The trouble with Diaco

Luca Sofri

Vanity Fair, 8 luglio 2004

The trouble with Diaco, il problema con Diaco, direbbero gli americani. Il problema con Diaco è che il ragazzo non si applica. È giovane, sveglio, più moderno e a contatto con il mondo (ora ha anche cominciato a leggere i giornali) della maggior parte dei conduttori di tg in circolazione, e in tv se la cava bene. Si è aperto un varco e potrebbe sfruttarlo. Invece continua a muoversi mimeticamente, a imitazione di cliché superati, cercando di non disturbare e di non farsi malvolere da nessuno (ha migliaia di iracondi detrattori, ma non nei posti che contano). Ha un talkshow in cui rivolge agli ospiti solo domande condiscendenti o che offrono loro il destro per attaccare qualcuno che non c’è: è riuscito ad avere ospite Baudo e farlo parlar male di fede, e poi ad avere ospite Fede e farlo parlar male di Baudo. Ha studiato allo specchio una mimica da brunovespa e lavora assai di mani e di mento. Ha una capacità rara di mettersi in bocca le espressioni più banali e le frasi più di circostanza: un ospite prova una spiritosaggine fallimentare e lui non manca mai di dire “e questa è una bella battuta!” senza il minimo di ironia percepibile. Eppure per la sola faccia e parlantina farebbe le scarpe a gente incistata in Rai da anni. Direte voi: ma se fosse stato più ardito, più originale, di maggior spessore e personalità, avrebbe trovato tutti i mezzi posti che ha trovato finora? Meglio un giorno da leone o cento da micetto? E forse avete ragione. Miao.