Liberate il duce
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Son qua, seduto sul bordo del letto su questo
plaid ispido e pungente, e me lo penso, quell'uomo. Sessant'anni
appena compiuti e un fagotto di umiliazioni portato in giro per
mezza Italia. Dormì sotto questo plaid per una decina
di notti, cinquantotto anni fa. Pensava che la sua stella fosse
tramontata per sempre.
A Campo Imperatore si arriva per una strada a tratti tortuosa
che sale su dall'autostrada Roma-L'Aquila. Si supera Fonte Cerreto
e si fa un giro di una ventina di chilometri che si infila tra
le montagne del Gran Sasso e va a finire su un piazzale a 2126
metri, davanti all'arrivo della funivia che sale da Fonte Cerreto
mettendoci assai meno. Per tutto il suo tratto finale, prima
di arrampicarsi sul piazzale della funivia, la strada attraversa
un altopiano verde e dolce di teatrale bellezza con le rocce
del Gran Sasso alle spalle. L'altopiano si chiama Campo Imperatore.
È deserto, passa una macchina ogni mezz'ora: a certe ore
si affolla brevemente di mucche al pascolo. Nel 1943 la strada
era più disagevole ma la funivia c'era e da qualche anno
era stato costruito in stile razionalfascista l'albergo a pochi
metri dall'arrivo, a pianta rettangolare con una bombatura semicilindrica
che offre l'ovest sottostante alle finestre della sala ristorante.
A cena stasera, c'è una coppia di ragazzi tedeschi, camminatori
da montagna, e nessun altro. Nessun altro ospite nell'albergo,
sono ripartiti i pochi torpedoni di gite parrocchiali e boy-scout
passati di qua nel pomeriggio, e gli altri visitatori giornalieri.
È agosto, ma comincia a far freddo.
Il duce arrivò qui il due settembre, un giovedì:
un mese dopo il suo sessantesimo compleanno, passato in prigionia
in una spoglia casetta dell'isola di Ponza dove già era
stato prigioniero per suo volere il ras abissino Immirù.
Sull'isola, luogo di esili, si trovavano ancora Pietro Nenni
e Tito Zaniboni, suo attentatore di quasi vent'anni prima. Poco
più in là. Solo tre giorni prima sembrava
un'eternità - Mussolini era entrato a Villa Savoia per
conferire con il re e risolvere a suo modo la grana del Gran
Consiglio che lo aveva destituito in seduta notturna e golpista,
"si tratta di ministri e sottosegretari che non posso cambiare
senza l'assenso sovrano". E invece ne era uscito in un quarto
d'ora destituito di fatto, arrestato e portato via dentro a un'autoambulanza.
Per sottrarlo ai tedeschi, mentre in Italia si succedevano governi
Badoglio, intrighi, armistizi, fughe di sovrani, fu trasferito
prima a Ponza e poi alla Maddalena, e ogni volta individuato.
Himmler, per trovarlo, approntò persino una seduta spiritica
vi dice niente? con tanto di pendolo oscillante su
una cartina dell'Italia. Il 28 agosto, alla vigilia di un progettato
sbarco tedesco sulla Maddalena, Mussolini viene allontanato dall'isola
e dopo quattro giorni raggiunge l'albergo di Campo Imperatore
e la stanza 201.
Oggi è la stanza 220. I mobili e le suppellettili sono
stati recuperati in una scuola di Assergi nel 1992. Raccolgo
queste notizie leggendo il nuovo libro "Liberate il duce"
di Marco Patricelli (Mondadori) e parlando con la ragazza alla
reception che conosce bene tutta la storia e la racconta volentieri.
Una decina d'anni fa, dice, c'era gente qui che non ne voleva
sapere di parlare del duce e persino chi negava che fosse mai
stato in quest'albergo. Pare che sia stato il discorso pacificatore
di Violante a consentire che si ricominciasse a discutere anche
del soggiorno mussoliniano a Campo Imperatore e a rendere meno
imbarazzati l'apertura alle visite della stanza 220 e un convegno
su quei giorni che si tenne nel 1993 per il cinquantenario. Venne
anche l'ottuagenario tenente colonnello Harald Mors: tutti ricordano
dai libri di scuola il nome di Otto Skorzeny, che liberò
il duce da Campo Imperatore e lo portò in Germania dal
suo amico Führer. Ma il libro di Patricelli tira le fila
di decenni di faticoso revisionismo e restituisce a Mors la gran
parte dei meriti di quell'azione, mostrando Skorzeny nella sua
veste di avventuroso millantatore che una serie di colpi di fortuna
rese "il liberatore di Mussolini". Il libro riscrive
diverse parti entrate nei libri di storia, correggendo anche
un'opera straordinaria come "La brutale amicizia" di
Frederick Deakin (Einaudi, 1963).
Skorzeny aveva compiuto il lavoro di indagine sui luoghi dove
Mussolini veniva tenuto prigioniero, con ottimi risultati. Lui
aveva individuato e sorvolato per primo Campo Imperatore. Come
pura cortesia verso il suo merito e verso le SS, gli fu permesso
di seguire da osservatore e senza mansioni di comando la missione
demandata ai paracadutisti che planarono con dieci alianti intorno
all'albergo. Per un'imprevista manovra di volo, l'aliante che
ospitava Skorzeny si trovò però inopinatamente
ad atterrare per primo e a quel punto il corpulento capitano
delle SS prese la palla al balzo e si precipitò nella
stanza di Mussolini, comportandosi di lì in seguito come
ispiratore e guida di tutto il piano. E ingannando Hitler per
primo e godendo poi della sua protezione nella prosecuzione della
falsificazione storica. Fu un'epocale trionfo delle SS usurpato
ai danni dei paracadutisti tedeschi.
In realtà l'impresa di Campo Imperatore, benché
pianificata e attuata in modo eccellente dal generale Student
e da Mors, fu tutto fuorché un'impresa. La spianata dell'albergo
aveva di fronte il dirupo da cui saliva la funivia e alle spalle
la montagna; la strada arrivava da un lato inerpicandosi tra
le rocce sotto totale controllo: difficile immaginare qualcosa
di più inespugnabile, volendo difenderla. Ma dall'ultimo
carabiniere di guardia al comandante sul posto Gueli, fino probabilmente
a Badoglio, nessuno aveva il minimo desiderio, per una ragione
o per l'altra, di ostacolare l'intervento dei tedeschi e lasciar
consegnare Mussolini agli alleati come da accordi dell'intervenuto
armistizio. Gli uomini di guardia non vedevano l'ora di aderire
con quattro giorni di ritardo al "tutti a casa" che
dilagava nel resto del paese. La "liberazione del duce"
fu uno scippo perpetrato mentre ognuno guardava da un'altra parte.
Gli alianti atterrarono, altri uomini salirono per funivia, e
dopo una concitazione iniziale, la partenza di Mussolini avvenne
in un clima del tutto pacifico, con tanto di foto di rito a cui
parteciparono assieme tedeschi e italiani. Un furiere tedesco
sparò un paio di colpi, per sbaglio, pare. Smentiti i
racconti di Skorzeny a proposito di alianti sfracellati e occupanti
periti, le uniche vittime della missione furono due italiani
uccisi giù ad Assergi un carabiniere e una guardia
forestale mentre cercavano di avvisare dell'arrivo dei
militari tedeschi, di fare cioè il loro dovere.
È una notte stellata, fuori. Qualcuno per errore deve
aver dimenticato di chiudere a chiave la stanza 220. In realtà
è un piccolo appartamento con due stanzette, un bagno
e un anticamera con i soffitti bassi. La camera d'angolo ospita
il letto con il plaid ispido. L'uomo, sessant'anni e un fagotto
di umiliazioni, riposava qui. "C'è stata una congiura
contro di me?", aveva scritto il duce a Ponza, ancora incredulo,
come dopo una botta in testa. Ma rassegnato: "Quando un
uomo crolla col suo sistema, la sua caduta è definitiva",
e ancora "Il mio sistema è disfatto, la mia caduta
è definitiva". "L'infallibile voce del sangue
mi dice che la mia stella è tramontata per sempre".
E alla Maddalena: "Il mio spirito è distaccato da
tutto e sereno". Ma perfino il 12 settembre di fronte ai
suoi liberatori Mussolini è sconsolato, demotivato: "Fate
di me quello che volete", dice ai fotografi che gli chiedono
pose e spostamenti. Chiede solo, racconterà Mors, "di
liberare le mie guardie, sono state buone con me". E pochi
giorni dopo, in Germania, scriverà "Io mi considero
un uomo per tre quarti defunto, non rimpiango niente, non desidero
niente [se non] andare alla Rocca e ivi aspettare tranquillamente
la fine, che mi auguro sollecita, dei miei giorni".
Poi, il 18 settembre, l'esaurimento pacifico del fascismo e del
suo capo svanì con le sue parole alla radio da Monaco
"Riprendere le armi al fianco della Germania, eliminare
i traditori". |