai presente il film Velvet Goldmine, ma quel personaggio un po' Bowie, un po' Lou Reed, un po' Iggy Pop, non era inventato, era proprio Jobriath (si pronuncia giobraiat). L'operazione commerciale fallì prima ancora che questo bizzarro musicista potesse esibirsi dal vivo e dimostrare che non era affatto un bluff. Senza soldi, senza etichetta e subendo l'ostracismo nei confronti di chi per primo nel mondo del rock ha avuto il coraggio di dichiararsi apertamente gay (mentre Bowie e gli altri giocavano sull'ambiguità sessuale) Jobriath finì molto male. Per la precisione finì a fare marchette. Un giorno del 1983 lo trovarono morto al Chelsea Hotel di New York, il posto ideale per morire dopo una vita dissipata. Ora per merito di Morrissey è uscito un cd che raccoglie i due unici dischi di Jobriath. Pare abbia scritto anche quattro canzoni per Frank Sinatra e molto altro, ma il padre di Jobriath, per la vergogna, distrusse tutto quello che trovò nella stanza d'albergo del figlio.

Caro Christian, del genere bravi e maledetti, io ne ho una versione anni Novanta. Ha fatto un disco di canzoni Robert Downey jr., quello di Chaplin e di Wonderboys, che da un po' di anni passa da un film a un arresto per droga a un centro di recupero e così via. Adesso gli deve andare un po' meglio e ha fatto questo disco pop niente male: di certo meglio di Bruce Willis quando gli prese la stessa passione. Fa anche una cover degli Yes, con Jon Anderson a fargli i coretti.

Caro Luca, ma ora che Costanzo ha chiuso perché non ci facciamo dare il suo spazio in seconda serata? Io farei una cosa così: tu dici una cosa e io dico il contrario, poi tu chiami un ospite tuo amico e io uno amico mio. Parliamo di Bush, dei Genesis, di Oriana Fallaci, di iPod, di ristoranti newyorchesi e di mostre londinesi. Faremmo anche molti consigli per gli acquisti e sono disposto pure a riesumare la passerella. Il direttore editoriale di qualcosa a Canale 5, cioè Enrico Mentana, so che ci legge, specie ora che non ha più niente da fare. Se ci chiamasse glielo dovremmo dire. E, poi, gli chiederei anche spiegazioni: perché in questi giorni di rievocazione dei tempi gloriosi del Costanzosciò nessuno ricorda più la figura nobilissima di Giannina Facio?
PS
Oddio, sto male. Ho appena googlato Giannina Facio e ho scoperto che si è sposata con Ridley Scott.

Caro Enrico, ti prego perdonalo, non so cosa gli sia preso.
Caro Christian, stiamo a far delle figure… Giannina Facio comunque la confondo con Karina Huff, quindi non sono adatto a un eventuale revisionismo. Sto leggendo l'ultimo romanzo di Michael Crichton, dove lui costruisce i soliti intrecci da thriller pieni di documentazioni sceintifiche competentissime. Questa volta si è immaginato che degli ambientalisti benintenzionati ma fanatici si lascino scappare la mano e creino catastrofi naturali per dimostrare la pericolosità delle multinazionali globaliste: una specie di strategia della tensione. Ma la tesi di Crichton - guarnita di dati, documenti, statistiche - è che la terra non si stia surriscaldando per niente. Io in effetti ieri ho dovuto mettere le catene.

Caro Luca, se è per questo c'è uno che conosciamo che ha scritto un libro per dimostrare che il fumo passivo non fa male. Ora che il ministro Sirchia ha vietato di fumare nei locali pubblici, Filippo Facci svela che un non fumatore ha una possibilità su diecimila di contrarre un tumore ai polmoni per fumo passivo. Pare che statisticamente sia molto più facile ammalarsi di cancro al seno a causa dell'uso quotidiano del reggiseno. Io in effetti non lo porto mai.

Dicembre-Gennaio 2004

Caro Christian, ma anche lì da te a New York ci sono i bar dove ti servono da bere e ti chiedono subito di pagare? Che il cameriere rimane lì, battendo il piede, e tu ti arrabatti a recuperare il portafoglio dalla giacca che avevi appoggiato su una sedia progettando di goderti un piacevole soggiorno al bar - che è un po' come una casa, il bar - e questo sta lì con l'aria di uno che pensa che scappi senza pagare? Io gli ritirerei la licenza, a quei bar lì.

Caro Luca, quel cameriere ti avrà riconosciuto. E dico che ha fatto bene a non fidarsi di voi dello scintillante mondo dello spettacolo. Vedi un po' che cosa è capitato all'ultimo poveraccio che si è affidato mani e piedi ad attori, giornalisti, cantanti e registi. Sai di chi parlo, no? Povero John Kerry. Credeva che tutto il cicaleccio degli attori, dei musicisti e di Michael Moore potesse aiutarlo a vincere in Ohio. No, invece. Però a Cannes è andato fortissimo.

Caro Christian, non sapevo che ti occupassi di politica. Delle elezioni americane allora ti do la notizia più importante e benaugurante, che a molti è sfuggita: tra quattro anni il presidente degli Stati Uniti non sarà più Bush. Io sono un tipo paziente e ottimista. Soprattutto ora che ho saputo che il 3 gennaio parte - in America - la quarta serie di “24”, il miglior programma televisivo degli ultimi anni assieme all'Isola dei famosi. Basta che non ci sia ancora quella catastrofe della figlia di Jack Bauer, Kim, una specie di Vilcoyote del nuovo millennio.

Caro Luca, sulla riva del fiume di St. Louis, in Missouri, c'è il formidabile Arco di Eero Saarinen, il genio dell'archittetura che ha disegnato il terminal Twa all'aeroporto JFK di New York e il tavolo da pranzo di casa mia. Sapevo che a St. Louis c'era un Arco, lo si vede in tutte le fotografie ma non avevo idea di quanto fosse bello, alto e meraviglioso. Hai presente qual è, no? E' quello che sembra il logo di McDonald's, però non puzza di fritto. E' stato completato nel 1964, quando Saarinen era già morto e simboleggia il gateway per il west, il cancello per l'Ovest, perché fino al 1900 St. Louis era il confine occidentale degli Usa e da qui partì la prima spedizione alla conquista del west. No, non quella di Zeb McCain.

Caro Christian, e quale, allora? Comunque a me l'arco è sempre sembrato mezzo logo dei McDonald's. Sto stilando una lista delle migliori cover di questo mese (penso che il boom della “cover” sia stato il trend musicale più notevole degli ultimi dieci anni). Ne sono uscite di formidabili: “Everybody's got to learn sometimes” dei Korgis, rifatta da Beck per la colonna sonora di “Eternal sunshine of the spotless mind”; “Common people” dei Pulp rifatta da William Shatner (il capitano Kirk, per capirsi) assieme a Joe Jackson: “Imagine” tenebrosissima, di una band che si chiama “A perfect circle”; “A love supreme” di John Coltrane, cantata dai Twilight singers; “Inside and out” dei Bee Gees rifatta da una canadese che si chiama Feist; “I'm so excited” delle Pointer Sisters in versione elettropop di una band di ragazzacce esaltate che si chiamano Le Tigre. Devo ammettere con dolore la totale inutilità di Phil Collins che canta la bellissima “The way you look tonight” (e anche della raccolta di Phil Collins che la contiene). Riciclare, comunque, dà sempre buoni frutti: il mese prossimo proviamo a mandare a GQ una rubrica dell'anno scorso?

Caro Luca, è la fine dell'anno e non abbiamo ancora fatto una classifica del meglio e del peggio. Ecco la mia. Miglior film: Sideways. Miglior film che prende per i fondelli la sinistra radical chic: Team America (ma che cosa sono i “fondelli”?). Miglior notizia dell'anno: elezioni in Afghanistan. Peggior band sul mio I-Pod: Goldfrapp. Miglior blog italiano: Leibniz.blogs.it. Migliore blogger femmina con cui sono andato a cena da Sushi Samba a New York: eustonstation.blogspot.com. Miglior Karl Rove italiano: Luciano Moggi. Miglior disco jazz: The Out-of-towners di Keith Jarrett. Disco più inutile acquistato: The Electras, del 1961, il bassista è John Kerry. Migliore intervista di Sabelli Fioretti: Ilaria D'Amico. Migliore conduttrice italiana: Ilaria D'Amico. Migliore qualsiasi cosa: Ilaria D'Amico. Miglior libro: I am Charlotte Simmons di Tom Wolfe. Miglior sfottò agli interisti dopo “5 maggio”: grazie per Cannavaro.

Novembre 2004

Caro Christian, l’altra sera ho visto Graydon Carter, il direttore di Vanity Fair americano che ultimamente si è buttato a sinistra dopo una vita agli Hamptons (un po’ come Furio Colombo): aveva la solita chioma leggiadra e curata (un po’ come Furio Colombo) ed era a una festa di Armani a Milano. Ti chiederai: e che ci facevi tu? Me lo chiedevo anch’io, fino a che non hanno messo “Let me go” degli Heaven 17 e la festa è diventata molto anni Ottanta. Ho aspettato un po’ per vedere se passava anche “Paninaro” dei Pet Shop Boys, ma niente. E allora sono andato a dormire (un po’ come Furio Colombo).

Caro Luca, qui a New York è uscito il nuovo libro di Ann Coulter, una specie di Fallaci americana quanto a pensiero sull’Islam. Dopo l’11 settembre del 2001 fu cacciata da un giornale di destra perché aveva suggerito un piano semplice semplice a George Bush: “Invadi i loro paesi, uccidi i loro leader, converti i loro popoli”. Il titolo del nuovo libro della stangona Ann è “Come parlare con un liberal di sinistra (se devi)”. La ragazza è una disgrazia, ma la sua prima riga è fulminante: “Storicamente il modo migliore di convertire un liberal di sinistra è che lasci la casa dei genitori, trovi un lavoro e cominci a pagare le tasse”.

Caro Christian, sarà fulminante, ma è una fesseria: altrimenti saremmo tutti di destra fuorchè i disoccupati, gli evasori e i mammoni. Io invece sto leggendo “Ask the pilot”, la raccolta delle rubriche tenute su Salon da Patrick Smith. Lui è un pilota di voli di linea che risponde alle domande dei lettori, tipo “Cosa succede se un uccello sbatte su un aereo in volo?, “Chi inventa le sigle degli aeroporti?” o “Perché non si vedono comandanti donne?”. Io voglio scrivergli per sapere come mai all’aeroporto mi ritirano le forbicine da unghie e poi in aereo mi servono il pranzo con i coltelli e le forchette di metallo. E poi ho una teoria sull’aria condizionata: secondo me c’è dentro qualcosa. Come mai appena decolliamo io mi addormento?

Caro Luca, c’è che il nuovo disco dei Rem non mi piace, e non perché si siano messi a fare politica, figuriamoci. Fosse per questo non potrei più ascoltare niente, se non il country del Tennessee e l’inno dei marines. Il punto è che Around the Sun è un disco abbastanza inutile, tranne che per un paio di canzoni come Leaving New York e Final Straw. Un tempo i Rem erano noti perché ogni loro nuovo disco era migliore del precedente. A loro non si applicava la regola del “noperchécioè-mi-piacciono-i-primi-dischi-poi-sono-diventati-commerciali”. Ovviamente Around the Sun non mi piace relativamente ai Rem, non alle cose che voi conduttori radiofonici fate ascoltare alla povera gente.

Caro Christian, intanto io faccio ascoltare ottima musica, compatibilmente con le avvedute logiche di un’azienda come la Rai. Tu a quell’ora dormi, quindi che ne sai? E poi io ormai confido sugli U2, per il genere grandi-attese-dell’autunno. Se devo dirla tutto, confido anche sulla cattura di bin Laden: se lo prendono sono contento; se non lo prendono sarà divertente vedere come se la cavano tutti quelli che da mesi annunciano sapientoni che alla vigilia delle elezioni americane cattureranno bin Laden. Oh, magari hanno ragione: hai visto mai.

Caro Luca, Bin Laden è morto. Comunque sai che il disco dei Rem è bello? Non sono matto, dico sul serio (sia su Osama sia sui Rem). Ogni tanto capita che ai primi ascolti un disco mi sembra orribile, poi mi piace qualche canzone, infine non riesco più a staccarmene. Mi successe anche con il secondo disco dei Coldplay e con George W. Bush. Mi capita meno con i film, intanto perché mi rifiuto di vederli una seconda volta, poi perché mi distraggo. L’altro giorno, per esempio, ho visto Collateral con un Tom Cruise improponibile (col pizzetto pare Stefano Tacconi all’Isola dei Famosi). Dicono che il film sia molto bello, un noir losangelino, mah. Io mi sono annoiato. E mi sono concentrato sul signore seduto davanti a me. Era uno dei miei idoli: Pat Metheny. Abbiamo gli stessi gusti, ho pensato. Solo che lui mangiava un bidone di popcorn. Come si fa a essere un genio del jazz e mangiare i popcorn?

Caro Christian, Collateral è molto bello.

Ottobre 2004

Caro Christian, mentre è finalmente uscito il nuovo cd dei Tears for Fears delle cui traversie avevamo parlato due mesi fa, ripenso a quel loro vecchio verso che diceva “kick out the Style, bring back the Jam”, che da giovane mi offendeva sempre un po’. Io non ero di quei duri e puri che pensavano che il miglior Paul Weller fosse quello rock dei Jam, e anzi per ragioni anagrafiche andavo matto per gli Style Council (ho ancora un’invidiabile collezione di diciotto loro EP in vinile). Di conseguenza plaudo alla decisione di Paul Weller di tenersi ancora sul melodico nel suo nuovo disco tutto di covers, che si chiude ambiziosamente nienetpopodimeno che con “birds” di Neil Young. When you see me fly away beside you…

Caro Luca, non so di cosa tu stia parlando, “come on, I’m talking to you, come on”. Il rock di Paul Weller non è mai stato rock vero, piuttosto una specie di “glam rock”, da glamour, insomma un rock fighetto mentre i Consiglio di Stile sembrano più una rubrica di Panorama che un gruppo musicale. Comunque qui in America va forte l’uso del verbo to rock, che vuol dire dondolarsi ma in maniera figa, alla maniera di Elvis Presley. Ti ricordi quando Elvis the Pelvis faceva la mossa? “Elvis rocks”, si diceva ai tempi. Mentre ora sono i fan del partito di Bush, i repubblicani, a scriverlo nei cartelli elettorali a proposito del vicepresidente Dick Cheney: “Cheney rocks”. Nonostante sia nato sulle Rocky Mountains del Wyoming, avresti mai pensato che per qualcuno, Bush a parte, Cheney fosse un figaccione? Be’, io no (e non dire perché mi chiamo Rock).

Caro Christian, no, non lo avevo pensato: anzi, vedo che molti sostengono che porti sfiga a tutti quelli con cui ha collaborato, ma queste sono maldicenze. In fondo sarà un brav’uomo anche lui, come Darth Vader. Comunque, alla seconda pagina di questo libro che sto leggendo c’è uno che dice “Voglio assassinare il presidente”: è un libro tutto di dialogo tra sole due persone e ne avevo letto molto bene sull’Economist. Si chiama “Checkpoint”. Non so ancora se alla fine ce la farà, ma dubito: questo presidente è troppo scemo per farsi assassinare.

Caro Luca, è uscito finalmente in cd “The name of this band is Talking Heads”, uno dei dischi più belli del gruppo di David Byrne. E’ un live del 1982. Lo intitolarono così perché Byrne cominciò il concerto dicendo proprio “il nome di questo gruppo è Talking Heads”. Per noi è una stranezza, ma gli americani sono fatti così: si presentano sempre. Spesso non fai a tempo a dire il tuo nome che, zac, ti ammollano il biglietto da visita. Capisco che sia cortese, ma se uno va al concerto dei Talking Heads si presume che sappia che quel gruppo si chiama Talking Heads, no? Pare di no. Anche in politica funziona così. Alla convention di Boston, John Kerry ha iniziato il suo discorso dicendo: “Mi chiamo John Kerry”. Ma va? In realtà, portandosi la mano destra sulla fronte, ha aggiunto anche “reporting for duty” cioè “a rapporto”, come si dice in caserma. Forse, però, in quel caso Kerry ha fatto bene a persentarsi con nome e cognome: sai, “a rapporto” più il saluto militare, qualcuno avrebbe potuto scambiarlo per Bush.

Caro Christian, me lo ricordo quel disco: c’era una fantastica versione di Psycho Killer (faffà faffafa…). Ti ricordi di quella ridicola cover fatta da gente vestita da pollo che si chiamava Psycho Chicken? E soprattutto, dimmi una cosa: anche a New York è pieno di pirla che hanno scritto “narcotraffico” sulla maglietta o li mandate a Guantanamo?

Caro Luca, qui ho visto le seguenti magliette: Bin Laden-Bush 2 a 0; Chi vota Bush vota Bin Laden; Fuck Bush – Kuck Ferry; Bush guerrafondaio; Bush criminale di guerra; Bush terrorista; Bush bugiardo; Gioventù rivoluzionaria comunista contro Bush. Poi, per fortuna, c’è l’America vera.

Settembre 2004

Caro Christian, il mio arrivo a San Francisco è stato traumatico. In tv c'era il debutto del nuovo talkshow di John McEnroe. C'erano molta attesa e perplessità sul fatto che gli avessero dato un programma suo, e le perplessità erano ben riposte: si è presentato con una camicia terrificante, nera con delle grosse croci colorate sparpagliate un po' ovunque, ed è stato piuttosto impacciato tutta la sera. Gli ha rubato la scena Will Farrell, attore comico molto popolare quaggiù, che ha presentato il suo film appena uscito, "The Anchorman", ambientato nell'America anni Settanta, pieno di pantaloni a campana, baffoni e cose così. La notte ho sognato la camicia di McEnroe.

Caro Luca, già che sei a San Francisco vedi di passare da Sacramento (non è una delle solite sconcezze in bocca a Tex Willer, è la capitale della California). Chiedi in giro di Arnold Schwarzenegger. Un anno fa la sinistra californiana inorridiva al solo pensiero che Terminator fosse diventato il loro governatore, un po' come noi con Formigoneggher. Ora invece ne sono entusiasti, destra e sinistra, tutti quanti. I suoi ex colleghi di Hollywood, la congrega più di sinistra del pianeta dopo la tribuna centrale dell'Inter, aveva deciso di non rivolgergli più la parola. Con la destra repubblicana, mai. Danny De Vito e Clint Eastwood, invece, sono stati con lui fin dall'inizio, magari Schwarzy ora li fa assessori. Il suo cruccio però è che non potrà mai diventare presidente degli Stati Uniti, perché è nato all'estero, in Austria, dove le caprette ti fanno ciao.

Caro Christian, qua tutti dicono che una modifica costituzionale per Schwarzenegger si troverà. Ma la sua popolarità ha subito dei colpi, perché dopo tante belle parole ha avuto molti problemi a fare approvare il suo bilancio, molto criticato a destra e a manca. A Sacramento non sono ancora andato, ma ho fatto un pellegrinaggio a Santa Rosa, dove ha vissuto gran parte della sua vita Charles Schulz, e c'è pure un museo di Snoopy. Al cinema di Santa Rosa ho visto il film di Michael Moore, che è noioso e bruttino, ma piuttosto efficace: Bush ne esce come un vero deficiente, cosa che non credo sia così lontana dal vero. Io sono abbastanza d'accordo con Pete Townshend, comunque. Ha litigato con Moore per l'utilizzo di una sua canzone nel film, e ha concluso che Moore e Bush hanno modi assai simili. Sono stato anche a Bodega Bay, che è dove Hitchcock ha girato "Gli uccelli": c'è la scuola, ma del bar sul moletto nessuna traccia

Caro Luca, potenza di nosubject: mi ha scritto Mark J. Petracca. Non ti preoccupare, neanch'io avevo idea di chi fosse. MJP dice di avermi scovato su Google. Ha trovato nel nostro scambio di e-mail una mia segnalazione di un suo disco che avrei definito il miglior cd del 2002. Solo che io non ho nessun disco di Mark J. Petracca. Dopo un po' ho scoperto che Mark J. In arte si fa chiamare Dusty Wright. Bene, gli ho detto io. Solo che io l'unico Dusty o Dust che mi ricordi è quello in the wind che cantavano i Kansas. Insomma alla fine ho capito che il tipo, peraltro di origini abruzzesi, è il leader di uno sconosciuto gruppo che si chiama Giantfingers. In effetti era un disco bellissimo quello, una specie di country però newyorchese, un po' come i Lambchop oppure gli Sparklehorse, lento, palloccoloso ma con quel fuoco metropolitano che solo i Talking Heads. Insomma, mi hai capito. Bene, Mark J. Petracca in arte Dusty Wind ora ha fatto un disco solistico e stavolta è un country come lo canterebbe David Bowie. Lui ora si definisce "un cowboy metafisico", non so che cosa voglia dire, però mi ha mandato il disco con dedica.

Caro Christian, potenza per potenza, qualche giorno fa mentre attraversavo le strade di San Francisco mi è passato di fronte un tram dell'ATM. Un tram milanese arancione, paro paro, cioè. Mi sono stropicciato gli occhi, poi mi hanno spiegato che la città ha raccolto vecchi tram in giro per il mondo e li usa regolarmente sulle sue linee urbane. Una specie di museo circolante. Adesso ho incrociato i tram dell'ATM già quattro volte, e mi sento molto a casa. In tema di trasporti, ieri ho visto "The terminal", che è appena carino, e nulla più. Ora vado a mettermi la camicia a fiori, che stasera al Café du Nord c'è il concerto di Donovan. Giuro.

Caro Luca, anch'io ti devo lasciare. E' appena cominciata la convention del partito repubblicano qui a New York. Al Madison Square Garden. C'è Bush, c'è Condoleezza, c'è Rumsfeld, c'è Schwarzy. Mi sento un piccolo giornalista metafisico come Danny DeVito.

Agosto 2004

Caro Christian, sul film di Michael Moore sorvolerei, per ora. Non mi pare corretto sostenere che quell’uomo sia un demagogo trombone mistificatore paraculo e bugiardo prima di aver visto il film. Com’è quella battuta di Christopher Hitchens sul suo successo presso gli europei? Comunque sto partendo per la west coast: a parte portarmi i classici degli Eagles, hai dei suggerimenti?

Caro Luca, Hitchens, un simpatico e geniale avvinazzato inglese, dice che gli europei considerano gli americani grassi, volgari, avidi, stupidi, ambiziosi, ignoranti e così via. Per questo, come rappresentante del loro americano ideale hanno scelto qualcuno che abbia tutte quelle caratteristiche insieme: l’imbroglione Moore, appunto. Sai che anche Spike Lee presenterà a Venezia un film anti Bush? Invece di concentrarsi sui festival, perché non provano a vincere le elezioni? Ah, dimenticavo. Credo che lì sulla west coast stia Heidi Julavits, l’amica scrittrice di Dave Eggers. In Italia è uscito il suo libro che si intitola “L’effetto di vivere al contrario”, un po’ come mi sento io quando ascolto quell’insopportabile gnagenera denominata musica della costa occidentale.

Caro Christian, poche battute: loro stanno esattamente provando a vincere le elezioni. Hanno visto che dire balle in tv ha funzionato in Italia e loro che sono americani ed esagerati le dicono al cinema. In realtà il meccanismo è quello di The passion: annuncia che mostrerai solo la verità dei fatti alludendo al fatto che di solito sia occultata, indica un complotto di cattivi, sostieni che il tuo film sia discriminato (dai critici, dalla distribuzione, dagli intellettuali, quel che vuoi), e una folla di fanatici convinti di uscire dalle catacombe la troverai sempre. Forse potremmo fare un film sostenendo che Del Piero è un grande campione ma i romanisti gli segano i tacchetti. Su Heidi Julavits mi sono preparato: il libro è un po’ discontinuo, ma lei si inventa storie e personaggi come pochi. La parte che mi piace di più è quella in cui gli ex ostaggi di un dirottamento durato un anno e mezzo attraverso decine di spostamenti e scali fanno causa alla compagnia aerea e ottengono che vengano loro riconosciute una montagna di Millemiglia. Ti ho detto che sulla west coast ci vado con le Millemiglia?

Caro Luca, se si parla di cose serie allora divento serio. Io non sopporto Del Piero, credo che lui e chi lo teneva in campo abbia fatto perdere alla Juventus due scudetti consecutivi. Ma lo difendo, come difendo Bush. Io credo davvero che sia un grande campione, Del Piero non Bush. E’ stato formidabile per anni. Poi dopo due campionati inguardabili è tornato a essere molto bravo, sia l’anno scorso sia due anni fa. Risultato: 2 scudetti e una finale di Champions. Quando sta male, e ci sta spesso, è imbarazzante. Ok, basta sostituirlo e non insistere. Quest’anno, all’inizio è stato efficace, poi si è infortunato e stop. Dicono che abbia fatto perdere alla Nazionale 2 mondiali e 2 europei. Non è vero. Intanto questa volta ci siamo qualificati per merito suo, poi ha giocato molto male solo ai mondiali francesi, al termine di una stagione strepitosa conclusa con un infortunio nella finale di Coppa che lo ha condizionato. In Olanda era riserva, in Corea era riserva, anzi è stato lui a segnare il gol della qualificazione contro il Messico. Con la Corea siamo stati in vantaggio fin quando è rimasto in campo, poi il Trap l’ha sostituito con Gattuso e le abbiamo prese. Per capirci: è uno che accumula molti punti Millemiglia, poi viaggia gratis per un po’. Ma è estate, dimmi qualcosa di leggero: lì, di fronte all’oceano, quale romanzo sperimentale americano in lingua originale stai leggendo?

Caro Christian, per ora sono ancora agli imbarchi di Malpensa e sto leggendo il nuovo libro di Alex Garland, quello di The Beach, che ho comprato su Amazon. Appena arrivo a San Francisco, mi precipito da City Lights come ogni turista che si rispetti (a proposito, lo sapevi che Neal Cassady è morto contando le traversine dei binari, in Messico?), e poi ti faccio sapere.

Caro Luca, come ha detto il Trap, per eccellere nella conta delle traversine ci vorrebbe la pazienza di…: “dài come si chiama quel santo con la barba lunga fino ai piedi? Mosè. No, non Mosè: Noè. Mosè era un altro. Infatti si dice la barba di Noè”. Già mi manca, il Trap.

Luglio 2004

Caro Christian, la storia del nuovo disco dei Tears for fears è notevole. Riassumo: dopo essere stati uno dei simboli della musica inglese degli anni Ottanta, aver fatto tre ottimi dischi e un superbotto americano con Shout, i due Tears for Fears litigano e si separano malamente. Poi, l’anno scorso, annunciano un nuovo disco assieme, dopo quindici anni: prima per l’autunno, poi per primavera, poi per maggio. A maggio escono le recensioni in tutto il mondo, le canzoni si trovano su internet, le radio ricevono il promo del singolo e cominciano a trasmetterlo. Però adesso siamo a giugno e il disco non è nei negozi, e nessuno ne sa niente. Pare ci sia stata una questione “legale”, o che ha a che fare con il “management”, ma niente di più chiaro. Il disco, tra l’altro, non è niente male: molto tearsforfears.

Caro Luca, mi interrogo da settimane su uno dei miei sex symbol di riferimento: Alanis Morissette. La musica del suo ultimo disco è come sempre uguale, e vabbè. I testi, però, sono apparentemente diversi. Fin qui lei interpretava la ragazzina innamorata e perversa, trattata male dai suoi malvagi e insensibili fidanzati fedigrafi. Una sfigata, insomma. Ma nuovo disco, nuova vita. Il cd, infatti, inizia con una specie seduta psicologica collettiva, tipo alcolisti anonimi, con cui Alanis stabilisce il percorso, gli otto facili passi del titolo, per riottenere fiducia in se stessa. Con la seconda canzone spiega che l’unico modo di uscirne è far scorrere le cose, passarci sopra. Alla terza dice che è meglio raccontarsi delle scuse tipo “sono troppo intelligente, ecco perché lui non mi capisce”. Alla quarta il suo fidanzato gliene fa di tutti i colori, ma lei dice che in fondo non è importante, che non gliene frega niente, anche se nel titolo ammette che “tuttavia protesto troppo”. Il cedimento sta arrivando. Alla quinta canzone siamo già a “you are a vision who lives by the signals of stomach”, cioè alle farfalle nello stomaco. Alla sesta è già andata, comincia ad addossarsi la colpa: “Non è tutta colpa mia”. Alle settima è in preda al delirio e vorrebbe “correre nuda per strada”. All’ottava si fa prendere da “questa invidia” per quell’altra che, evidentemente, le ha rubato il fidanzato. Alla nona, ha rotto gli argini e torna come ai bei tempi dicendo che sarà “servile e senza spina dorsale”, che “leccherà i suoi stivali”, che non esprimerà “nessuna opinione” e che resterà “in silenzio”. Non è meravigliosa?

Caro Christian, isn’t it ironic? Per risponderti mi ero preparato bene sull’Australia, poi mi sono ricordato che Alanis è canadese. Ma ormai il lavoro è fatto: ho letto questo bel libro sull’Australia di John Pilger, quel giornalista estremista di sinistra che tu legittimamente mal tolleri. Ma qui non parla di politica, racconta l’Australia (oddio, non è che parli solo dei capoluoghi e degli affluenti). Mi ha fatto venire voglia di andare, quest’estate, ma è venuto fuori che down under fa freddino, d’estate. E andare a vedere Ayers Rock e la barriera corallina senza scendere fino a Sydney, mi pare una fesseria. Se ne parla a capodanno.

Caro Luca, sono australiani gli Ac/Dc e gli Inxs, ma a me piacevano i Men at work, quel gruppo tipo Dire Straits però sfigati che cantava “Who can it be now?”, e i Church, quel gruppo tipo Cure però sfigati che cantava “Under the milky way”. Vabbé, mi sento come quei sessantottini che stanno sempre lì a rimembrare il passato. Io, però, nel 1968, ci sono nato. Ed è stato un bel nascere perché tutti parlano sempre di chissà quali casini che sarebbero scoppiati per segnalare il mio avvento. Figurati che nel mio caso c’è pure stato il terremoto del Belice. (Noi sessantottini di nascita siamo più megalomani di quelli di professione). Ora è pure uscito un enorme libro scritto da un giornalista americano pazzo, Mark Kurlansky, uno che ha già fatto una storia del merluzzo, sì del merluzzo, e una storia del sale, sì del sale. Ha provato tutti i tipi di sale del mondo, pare che il migliore sia prodotto in un’isoletta del Giappone. Per scrivere il libro sul 68, s’è letto la collezione annuale di tre quotidiani americani, due francesi, due tedeschi più tre o quattro settimanali. Pare non abbia consultato il Giornale di Sicilia.

Caro Christian, e i Bee Gees dove li metti? A te l’America ti obnubila.

Caro Luca, a Washington non si parla d’altro che di una gaffe di Condoleezza Rice. A una cena ha detto questa frase: “Come stavo dicendo a mio marit...”. Poi si è fermata, e si è corretta: “Come stavo dicendo al presidente Bush”. Nessuno crede davvero che Bush e Rice stiano insieme, né che lei abbia un marito segreto. Ora che ripassi sulla copertina di Novella, vedi saperne di più.

Giugno 2004

Caro Christian, l’altro giorno mi sono distratto un attimo – colpa d’Alfredo – e sono sentrato in un negozio di sport. Stavo per comprarmi una felpa con le scritte piuttosto figa, quando mi sono ripreso e con un colpo di reni mi sono scaraventato fuori. È che un mio amico mi ha dato questa linea, sul come ci si deve vestire nell’età di mezzo: mai mettersi qualcosa che a vent’anni avremmo considerato ridicolo e da vecchi, e mai mettersi qualcosa che consideremo ridicolo e da ragazzini quando avremo sessant’anni. Bisogna stare attentissimi: basta un niente e ti trovi con la bandana in testa e il borsello.

Caro Luca, è sufficiente guardare un calciatore a riposo per capire come non bisogna vestirsi. Da tempo mi chiedo però che cosa siano quegli strani cerottini che taluni di loro si mettono sui lobi dell’orecchio? Ne sai qualcosa? Questo, comunque, è il mese delle europee e degli europei. Non credo che vincerò né le une né gli altri, ma mi è venuta un’idea. Usiamo le pagine di GQ per fare un po’ di politica, sai mai che alle prossime elezioni non ci diano un seggio come a Gruber e Santoro (e Gruber e Santoro, qui, al nostro posto, a scambiarsi mail). Io voterò per i radicali in qualunque travestimento si presentino, ma stavolta ho un dubbio angoscioso. Vorrei mandare Lilli a Bruxelles e finalmente ritirare le sue trousses da Baghdad.

Caro Christian, sulle trousses sto consultando un dizionario, poi ti faccio sapere. Quanto alle dichiarazioni di voto, io da anni voto solo amici e parenti: diffido di chiunque altro. Se non ho amici o parenti in lista, non voto. Poi non capisco le circoscrizioni e non mi ricordo se devo votare a Porta Venezia o a Quarto oggiaro. Su Quarto Oggiaro ho appena visto però un bel film che si chiama Fame Chimica, una via di mezzo tra Spike Lee e il Tempo delle Mele (lo so che suona da pazzi, l’ho scritto apposta). Ho chiesto ai registi perché la cartolina pubblicitaria del film fosse fustellata in tanti rettangolini da strappare. Mi hanno guardato sogghignando. “Per fare i filtrini”. Sono sempre l’ultimo a sapere le cose.

Caro Luca, tranquillo, il tuo girone alle europee va da ventimiglia a venezia, non puoi sbagliare. A proposito, l’altro giorno mentre leggevo il nuovo stupendo libro di Bernard Lewis sulla crisi dell’Islam che potresti leggere anche tu (e senza l’uso del dizionario!), mi ha chiamato il tuo ex compare a radiorai, Michele Boroni. Era trafelato. Non aveva dormito la notte perché non riusciva a ricordare come si dicesse “marinare la scuola” in siciliano. Pare abbia passato una serata tra amici a ricostruire la mappa geografica del come si dice qui e come si dice lì, versione metropolitana del noto gioco per cretini noto come “nome, cose, animali”. Il think tank di Boroni ha concluso che il modo più idiota di dire marinare è il milanese “bigiare”. Era, invece, orgoglioso del modo in cui si dice a Livorno. Io gli ho detto che a Messina si dice “fare vela” (non chiedermi perché), a Palermo “me la sono buttata” (dove, di grazia?), mentre dalle mie parti, cioè ad Alcamo, Trapani, si dice “fare Sicilia”, che spiega my country molto più di qualsiasi trattato sociologico.

Caro Christian, per prossimità geografica oso sospettare che a Livorno si dica “bucare”, come a Pisa. Ma quasi mi dimenticavo di dirti che ho sentito il disco nuovo dei Wilco, di cui tu eri un grande fan, mi pare. Esce il 22 giugno e secondo me è bello bello. E leggo sul loro sito che suoneranno a Brescia il 29. Ma tu sarai a Formentera, con la bandana e le chiavi al collo, immagino.

Caro Luca, non ti dimenticare di spedire una cartolina da una delle prossime copertine di Novella 2000, mi raccomando. Formentera, come dicevano i King Crimson, sarà my lady dark lover solo a luglio. Starò tranquillino a casa, dunque. Ascolterò il disco dei Bad Plus, che suonano il jazz come lo avrebbero suonato i Nirvana e finirò di leggere “Zuckerman scatenato” di Philip Roth. David Byrne, nel frattempo, ha ribadito che “Creuza de ma” di De Andrè è uno dei migliori dischi degli ultimi trenta anni. E’ vero. Ma glielo mandi tu Zerolandia?

Maggio 2004

Caro Christian, tu non sai quanti alibi alla regressione infantile – come se ce ne mancassero – siano offerti dal mettersi in casa dei bambini ulteriori. La mia è una dritta, avvisato. Dopo aver ricomprato tutta la serie di Lucky Luke e aver organizzato visioni familiari di Butch Cassidy, adesso ho scoperto che sono stati ripubblicati in Italia i libri dei Moomin, una specie di Barbapapà finlandesi (Odino mi fulmini per questa definizione) il cui culto mi fu tramandato dalla zia di turno. Tra l’altro, allora la cultura scandinava prevaleva, tra Vacanze all’isola dei gabbiani ed Emil: altro che questi dannati musi gialli. Se trovo un Pokemon per strada, lo schiaccio con la macchina.

Caro Luca, non so di cosa tu stia parlando, la mia è una dritta – avvisato. Peraltro mi avevi detto che il nuovo disco di David Byrne è bellissimo, e invece è così così, c’è qualche bella canzone, molte insignificanti e un paio dove canta in un italiano imbarazzante una romanza di Giuseppe Verdi. Sembra Bocelli. Capisco che tu ti sia emozianato al secondo brano, ma quello è un pezzo dei Lambchop. Ti consiglio, invece, un altro disco di Byrne, quello di un paio di mesi fa. E’ la colonna sonora del film Young Adam (di cui non so niente), ma la musica è fantastica, ci sono i Delgados e i Mogwai
Ah, ultima notizia: a settembre inizia il farewell tour del tuo amico Phil Collins, il curatore fallimentare della musica dei Genesis. Io vado. Se lo trovo per strada, lo schiaccio con un yellow cab.

Caro Christian, dissento. Il disco di Byrne è molto bello, e la sua performance su “Un dì, felice, eterea, mi balenaste innante…” meno peggio di Mick Jagger quando cantava “Con le mie lacrime” o di “Ragazzo solo, ragazza sola” di Bowie. Invece del cab, là dove sei, vedi se c’è un ferry che ti porti a Hart Island, che sta tra il Bronx e Long Island. È un posto spettrale e affascinante, un’isoletta che fu carcere, cimitero, ospedale, e ora è una specie di reliquiario abbandonato dei suoi tempi che furono e dei dimenticati che la abitarono. L’avevano usata per un film di qualche anno fa con Michael Douglas, e ho scoperto un bel libro che la racconta a una mostra londinese di un fotografo che si chiama Joel Sternfeld. Va’, e scrivine per GQ.

Caro Luca, non posso. Mi è capitata una cosa e da allora non riesco più a uscire dal mio quartiere senza prendere le dovute precauzioni. Ti spiego. Ho comprato una radio sveglia Tivoli, una figata pazzesca, pur sapendo che in Italia non la potrò far funzionare per il diverso sistema elettrico che c’è qui. Allora ho comprato un trasformatore, o come diavolo si chiama, che converte i 120 volt in 220 volt o viceversa. Non ci capisco niente, e infatti l’ho comprato sbagliato. Ma non è questo il motivo per cui non esco più dal quartiere. Il motivo è che la garanzia di 90 giorni del convertitore “non copre i danni o i mancati funzionamenti causati da atti di Dio”. Testuale. E’ una disdetta, specie se la notizia giungesse all’orecchio di Mel Taleban Gibson. A proposito, ci sono novità sulla passione tra Katia & Carolina?

Caro Christian, non per buttarti giù, ma guarda che le radio Tivoli le vendono pure in Italia da un pezzo. Ce l’ha perfino Gad Lerner, a casa. Di Katia e Carolina non so, il Grande Fratello non è più di culto presso noi raffinati intellettuali da quando tu hai smesso di scriverne sul Foglio. Ho ripiegato sulla lettura dell’ultimo Grisham, ennesimamente ricalcato sui precedenti ed ennesimamente avvincente. Stavolta c’è solo una caduta in più: per raccontare di immigrati italiani in Tennessee l’autore si è informato male, e così ha battezzato una ragazza Carlota, con una ti sola. Ma questo è il meno, il peggio è Nicola: una signora arrivata laggiù da Bologna, con questo tipico nome da signora italiana. Intanto, ho scoperto che Hart Island è off limits al pubblico: ma tu di’ che sei di GQ.

Caro Luca, l’altro giorno sul New York Times c’erano due pagine sul cheese cake, il dolce che gli ebrei in fuga da Hitler esportarono in America (sono certo che se gli israeliani bombardassero i palestinesi di cheese cake, quelli col cavolo che avrebbero ancora voglia di Generale kamikaze). Le migliori si trovano a Brooklyn ma io sono andato da Strip House, un ex bordello che oggi è un meraviglioso ristorante coi velluti rossi, la luce bassa e le foto delle donnine nude degli anni Trenta. Immaginati una steak house gestita da Giampiero Mughini e capirai. La fetta di cheese cake era alta 13 centimetri, larga 9 e batteva bandiera libanese. Ne ho mangiato fino allo sfinimento, poi mi sono fatto preparare una doggy bag e l’ho portata a casa con il taxi. L’indomani è stata il mio pranzo, poi il mio dolce per cena. Due giorni dopo ci ho pranzato ancora. Ora, sshh, che sta riposando.

Aprile 2004

Caro Christian, ho finalmente scoperto che differenza c’è tra Ulisse e Freccia Alata. Non sono ubriaco, sono i nomi delle due classi di frequent flyers di Alitalia, quelli che siccome sono clienti abituali li dovrebbero trattare meglio. Morale: si diventa Ulisse con cinquantamila miglia e Freccia Alata con settantacinquemila, tipo il Gran Mogol delle Giovani marmotte (io ero Governatore del Club di Topolino, comunque). Nessuna delle due classi però ti permette di avere un posto senza che il cafone del posto davanti ti si reclini sulle ginocchia appena decollato. E poi mi avanza una manciata di miglia di American Airlines che ci ho viaggiato una volta sola e ora vorrei barattarle con qualcos’altro, che so, un pacchetto di salatini, una mascherina per dormire.

Caro Luca, qui in America come sai si parla molto di matrimoni tra gay, e sia Bush sia il suo sfidante Kerry sono contrari. La battaglia si è spostata all’Onu, dove si è costituita un’associazione che si chiama GLOBE, cioè Gay Lesbian or Transgender Employers, cioè impiegati gay, lesbiche e transessuali che chiedono uguali diritti e altrettante facilitazioni per i matrimoni gay. Ma non nel mondo, stai attento, piuttosto per gli impiegati dell’Onu. I paesi arabi si sono opposti, quindi niente incentivi ai membri del simpatico Globe. Avresti mai pensato che un transessuale potesse fare il dirigente all’Onu? Comunque dentro il Palazzo di Vetro, che è parecchio brutto, hanno appena finito di girare un film di Sydney Pollack. E’ la prima volta che il palazzo viene aperto a una produzione cinematografica, ai paesi arabi evidentemente non dispiacciono né le meraviglie di Nicole Kidman né le idee poltiche di Sean Penn.

Caro Christian, Sydney Pollack per me numero uno. Nel frattempo ho trovato questo sito dedicato solo ai fanatici delle Millemiglia di tutte le compagnie, si chiama Webflyer: ho scoperto che c’è gente che si fa certi Boston-Tokyo e ritorno in superofferta solo per portarsi a casa le miglia, e ci guadagna. Si vendono l’anima, per dirla con William Gibson, che nel suo ultimo romanzo sostiene che il jet-lag non è altro che la tua anima che rimane per strada e ha bisogno di un po’ di tempo per raggiungerti (l’anima non può andare così veloce, capirai).

Caro Luca, hai presente quel giornalista imbroglione che copiava gli articoli e si inventava gli scoop? No, non quello italiano. Dico Jayson Blair, del New York Times. L’anno scorso le sue magagne fecero scandalo e il direttore del più grande giornale del mondo fu costretto a dimettersi. Ora ha scritto un libro dove racconta tutta la verità e dice che ha mentito, mentito, poi ancora mentito. Tu gli credi? E’ il paradosso del bugiardo, come si fa a credere a uno che dice di aver sempre mentito? Avessi la sua faccia tosta copierei a piene mani un libro di tal Kyle Smith che si intitola Love Monkey. E’ una specie di Sex and the City al maschile, pieno di fidanzamenti, party, marche, musica, ristoranti e luoghi di Manhattan. Il protagonista è un giornalista di tabloid e dice una battuta che al di là dell’Atlantico capiamo solo tu e io. Dice, infatti, di essere bassino e che l’unico modo per definirlo alto (tall) è quello di trasformarlo in una bevanda di Starbucks. Hai riso?

Caro Christian, sono qui che mi rotolo per terra. Sono appena stato nel primo Starbucks francese, aperto qualche settimana fa a cento metri dall’Opera, a Parigi. Ti dirò che il chocolate brownie non è ancora all’altezza, ma era domenica mattina e c’era lo stesso una fila di trentuno persone ad aspettare il proprio frappuccino. Mezze intontite, confortably numb, come dice la canzone. Hai sentito la versione dance degli Scissor Sisters? Il cd è molto divertente, indefinibile, incasinato, fantasioso e dalle foto loro sembrano una via di mezzo tra i Village People e i Kajagoogoo. Se li incontri, sono newyorkesi, stagli addosso.

Caro Luca, come annunciato sono andato a vedere Starsky e Hutch in un cinema di Union Square, accanto a me c’era seduto Michael Moore col regolare cappellino da baseball. Ora immaginati un regista intellettuale e impegnato italiano che a) porti il cappellino da baseball; b) vada a vedere il remake di un telefilm anni Settanta. Esiste? Credo di no. Il film fa molto ridere, alla fine compaiono i due originali S&H, ma la vera chicca è l’uscita in dvd dell’intera prima serie. Non andare a vedere, invece, Hidalgo: è un film western-eastern di indiani e tanti tanti cavalli. L’attore è Viggo Mortensen, l’unico membro del cast del Signore degli Anelli a non aver vinto un Oscar. In effetti, meglio di lui recita Hidalgo, che è il cavallo del west che beve solo caffè per mantenere il suo pelo il più nero che c’è.

Marzo 2004

Caro Christian, mi sono sempre chiesto perché gli americani chiamino le automobili con l’anno di produzione. Una Buick del ’59, una Cadillac del ’66, eccetera. E soprattutto mi sono sempre chiesto: come accidenti fanno a sapere di che anno sono, la Buick e la Cadillac, eccetera? Adesso mi hanno spiegato che di solito le macchine americane non sono note con un nome di modello (e questo mostrerebbe la grande civiltà di quel popolo: niente Tipo, niente Duna, niente Vito e niente Touareg), ma con l’anno di uscita del modello. Anche se io mi ricordo una meravigliosa Ford Torino con i riporti in legno. Ma ancora devo capire: come si distingue una Buick del ’59 da una del ’58? Tu hai imparato, o sai solo distinguere un neocon del ’39 da uno del ’41 (che è altrettanto difficile: i neocon si assomigliano tutti).

Caro Luca, ho imparato un’altra cosa l’altro giorno in Carolina del sud. Sono andato in un posto che sia chiama Charleston, come il ballo, dove tutti hanno strani pick up scassati e capelli lunghi con i riccioli, insomma un ceppo etnico a metà strada tra i ZZ Top e Bo and Luke del telefilm Hazzard, la cui macchina, ti ricordo, si chiamava Generale Lee ed era una Dodge Charger del 1969 (a proposito di telefilm mito: qui è appena uscito un film tratto da Starsky e Hutch). Insomma, in questa landa disperata dove va ancora molto forte la bandiera sudista ho scoperto che i pomodori verdi fritti, come quelli del film, esistono davvero. Li ho ordinati, li ho mangiati e, infine, li ho vomitati alla fermata del treno.

Caro Christian, ripulisciti che ho trovato la ragazza per te. Intanto è israeliana. Poi è cosmopolita. Suo padre è russo e sua madre è di Giava. Adesso abita a Parigi. Sa suonare la chitarra, l’armonica e il clarinetto. Ha fatto un cd bello assai. Si chiama Keren Ann e ha trent’anni. Lo so che penserai che è uno di quei fittoni che vengono a me per le ragazze francesi sui trenta con le vocette angeliche e la chitarra, e le canzoni sonnolente, tipo Carla Bruni. Ma io sono già fidanzato. Anche tu, d’accordo. Lasciamo stare. Tanto non ci si sarebbe filata nemmeno, a noialtri di provincia.

Caro Luca, il punto è che noialtri di provincia siamo convinti che gli altri siano più fighi di noi. Non è vero. L’altro giorno, a New York, sono entrato in un negozio di telefonini per ricaricare la scheda del mio cellulare americano. A un certo punto è entrato un tizio capellone che aveva problemi con la sua batteria (seguimi: con la batteria). Ha confabulato con il commesso, si è girato e mi sono accorto che era Pat Metheny. Ora, vedere il più grande chitarrista del mondo con un problema al telefonino, come l’ultimo dei provinciali, fa già molta impressione ma, secondo te, come mai non ha capito al volo la mia battuta “Ehi, Pat, ho qui il contrabbasso, magari potremmo fare un trio”?

Caro Christian, bravo. Gli hai fatto vedere come siamo spiritosi, noialtri di provincia. E non è vero che siamo sempre così esterofili: io dei critici cinematografici americani mi fido e non mi fido. Per esempio, gli è piaciuto “In America”, che era una fesseria imbarazzante. Quindi, quando ho visto che le critiche di “School of rock” erano tutte uguali, mi sono insospettito. Dicevano tutti più o meno così: “è un filmetto di un’ovvietà suprema, che pare uscito dagli anni Ottanta, dove tutto è prevedibile dall’inizio alla fine e la sceneggiatura uguale a mille altre, eppure mi sono divertito un sacco”. Beh, alla fine è esattamente vero. Mi sono divertito un sacco anch’io, e ho trovato formidabile Joan Cusack (quella di “caffè, tè, mè?”, per capirsi), che fa la preside zitella con un’anima da Stevie Nicks. No, quello che dici tu è John Cusack: suo fratello.

Caro Luca, qui nel Nuovo Mondo mi manca molto il Grande Fratello. Non capisco perché non lo trasmettano anche per gli italiani all’estero, in fondo quest’anno il selezionatore era Mirko Tremaglia, no? Anche a me i critici americani fanno venire qualche dubbio, per esempio hanno detto mirabilie di quella lì, come si chiama, dài… Bridget Jones (la sorella di Indiana, credo), per la parte cafona in Cold Mountain (un polpettone pacifista) e non hanno premiato Nicole Kidman, forse perché pur interpretando una contadina sembra lo stesso uscita da un servizio fotografico di Vogue. Qui la critica, invece, esalta un film del 1965, stesso anno della Corvette: “La battaglia di Algeri” di Gillo Pontecorvo. New York, come sai, è la capitale della cultura europea, così per settimane è stato impossibile riuscire a ottenere un biglietto: sold out per Gillo Pontecorvo. Infine ci sono andato. L’attore principale si chiama Brahim Haggiag, ed è uguale a Enrico Lo Verso. Te lo consiglio: il film è veramente bello, nonostante non abbia capito una parola né di arabo né di francese.