Il Mereghittgenstein

Pregustavo la visione di Benjamin Button confortato dal fatto che mi sono piaciuti parecchi dei filmoni da Oscar di quest’anno (Frost/Nixon, The millionaire, The wrestler, Milk) e altre americanate recenti (Appaloosa, Gran Torino). 
Ma che due palle.
La storia, lo saprete, dovrebbe essere quella di un personaggio che nasce anziano e ringiovanisce man mano che invecchia. Che potrebbe essere un’idea stimolante per creare sviluppi sorprendenti. Ma invece per più di metà film non è minimamente sfruttata, e questa straordinaria peculiarità è praticamente innocua rispetto a quello che succede, e vissuta quasi come normale. A questo punto l’alternativa per reggere due ore e mezza sarebbe una storia eccezionale, avvincente. Ma così non è, e in una noia mortale si succedono inquadrature dorate e sequenze da quadro di Hopper, con una voce narrante fuoricampo che dovrebbe ulteriormente arricchire l’effetto “oh, che storia commovente”. A un certo punto vi rendete conto che ci sono parecchie somiglianze con Joe Black (le noterete da voi), che però al confronto è un film avvincente. Ultima delle somiglianze, e unica piacevole: la bellezza delle protagoniste. Si salvano anche le vedute di New Orleans, e Tilda Swinton.
Poi, passate quasi due ore, il film prende una drammaticità un po’ più intensa: ma ormai non ne potete più e Cate Blanchett da sola non riesce a tenere tutto insieme. E più delle assurde 13 nominations vale il giudizio di David Denby del New Yorker (severo anche sulle altre scelte dell’Academy), da cui traggo le citazioni seguenti.

Many elements join to make the beautifully crafted “Curious Case of Benjamin Button,” with a running time of two hours and forty-seven minutes, the best picture in years for a postprandial rest (popcorn division)

This movie, so smooth and mellow that it seems to have been dipped in bourbon aging since the Civil War

You come away from its sombre thoroughness with the impression that something profound has been said without having any idea what it could be. The central drama in the picture turns out to be Brad Pitt’s makeup.

Whatever else it might be, “Benjamin Button” is a celebration of ignorance; it could be a wan kiss goodbye to the Bush era.

Oppure potrei citarvi delle battute del narratore, tra le molte dello stesso genere Baci Perugina: ma forse capite meglio il film con un’immagine, tra le molte dello stesso genere Vanity Fair.

benjamin

update: Federico mi segnala questa riflessione sulle numerose somiglianze tra Benjamin Button e il precedente successo degli stessi autori

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Un commento su “Il Mereghittgenstein

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