Il diavolo ascolta Bach,
probabilmente
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"Non c'è niente
come una bella sparatoria scolastica, per ispirare un disco".
A un lettore distratto queste parole, pronunciate lo scorso agosto
a una premiazione musicale dal fenomeno musicalmediatico che
si fa chiamare Marilyn Manson, possono far pensare una cosa semplice:
quest'uomo è un cretino. Non è una questione di
buon gusto, o di rispetto, è proprio che quella frase
è una stronzata. È inutile dirlo, ma i migliori
dischi della storia del rock sono stati ispirati da ben altro.
Se invece si esaminano le parole e le cose in maniera più
approfondita e contestualizzata, le considerazioni possibili
diventano almeno tre. Uno, quest'uomo sa come vendersi allo show
business. Due, quest'uomo è un incosciente pericoloso
che mette a repentaglio vite e ingenuità che seguono il
suo esempio. Tre, quest'uomo è un cretino. Facciamo un
passo indietro.
Due anni e mezzo fa gli Stati
Uniti e il mondo occidentale assisterono a una delle più
tragiche e sconvolgenti storie di criminalità giovanile
dei tempi moderni. A Littleton, Colorado, due ragazzi di 18 e
17 anni entrarono nella loro scuola armati fino ai denti e si
uccisero e spararono per quattro ore. Morirono tredici persone,
feriti a decine, e i due si suicidarono. Columbine, il nome della
scuola, resterà per sempre nella storia dell'America accanto
a quelli di altre tragedie di cronaca nera che diventano eventi
sociali: Waco, Cielo Drive, Dakota House, e ancora. Alla ricerca
di una spiegazione sul perché due ragazzi così
giovani e apparentemente senza problemi, "figli della società
del benessere", come si dice banalmente in questi casi,
fossero arrivati a tanto, i media e i sociologi da talk show
puntarono il dito verso i cattivi esempi più a portata
di mano, il cinema, la musica, la televisione. In realtà
i due disgraziati si erano inventati una confraternita infantile
e delirante, la "Trenchcoat mafia" e coltivavano da
tempo sogni di violenza e sangue raccolti qua e là e fertilizzati
da piccole frustrazioni adolescenziali: le ragazze che non li
consideravano, la loro timidezza, l'invidia per i compagni più
brillanti. Una vaga e ignorante passione per qualche avanzo di
storia nazista raccogliticcio, che fece scegliere il giorno del
compleanno di Hitler per la loro vanagloriosa azione. Due sfigati,
come ce ne sono in ogni scuola, come lo sono stati molti di noi
prima di crescere e capire come godere della vita in modi meno
stupidi. Due sfigati che erano andati oltre gli insulti e l'invidia
affidati a un diario, in un paese in cui le armi circolano più
delle figurine e in cui la violenza è ormai sedimentata.
Non volendo ammettere questa sedimentazione, molti cercarono
spiegazioni nella depravazione dei tempi correnti. È sempre
accaduto, ci si chiama fuori pretendendo di non riconoscersi
nell'orrore e di appartenere a un altro mondo, ad altri tempi.
Non a questi. Non a quelli di Marilyn Manson, per esempio.
Marilyn Manson. A volerlo descrivere con distacco, una rockstar
di medio successo, con un suo cospicuo pubblico e una fama dovuta
più agli atteggiamenti che non alla musica (cosa legittima,
che oggi vale per metà dei fenomeni in circolazione, da
Britney a Eminem): "Artista controverso più per un
chiaro disegno che per caso", è la definizione di
Sonicnet, uno dei siti musicali più completi. Uno che
si chiamava Brian Warner, come un migliaio di altri americani,
e che il "chiaro disegno" ha costretto a cambiarsi
il nome scegliendo quello del mito femminile più popolare
e quello dell'assassino per antonomasia della storia americana,
il male incarnato. Charles Manson, il fanatico disadattato che
trentadue anni fa guidò un gruppo di squinternati quanto
lui a una serie di omicidi intorno a Hollywood culminati in quello
di Sharon Tate e del bambino che la giovane attrice allora aspettava
dal regista Roman Polanski. Manson è in galera da allora
e nessuno si sogna di farlo uscire.
Comunque, Marilyn Manson è uno che circola sempre con
la faccia pittata in maniere oscene, occhi di vetro, giarrettiere
e biancherie intime femminili, cuoio, borchie, le solite cose.
Uno che canta di anticristi, satana, suicidi e simili diavolerie.
In concerto, suole appoggiare il pisello sulla testa dei poliziotti
in servizio, e questo è il suo cavallo di battaglia. Quanto
alla musica, siamo nel repertorio che una volta si chiamava hard
rock, poi si chiamò, heavy metal, poi si chiamo goth rock,
poi si chiamò dark metal, qui da noi qualcuno lo chiama
musica estrema, ma non è che sia cambiata granché
in trent'anni: è diventata un po' più lugubre e
ha preso qualche lezione di modernità dal rap, ma nel
caso di Manson il suo forte sono chitarre distorte, percussioni
pronunciate e vocalizzi tipo Linda Blair nell'Esorcista. Salvo
i fans, che sono competentissimi, chiedete in giro se qualcuno
sa il titolo di una canzone di Marilyn Manson.
Insomma, dopo il massacro di
Littleton, chi meglio di uno così per fare da capro espiatorio
della perdizione dei "nostri ragazzi"? E infatti, la
routine giornalistica impose subito che si legasse il suo nome
ai due giovani assassini, solo perché andavano in giro
vestiti di nero ed erano dei violenti invasati. Si scrissero
un sacco di balle, mentre nessuno dei due aveva particolari passioni
musicali. Il povero Manson, crocefisso come il sant'uomo che
irride nelle sue canzoni, fu persino costretto a scrivere una
controaccusa su Rolling Stone, in cui ribatteva alle calunnie
e attribuiva al moralismo e alla morbosità dei media,
nonché alla stupida sciagurataggine dei due assassini,
la strage di Columbine. La tesi di Manson, qui e sempre, è
che i suoi atteggiamenti siano una provocazione contro il sistema,
un modo per svelare l'attitudine alla censura ma anche la passione
dell'America per ogni eccesso, anche i più spregevoli.
Ci sarebbe dell'ironia in quello che fa, e del fare da esca.
Un po' come sparare a dei poliziotti per poi farsi picchiare
in una camera di sicurezza e dimostrare così che esiste
la tortura.
Per molti fans le spiegazioni di Manson sono credibili. Anche
se, come detto all'inizio, poco dopo le rinnega per la prima
platea che passa. Molti altri se ne fregano e anzi lo seguono
senza nessuna ironia, ahiloro. È un fatto che negli ultimi
mesi solo in Italia, diversi reati di sangue sono stati compiuti
da giovani fans di Manson. Almeno una delle tre ragazzine torturatrici
di una suora di Chiavenna era morbosamente appassionata delle
sue canzoni più sanguinarie. Un ragazzo a Bologna ha ferito
al fidanzata con un cacciavite e si è impiccato: in camera
aveva poster gotico-macabri e dischi e foto di Manson. A Sesto
san Giovanni un diciassettenne che andava a scuola truccato come
Manson, e che secondo i compagni ne era ossessionato, ha picchiato
e ammazzato la fidanzata con un coltello. Una diciannovenne di
Milazzo si è sparata nel bagno della scuola, ed era una
fan di Manson. In provincia di Varese un giovane di 22 anni si
è accoltellato dopo che la madre gli aveva vietato di
andare a un concerto di Manson. Vicino a Lecce due ragazzi di
14 anni hanno seviziato e tentato di sgozzare un'amica confessando
poi di averlo fatto perché ispirati dalle canzoni di Manson.
Messe così in fila, sono storie che fanno paura. Messe
così in fila, fanno pensare una cosa sola. Messe così
in fila, fanno dimenticare che il fatto che la ragazza che si
è sparata non avrebbe dovuto avere in casa a disposizione
la pistola del padre. Fanno dimenticare che i giovani vivono
tragedie e diventano delinquenti anche quando ascoltano Guccini,
ma nessuno lo scrive (a venti anni si è stupidi davvero,
scriveva lui, e in un verso metteva una cosa più intelligente
di mille canzoni sataniche). Oppure quando ascoltano i Lunapop,
come nel caso di Erika di Novi Ligure. Che si era anche innamorata
di Jim Morrison nel film di Oliver Stone, fino a dirsene plagiata.
Ma qui siamo a cavallo tra demonio e santità, se i Rolling
Stones cantavano "Sympathy for the devil" e i Beatles
misero in copertina di Sergent Pepper la foto del fondatore del
satanismo moderno, Alesteir Crowley.
La musica maledetta esiste da sempre. Da quando qualcuno ha cominciato
a maledirla, cioè. Restando solo ai Beatles, i loro dischi
vennero bruciati in piazza da bande di fanatici quando John Lennon
constatò che il gruppo era diventato "più
famoso di Gesù Cristo". Leggende di versi satanici
che affiorerebbero dalle loro canzoni facendo girare i dischi
al contrario (tutto quello che è fatto al contrarrio rimanda
al demonio) non hanno mai smesso di circolare, e meno male che
non si può più far girare la contrario i cd. Lo
stesso Charles Manson adorava le canzoni dei Beatles assieme
ai suoi altri demoni, e fece di Helter Skelter l'ispirazione
dei suoi massacri. John Lennon fu sparato e George Harrison accoltellato
da gente che aveva perso il cervello per le loro canzoni. Ma
per loro, e per tutti quelli che ci hanno girato intorno negli
anni d'oro del rock, Satana era uno scherzetto. Roba da ridere.
Su questo è d'accordo anche Carlo Climati. Carlo Climati
è un buffo giovanotto che fa il giornalista. Il suo sito
dice che "scrive per "Avvenire", l'agenzia stampa
"Sir", "Don Orione Oggi", "Il Timone"
e "Sì alla Vita". E' responsabile dell'ufficio
stampa dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum". Adesso
sarebbe bello scoprire che è un fan sfegatato di Marilyn
Manson. Ma non è così, anzi. Essendo l'autore del
libro "Inchiesta sul rock satanico", Climati viene
invitato a dire la sua ogni volta che si parla dell'influsso
della musica maledetta sui giovani, e lui la dice. Dice cose
equilibrate, che il rock non è tutto da condannare, solo
quello inneggiante a Satana. E cose un po' più sue, come
"credo che il demonio sia una presenza reale nel nostro
mondo". Ce l'ha con Jovanotti e Piero Pelù perché
difendono la legge 194 sull'aborto. Ma per essere un bigotto,
è un bigotto illuminato e tollerante. Ed è uno
dei maggiori esperti di satanismo e sette sataniche di cui si
legga. Perché i satanisti esistono. A uno gli viene da
ridere, e pensa che siano manie da esorcisti, ma a girare per
internet si trovano plotoni di picchiatelli che si riempiono
la bocca di stupidaggini demoniache. Ed è vero che dietro
Marilyn Manson, queste stronzate sono fatte proprie, per pubblicità
o cretineria, da una schiera di mediocri rock bands. Qundi adesso
la domanda da un milione di dollari è - predendo le distanze
dagli esaltati di ogni parte, sfigati indemoniati e costruttori
di roghi la violenza del rock genera violenza?
È già un paio
d'ore che ascolto canzoni di Marilyn Manson e ancora non mi è
venuta voglia di ammazzare nessuno, se non il medesimo. La violenza
del rock genera violenza? Secondo Climati e i suoi documentati
studi, la risposta è sì, soprattutto sul fronte
satanico (mi viene da ridere ogni volta che scrivo satanico).
Secondo molti altri, soprattutto le rock bands in causa, no.
Ma dimostrarlo è più difficile. Probabilmente la
risposta più equilibrata è: sì, gli esempi
di violenza rimbecilliscono le teste più fragili e capita
che le aiutino a esplodere, ma questo vale per mille altri esempi
e pressioni del nostro mondo. Vale per il cinema e per i giornali,
vale per i genitori e per le scuole, vale per gli affetti e per
il lavoro.
Ho sfogliato un giornaletto specializzato di bands gotiche e
estreme. Non sembrano pericolosi. Sono conciati nello stesso
modo omologato da vent'anni e più. Capelli lunghi o teste
rasate, facce truccate allo stesso modo, pelle e borchie, t-shirt
minacciose, il solito repertorio di conformismo cimiteriale.
Niente nella storia della musica è rimasto di tutto questo
e anche Marilyn Manson passerà come lacrime nella pioggia.
Niente delle cose migliori che il nostro mondo ha fatto e costruito
nella sua storia recente ci viene da persone che passavano le
loro giornate ad ascoltare grida macilente di morte e sangue
lurido. Ma c'è posto anche per loro. Certo sarebbe bello
che i programmi di prima serata Rai non fossero così squallidi,
che la democrazia desse frutti migliori di questi, che israeliani
e palestinesi si accordassero, che la musica fosse tutta buona,
che la gente si volesse più bene. E che nessun ragazzo
avesse bisogno di sentirsi dire "io sono l'Anticristo"
da uno che se venisse davvero l'Anticristo gli sputerebbe nell'occhio
buono per la vergogna. Ma le cose migliori vincono, alla lunga.
Le altre, lacrime nella pioggia.
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