I migliori dischi rock del 2001

 

 

 

Date retta. Prima di andare a buttare una ventina di euro in un pastiche dei Pink Floyd o in un live di Sting con la speranza che vi aiuti nelle performances erotiche, aggrappatevi qui: lasciate perdere le novità del momento - che sono tutte mediocri, sappiatelo – e investite nei migliori dieci cd rock del 2001. Ah, avete già letto quelli degli altri giornali? E secondo voi, sono meglio quelli che vi diciamo noi, o quelli degli altri? Bravi, appunto. Cominciamo da uno facile. Tra quelli famosi, quelli che vanno in tivù e che cita persino Repubblica (apertura di Spettacoli dell'altroieri, anno 2002: il Buddha Bar), gli unici che hanno fatto onestamente il loro lavoro sono i REM. Che sono i Beach Boys dei nostri tempi e il miglior-disco-da-canticchiare-con-l'autoradio è il loro "Reveal". Poi: miglior-disco-per-capire-cos'è-il-post-rock di cui tutti hanno parlato di recente, "Rock Action" dei Mogwai, che in questi giorni pubblicano un nuovo cd. Miglior-disco-di-cui-il-mondo-si-è-accorto-quest'anno, ma era dell'anno scorso, e forse miglior-disco-degli-ultimi-due-anni, "Agaetis Byrjun" dei Sigur Ros, islandesi. Miglior-disco-di-canzoni-per-una-serata-malinconica, quello di Duncan Sheik, "Phantom Moon": secondo Rolling Stone, è "ambient pop che galleggia per le stanze senza mai toccare il pavimento". Miglior-disco-di-canzoni-per-un'altra-serata-malinconica-(ma-è-meglio-se-vi-trovate-una-ragazza), "Ghost of David" di Damien Jurado. Miglior-disco-di-un-ragazzetto-di-ventun-anni, "Oh Holy Fools", di Conor Oberst, che va in giro facendosi chiamare Bright Eyes: un Tom Waits che ha ingoiato una Fisherman. Miglior-colonna-sonora-se-aveste-il-fegato-di-tenervi-in-casa-un-cd-con-Tom-Cruise-in-copertina, quella di "Vanilla Sky", che ha dentro i Radiohead, i REM, Peter Gabriel, Jeff Buckley e i Sigur Ros. Miglior-disco-che-ve-la-potete-tirare-da-strani, quello dei Godspeed You Black Emperor!, di cui scrivemmo un anno fa: "Provocatorio tentativo di dimostrare che se una band canadese dalla composizione variabile tra gli otto e i dodici elementi, battezzata con un nome assurdo - citazione da un documentario giapponese degli anni Settanta - pubblica un doppio cd dal titolo irrammentabile, composto di quattro suites di venti minuti ciascuna interamente strumentali salvo l'aggiunta di registrazioni vocali radiofoniche o stradali, utilizzando tutto l'armamentario strumentale del rock mescolato a orchestrazioni sinfoniche, archi e fiati, senza promuoverlo né diffondere interviste, tentativo di dimostrare, dicevamo, che un siffatto inqualificabile disegno potrà comunque ottenere la menzione di capolavoro su almeno quattro riviste musicali anglosassoni, e sul presente quotidiano, in nome della sua audace bellezza". Miglior-disco-di-uno-che-poi-vi piacerà-talmente-che-vorrete-tutti-i-suoi-vecchi-cd, "It's a wonderful life" degli Sparklehorse, che sono uno solo e si chiama Mark Linkous. Miglior-disco-mai-pubblicato-dalla-famiglia-di-Madonna, quello del bravissimo Joe Henry, che ha sposato la sorella Ciccone dopo anni di onorata carriera country-rock, ha fatto suonare in "Scar" jazzisti raffinati, si è inventato il miglior titolo dell'anno ("Richard Pryor Addresses A Tearful Nation") e la canzone più svenevolmente languida e commovente che vogliate sentire quando siete un po' ubriachi e nel bar siete rimasti solo voi e la donna delle pulizie, "Cold enough to cross". Ecco fatto, dieci. Se non abbiamo potuto citare Bob Dylan, gli Strokes e Biagio Antonacci, è solo per ragioni di spazio. Naturalmente.