|   Gli universi separati del
      Wall Street Journal                                                   Re:
      No Subject Rock
      e altro Webpensieri Links  
     | Avete presenti quelle salviette cosiddette rinfrescanti,
      un po' umide, che hanno sostituito i n molti casi i fazzoletti
      di carta? Quelle che ti offrono sull'aereo, che si tengono sul
      cruscotto dell'automobile, con cui si puliscono i bambini, che
      si usano anche in casa, quelle lì. Non vi siete chiesti
      come mai non hanno ancora rimpiazzato anche la carta igienica
      tradizionale? Vi sembri una stronzata (ooops) o un'ideona, la
      risposta stava in basso a sinistra della prima pagina del Wall
      Street Journal, il 16 aprile passato.Quando il Wall Street Journal è ripiegato nell'espositore
      del giornalaio, tra il Financial Times e il Guardian, non è
      facile decidere se comprarlo o no. Bisogna tirarlo un po' fuori
      senza estrarlo del tutto, che poi a rimetterlo a posto senza
      pagare l'omino ti guarda male. Aprirlo leggermente al centro
      senza sgualcirlo, che l'omino poi controlla e domani ti terrà
      d'occhio, e infilare lo sguardo da sopra in su per riuscire a
      leggere, capovolto, il titolo dell'articolo che sta in basso
      a sinistra in prima pagina (in gergo, nelle redazioni italiane
      all'antica, il "fogliettone"). È in questo momento,
      un po' arrampicati sulle punte dei piedi, con il naso tra le
      pagine e gli occhi storti, che si decide se l'omino avrà
      i vostri due euro e venti, sonante prezzo europeo dell'edizione
      europea del Wall Street Journal. Perché è laggiù
      in basso che sta il giornalismo vero.
 Il Wall Street Journal ha presso chi non lo frequenta l'immagine
      grigia e paludata del quotidiano economico, fatto di cifre volatili
      e ripetitive e notizie su eventi incomprensibili e noiosi. La
      realtà è diversa: quanto al grigiore, la scelta
      del colore presa da tempo dall'edizione europea è stata
      da poco seguita anche dall'originale americano, il giornale di
      Wall Street per l'appunto. La testata è azzurra, le foto
      in prima pagina a colori. Quanto al contenuto - gli eventi incomprensibili
      e noiosi - il quotidiano si è dato l'obiettivo di renderli
      comprensibili e divertenti, e sono gli stessi eventi. E dà
      il meglio in prima pagina, in basso a sinistra, quasi ogni giorno.
L'11 marzo scorso, per esempio, l'occhio riuscì a sbirciare:
      "I kiteboraders rubano il vento e le onde ai furiosi windusrfers
      della Baja California". Via, due euro e venti, per leggere
      della acerrima rivalità nata tra la giovane comunità
      di chi fa surf con la spinta di una specie di paracadute-aquilone,
      e i "vecchi" del tradizionale windsurf a vela. Metafora
      di ogni contesa tra vecchio e nuovo ma anche riflesso di diverse
      filosofie e ambizioni, con implicazioni commerciali per il mercato
      degli articoli sportivi e per il turismo californiano.
 La settimana scorsa, lunedì: "Pulisciti la bocca,
      ma con cosa?". Sottotitolo: "Nei fast-food americani
      i tovaglioli di carta stanno diventando rari e piccoli".
      Testo: "In America il tovagliolo di carta sta scomparendo.
      I ristoranti li razionano, riducono e nascondono. E con l'aumento
      del costo della carta e la riduzione dei profitti nella gastronomia,
      la parsimonia cartacea ha raggiunto dei livelli record".
      Alcuni ristoranti tengono i contenitori pieni all'inverosimile
      per evitare che i clienti possano estrarre più di un tovagliolo
      alla volta. Ma se uno tira troppo forte, ne escono in media 9,25.
      Novevirgolaventicinque. E la strategia diventa controproducente.
      McDonald's ne ha ridotto la dimensione tre volte negli ultimi
      cinque anni. I produttori stanno studiando il modo di disincentivarne
      lo spreco. Via, due euro e venti.
 Altri temi trattati in basso a sinistra nelle ultime settimane:
      il diritto degli scimpanzé americani ad avere un avvocato,
      la diffusione di soprannomi bislacchi nelle Filippine, le gare
      di conigli in Danimarca e nell'Oregon, la qualità del
      caffè servito sugli aerei, i bracconieri di rane in Francia,
      il boom della chirurgia plastica ai glutei, il business della
      partite dei mondiali di calcio per il pubblico televisivo americano
      di lingua spagnola.
 Certo, non è tutto
      così interessante,
      il Wall Sterret Journal. Ci sono pur sempre notizie di fusioni
      di aziende, nomine di nuovi amministratori delegati e risultati
      trimestrali. E poi le due pagine dei commenti e degli editoriali,
      di cui è impossibile dire male dalle colonne di un giornale
      che ne ha spesso condiviso forme e sostanze. Meglio lasciar parlare
      Salon, il giornale online che con il Wall Street Journal ha avuto
      più di una polemica, e che sta su fronti politici distanti.
      "Le pagine dei commenti del Wall Street Journal sono da
      sempre un covo di giornalismo antietico. Negli anni di Clinton,
      i responsabili della sezione la riempivano di accuse selvagge
      e da tabloid contro il presidente e sua moglie e i loro presunti
      coinvolgimenti in complotti omicidi e storie di droga. Ma la
      redazione e gli inviati del Journal hanno sempre potuto sollevare
      gli occhi al cielo e trarre conforto dal fatto che tutti sanno
      che i due universi del quotidiano sono separati e distinti".Sbirciare la pagina degli editoriali del WSJ, dal giornalaio,
      non c'è bisogno: ogni mattina, svegliandosi, si può
      avere la certezza di quello che ci sarà scritto, e non
      se ne verrà delusi. Mentre non si sa mai cosa si può
      trovare, in basso a sinistra, in prima pagina: il filippino Hitler
      Manila, Lucio Iacobucci che ha inventato il sistema per far venire
      buono il caffé sugli aeroplani o il chirurgo Bruce Nadler
      ("la plastica al sedere è il seno siliconato del
      nuovo millennio"). Due euro e venti.
 (quanto alla carta igienica umida, ci hanno provato ed è
      stato un flop: errori di marketing).
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