Webpensieri
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Dicembre 2002

Per un bel po' si andò avanti a discutere se l'informazione online avrebbe fatto fuori la carta stampata, o se si trattasse di un bluff inoffensivo, eccetera. Succede ­ sarà la solita logica del bipolarismo ­ che a ogni novità si debba decidere se sia tutta fuffa o se il mondo di prima precipiterà. Le cose stanno sempre nel mezzo, e quindi giustamente passò (ultimamente sta tornando con i weblog). Senza nessuna intenzione in questo senso, riporto quindi un aneddoto mediatico (ma un'intenzione ce l'ho). Il mese scorso è uscito un nuovo quotidiano di sinistra, Il Riformista. Ha un sito, su cui è stato messo online un numero zero una settimana prima del lancio ufficiale. Sul web e soprattutto sui weblogs se ne è discusso per un giorno e mezzo. Poi il numero zero di carta è stato depositato sulle scrivanie delle redazioni dei quotidiani, che il giorno dopo gli hanno dato spazio, ritenendolo evidentemente una notizia. Sono arrivati in ritardo di trentasei ore sul web, e passi, ma di ventiquattro su quello che avrebbero potuto se solo avessero dato un'occhiata in rete, invece di aspettare che qualcuno li avvertisse. La mia intenzione è facile, lo so, e ormai svelata.

Se a qualcuno fosse sfuggita, questa è fantastica. Microsoft ha un problema di comunicazione. Tendono a farsi odiare e disprezzare, malgrado e grazie alla loro preminenza. Come fanno? Per esempio così: si scopre che Outlook ha un buco di sicurezza, dei dati riservati rischiano di essere diffusi in rete. Un portavoce dell'azienda ammette il guaio, ma spiega che il problema si pone "solo se si configura il programma per la gestione della posta elettronica". Se lo usate per scolare i fusilli, niente da temere.

Posso dire una cosa impopolare? I forum fanno schifo. Voglio dire, ci sono delle eccezioni. E ci sono quelli di servizio, in cui ci si scambiano consigli e pareri su come far funzionare un software, come far foto in bianco e nero, come preparare la panzanella. Ma quelli a ruota libera, non filtrati, ospitati dal sito di un giornale, di una trasmissione tv o da uno sportivo, o di politica, sono la stessa cosa del microfono aperto di Radio Radicale, se ve lo ricordate. Le persone perbene che vi fanno capolino vengono spaventate da insultatori di professione, grafomani megalomani, opinionisti in calo di zuccheri. Pornografia dialettica. Ce ne sono certi che ­ benchè ospitati sotto testate rilevanti ­ sono frequentati essenzialmente dalla stessa dozzina di persone che litigano tra di loro quotidianamente. Vittorio Zucconi ha chiuso il forum sul calcio che ospitava sul sito di Repubblica, arrendendosi alla mediocrità degli umori che vi si esibivano. Non so decidermi se sarebbe giusto che lo seguissero molti altri gestori inadempienti di forum (a molti, aprire un forum, è l'unica idea online che viene) o se lasciare aperte delle arene dove le persone possano dare il peggio di sé sia comunque democratico e libertario. Il primo emendamento, eccetera. Magari se fanno così non picchiano i bambini.

Agosto 2002
Beh, non so come state messi voi, ma io ricevo tra i venti e i trenta messaggi indesiderati e anonimi al giorno. Spam. Da un paio di mesi si sono moltiplicati, prima erano al massimo cinque. Il problema, di cui si parla da sempre, sta finalmente diventando un vero problema. Pare che ci sia gente che comincia a pensare di abbandonare l'uso della posta elettronica (pazzi! E come fanno? Ci sono dei centri di recupero, delle gomme da masticare?), e molti nuovi utenti che la sperimentano solo da oggi, in questa forma infestata, che ne fuggono a gambe levate. Hai voglia a spiegargli che non era così, prima. I fetenti spammisti usano diverse tecniche. Gli indirizzi che usano come mittente sono quasi tutti falsi o impostori: non scrivetegli indietro messaggi di insulti perché rischiate di colpire un ignaro usurpato del suo domicilio elettronico. I provider maggiori sono subissati di richieste di eliminazione degli spammers dai loro accessi, ma fanno quello che possono. I filtri funzionano solo parzialmente: non è facile escludere i messaggi che offrono prestiti illimitati, orge con Britney Spears, foto della vostra vicina sotto la doccia, telefonini gratis, diete miracolose, senza intaccare i messaggi da mittenti noti che invece volete continuare a ricevere. Certo, in fondo si tratta solo ­ per dimensioni di posta come quelle di noi comuni mortali ­ di eliminarli, roba da pochi secondi. Ma si crescono sentimenti omicidi, e questo non fa bene, né alla morale, né alla salute. Li voglio morti.

Dei weblogs non c'è più molto da dire, ormai sono cosa arcinota. Se qualcuno volesse saltare a bordo e non l'avesse ancora fatto, Salon ha costruito un servizio che gestisce e ospita i weblogs dei suoi lettori, appena nato e già assai affollato: il diario quotidiano più seguito è quello del direttore Scott Rosenberg. (Per restare in tema, il grande sito di news MSNBC ha deciso di eliminare tutti i suoi forum e sostituirli con un sistema di weblogs).

Avendo scoperto un sito che offre gratuitamente, previa registrazione, i dati di traffico del vostro sito (www.shinystat.it), mi sono innamorato della esilarante sezione che indica quali ricerche dei navigatori sui motori come Google o Altavista li hanno portati sul sito in questione. In un giorno medio di questo mese, Wittgenstein.it è stato raggiunto da persone che cercavano infomazioni sui seguenti oggetti: sostituto audiogalaxy, "New York" + zanzare, come scrivere una lettera di dimissioni, come trovare del sesso a boston, gay guide reykjavik, migliori 10 film anni 90, spalato discoteche, counting crows testi, audiogalaxy+polonia, elvis and vivo, figli e figlie di robert redford, L'america del Rock interattiva, lotterie irlandesi, mum discografia, parodie zelda, satira tutto su cofferati, traduzione being boring pet shop boys, sesso in autostrada, traduzione testi phil collins , "palahniuk", provocateur gay, tommaso pincio. Ho passato al dipartimento antisequestri dell'FBI i dati su chi sta cercando informazioni sui figli e le figlie di Robert Redford, ma spero almeno che quello che vuole sapere come scrivere una lettera di dimissioni e quello che vuole sapere come trovare del sesso a Boston siano la stessa persona.

Luglio 2002
"I consumatori non cliccano sui banner, sui link pubblicitari e sugli altri fastidiosi inviti sulle pagine web, e ora pare che non rispondano neanche alle offerte per e-mail". C'era scritto sul Wall Street Journal, due settimane fa. Volete rileggerlo? "I consumatori non cliccano sui banner, sui link pubblicitari e sugli altri fastidiosi inviti sulle pagine web, e ora pare che non rispondano neanche alle offerte per e-mail". Non male, no? Il dubbio è se rallegrarsene ("ora la smettereanno di rompere le scatole") o arrabbiarsi ancora di più ("ah, tutte 'ste seccature e nemmeno funzionano?"). I dati vengono da una recente ricerca su marketing e pubblicità in internet: le pubblicità nei messaggi e-mail vengono cliccate da un misero 1,8% dei destinatari (era il 3% un anno fa, forza ragazzi, ancora uno sforzo: chi è il traditore che si ostina a cliccare?). Ma con i banner va ancora peggio: a giugno quelli gestiti dalla società Doubleclick hanno avuto un tasso di clic dello 0,84%. La cosa più affascinante è che mai la pubblicità online così com'è ha mostrato di poter funzionare seriamente, evocando solo grandi speranze: eppure nessuno ha saputo inventarsi niente di meglio. Anzi, appena trovo i dati sugli Interstitial (quelle odiose pagine pubblicitarie intermedie usate per esempio da Repubblica.It), vi faccio sapere: con un po' di fortuna potrebbero essere sotto lo 0,5% di clic. A quel punto, o internet si ritirerà su se stessa, come dicono gli apocalittici, oppure qualcuno si farà venire delle idee, come è già successo altre volte. Delle due, una è una fesseria, e indovinate quale.

Ma adesso non perdetevi questa straordinaria offerta: centomila euro subito, la vostra potenza sessuale decuplicata, una multiproprietà in Corsica, e un materassino gonfiabile originale di "Saranno Famosi", solo se digitate www.wittgenstein.it e inviate un messaggio in cui rispondete a questa semplice domanda: "Ma come vi è venuto in mente?".

Qual è il principio ultimo da cui nasce il successo del web? A parte il livello dei palinsesti televisivi, intendo. Bravi, i links. Tu clicchi, e sei là dove volevi andare. Non bisogna muoversi, non bisogna pagare, non bisogna fare telefonate, non bisogna chiedere in giro e cercare: l'offerta di un oggetto che ti interessa e l'oggetto stesso a distanza di tempo e fatica minima, quasi zero. Più di così, c'è solo il teletrasporto. Beh, adesso qualche intelligentone vuole vietare i links. Cioè, tu non puoi linkare il mio sito senza chiedermi permesso. Ma siete scemi?, è la domanda più ovvia. Ma i giudici di Copenhagen non la faranno, temo, quando ascolteranno la denuncia di alcuni editori online danesi che non vogliono che i loro articoli siano linkati in giro e quindi raggiunti senza passare dalle inserzioni pubblicitarie (le proficue inserzioni pubblicitarie; a proposito, non perdetevi questa straordinaria offerta). Già altri ci avevano provato, nei mesi scorsi, a mettere in discussione il presupposto stesso del web. E ci sono state società che hanno inviato lettere a webmasters intimando di rimuovere i links alle loro pagine da determinati siti. Ricevettero pernacchie, e chi insisterà su questa strada non ne caverà un ragno dalla rete, ovviamente. Ovviamente?

Giugno 2002
Per svelare un bel complotto, non c'è niente come internet. Che si tratti di macchinazioni della lobby massonico-giudaica, di manovre della CIA per occultare la verità sull'11 settembre (nessun aereo è caduto sul Pentagono!), o di inquietanti consonanze tra il film "Il mago di Oz" e "The dark side of the moon" dei Pink Floyd, alla rete non sfugge nulla, e la Verità con la V maiuscola ha finalmente modo di esprimersi sopra ogni censura. Ognuno ha la sua trama da sbugiardare, fornendo dettagli eindizi rivelatori e rivoluzionari: la sanno sempre un po' più lunga, su internet. Ma esistono anche casi in cui anni di tormenti e frustrazioni trovano finalmente con la rete un po' di pubblicità. Come è avvenuto con la storia della "Cospirazione dei Beatles contro a Joseph Ferrante", il lungo testo che circola in rete in cui un musicista italo-inglese già accordatore del pianoforte di George Harrison racconta dei tentativi del quartetto di Liverpool di mettere a tacere la sua arte. Un capolavoro di letteratura che vi consiglio di andare a cercare.

Forse a qualcuno è capitato. Forse a qualcuno è capitato e non se n'è accorto. L'ultima iattura dello spamming incosciente era l'uovo di Colombo. Avete presente quando avete creato il vostro account di posta elettronica, con Outlook o Eudora o quel che è, e la prima cosa che il programma vi ha chiesto è il vostro indirizzo e-mail? "Il nome del mittente dei emssaggi che spedirete", era spiegato. Bene, quell'indirizzo non ha nessuna importanza per la trasmissione del vostro messaggio, che arriverà comunque: sarà solo presente come "mittente" nell'intestazione di quel messaggio. E se aveste messo in quello spazio il nome di qualcun altro? Semplice: tutte le risposte ai vostri messaggi sarebbero state inviate a quel qualcun altro. Tutto questo è stato compreso dagli spammers più intemerati, quelli che riempiono le caselle di posta elettronica di offerte per estendere le vostre capacità sessuali o guadagnare miliardi in un cliccar di mouse. Alcuni poveri ignari si sono trovati inspiegabilmente le caselle di posta elettronica di centinaia di risposte indignate di persone che avevano ricevuto messaggi pubblicitari indesiderati. Solo perché i loro indirizzi erano stati indebitamente inseriti come mittenti dai veri anonimi mittenti, per sottrarsi alle lamentele. Come difendersi? Non c'è modo, e sfruttare i filtri dei software di posta elettronica serve a poco. Incrociate le dita che non vi capiti, e se volete capire il procedimento mandate al vostro capo un messaggio di insulti dopo aver cambiato il mittente con quello del vostro vicino di scrivania. Se non l'ha già fatto lui (ecco il perché del licenziamento di ieri!).

La RIAA, l'associazione dei discografici americani, ha denunciato Audiogalaxy. Dicono che è la stessa cosa di Napster. È vero. Se non lo conoscete, provatelo: tanto ci metteranno un po' a farlo fuori. È il migliore software per il traffico di mp3 in circolazione. Funziona congiuntamente con un sito web: sul sito si fanno le ricerche e si scelgono le canzoni, il software - che si chiama Satellite, o MacSatellite per il mac - si limita a scaricarle. Come archivio, chiarezza, e ricchezza, è assolutamente superiore a tutti i simil Gnutella: Bearshare, Limewire, Kazaa. Questo perché ha una gestione centrale: che è anche il motivo per cui la RIAA ha potuto attaccare. Vinceranno una battaglia persa.

Maggio 2002
Beh, anche Google inciampa. Forse è il caso di rallegrarsene, a nessuno dovrebbe essere concessa una serie così ininterrotta di successi e plausi. La storia è questa: come sapete l'idea rivoluzionaria di Google è che i siti più importanti siano quelli più linkati dal resto del web, e così il motore fornisce in testa ai risultati di ogni ricerca quegli indirizzi che sono più citati sugli altri siti. Fatta la regola, trovato l'inganno, qualcuno ha pensato di concentrare gli sforzi per far guadagnare a questo o quel sito posizioni nella gerarchia di Google, diffondendo più link possibili a questo quel sito. C'è chi lo ha fatto per scherzo, ponendo al primo posto nella ricerca di "quelcitrullodelmioamico" la pagina di un amico (Google archivia anche i termini usati nei link ai siti), solo linkandola nel proprio sito con questa inedita parola. Altri si sono coalizzati e ­ con la forza e la collaborazione dei weblogs e dei siti personali ­ hanno linkato in massa un sito anti-Scientology per fargli raggiungere il terzo posto nella lista della ricerca per "Scientology". Quelli di Google prima l'hanno tolto di mezzo manualmente, scatenando gran proteste. Poi hanno cambiato idea e concesso libertà alla rete: "per limitare davvero l'efficacia del nostro motore non bastano simili campagne occasionali". E hanno lasciato fare.

Adesso il dibattito in corso tra i navigatori di lungo corso è: internet è peggiorata? Tutto è diventato commerciale, non ci si diverte più, lo spirito dei primi tempi è passato, sostengono in molti. Chiudono o cambiano regime i siti che segnalavano le cose più eccitanti o originali che fiorivano in rete, la fantasia di un tempo è ricordata con gran sospiri in html. Che sia vero, c'è qualche dubbio. Pare un po' una snobberia di quelli che si infastidiscono che il loro orticello elitario sia diventato un affollato parco pubblico. La solita necessità di esibire il proprio essere arrivati prima, vero o falso che sia. Avete presenti quelli che dicono "Mi piacciono i Cure, ma i vecchi Cure, dopo sono diventati così commerciali". O quelli che trovano la musica di oggi tutta ripetitiva e uguale, e in realtà sono semplicemente invecchiati: la stessa frase la dicevano i loro genitori vent'anni fa. Sono la prima generazione passata della storia di internet.

A conferma che qualcuno ancora si diverte, questa rubrica straordinariamente segnala un sito ­ www.animamia.net ­ su cui l'autore della rubrica stessa si è perso per alcune ore. È vero che il revival degli anni Settanta e Ottanta è un po' passatello e rischia di diventare noioso, ma qui, pur con qualche enfasi nostalgica, si raccoglie un archivio che garantisce ancora sorprese (che quando c'erano solo due canali Rai, e cominciava un programma su uno dei due, sull'altro appariva un triangolino in basso al teleschermo, ve lo ricordavate?). Se solo qualcuno sapesse darmi notizie di Gennaro Olivieri e Guido Pancaldi.

Aprile 2002
Scaricare canzoni da internet pare sia superato. Adesso si scaricano cd interi, con tanto di copertina e tutto quanto. Li si trovano su alcuni dei servizi p2p che già permettono la pirateria musicale tradizionale, come Audiogalaxy. Si tratta semplicemente di files zip, ovvero compressi con il sistema più diffuso, in modo da condensare in un solo documento più oggetti insieme: gli mp3 delle varie canzoni, i jpeg delle immagini di copertina, i testi delle canzoni. Trovarli è facile, basta scrivere "zip" come criterio di ricerca. Inutile dire che la nuova iniziativa dei trafficanti di musica online, favorita dalla diffusioni di connessioni molto rapide, creerà ancora più panico e agitazione presso i produttori di musica, le cui scriteriate contromosse non hanno finora sortito nessun effetto nel tenere i fans alla larga dal download illegale di mp3 coperti da diritti. Napster è morto, già. Proprio.

Questa è la fine del mondo? O va a finire come il WAP, gli e-books, pare l'UMTS, eccetera? Secondo me la prima: avete presente AirPort, il primo sistema di connessione a internet via radio? Lo lanciò Apple lungimirantemente un paiuo di anni fa, e fino a ora non ha fatto gran botti. Si tratta di una specie di mini antenna che si attacca a una presa telefonica e che permette ai computer nel raggio di alcune decine di metri, dotati di una scheda ricevente, di collegarsi al web tutti tramite quell'antenna. Un po' come i telefoni cordless, ma tutti su una stessa frequenza. Tra una certa disattenzione generale, Apple continua a investirci e a pubblicizzarlo, e un po' alla volta altri produttori l'hanno seguita. Adesso negli Stati Uniti la tecnologia comincia a essere diffusa, con il risultato che dove è presente, potete sfruttare la connessione del vostro vicino di casa, quella del bar, o in un altro locale pubblico. Alcune città hanno installato la tecnologia Wi-Fi in luoghi pubblici, come giardini e biblioteche, di modo che le persone possano collegarsi al web frequentandoli. Ci sono bar e alberghi che offrono il servizio a pagamento. Le localizzazioni di alcune delle antenne possono essere consultate con un software che si trova su http://www.freenetworks.org/.

Dopo alcune anteprime negli ultimi anni, alcune società che producono elettrodomestici hanno introdotto sul mercato dei prodotti che si collegano in rete: con l'intento di garantire una manutenzione continua gestita centralmente e di coordinare il funzionamento degli apparecchi (e di ottenere un po' di pubblicità in mancanza di altre idee, aggiungo io). Adesso, gli effetti collaterali preoccupanti sono due: Primo, gli hackers: intervenendo via internet su ciascun elettrodomestico potranno far lavare il cashmere a 90° e bruciare l'arrosto. Secondo, la privacy: la centrale che segue l'uso, saprà quante volte lavate i calzini e quali film porno guardate. Io ci penserei.

Febbraio 2002
Che figura. Uno ne dice, ne scrive, ne ripete, e quando capita a lui ci casca come un pivello qualsiasi. Le catene di sant'Antonio per posta elettronica. Ricevo un messaggio di un'amica con allegate foto di meravigliosi cuccioli di Labrador. Sei. Vanno adottati, dice il messaggio, altrimenti i proprietari li faranno sopprimere. Che fa, uno di buon cuore? Uno che non sa che le catene elettroniche sono una maledizione? Manda il messaggio ai suoi amici possibili interessati. E uno che lo sa, che le catene elettroniche sono una maledizione? Fa lo stesso, come un cretino. Adesso, la storia dei cani era vera, capiamoci. E magari ora troveranno un padrone (ho ricevuto una decina almeno di risposte, più una di un pazzo che voleva denunciarmi alla procura della repubblica). Ma il fatto è che il messaggio mi è già tornato altre tre volte, in due settimane. E sono sicuro che continuerà a rimbalzare per la rete, e le foto dei cuccioli torneranno per anni, e loro intanto saranno cresciuti, avranno delle case, staranno addentando tappetini per il mouse, e ancora qualcuno cliccherà sopra "forward". Dovevo immaginarlo, razza di imbranato.

KPMG è una società di consulenze. Ebbero un momento di grossa fama all'inizio dell'anno quando su richiesta della magistratura italiana furono autori del rapporto che metteva in discussione la natura delle ricchezze di Silvio Berlusconi. Ma in rete di recente sono conosciuti per un'altra storia. Qualche settimana fa Chris Raettig, che ha un sito web personale, ha ricevuto da loro questa lettera: "Chris, una recente indagine in rete sui link che rimandano al sito di KPMG ha rivelato che il tuo sito ne contiene uno. Sappi che un simile link richiede un accordo formale tra le due parti, come stabilisce la politica della nostra organizzazione. Non ci risulta che un tale accordo esista, quindi ti chiediamo di rimuovere il link dal tuo sito. Grazie per l'attenzione". Il buon Chris ­ che aveva costruito una pagina di jingles aziendali includendo anche quello di KPMG ­ ha risposto che non gli risultava che "una politica della vostra organizzazione debba avere delle conseguenze su quello che faccio io". "La mia organizzazione non richiede nulla del genere. Se ogni link di internet richiedesse un accordo tra le parti, non esisterebbe il web. In ogni caso, mandatemi pure il testo delle vostre linee guida, e gli darò un'occhiata". Risultato, da un mese decine e decine di persone che leggono la storia inseriscono nei loro siti un link a quello di KPMG, così, tanto per far capire loro come funziona il web. Con i links.

Interstitial. Viene male anche a scriverlo. Per capirsi, sono quelle pagine di pubblicità che appaiono per alcuni secondi quando cliccate su un link verso un articolo interno, in alcuni siti. Difficile credere che il genio che le ha pensate per primo sia lo stesso che ne ha scelto il nome. Lo avrebbero già internato da un pezzo. Anche perché quando furono pensate, due anni fa, furono presto abbandonate: la gente si stufava, nemmeno le guardava, e odiava i prodotti segnalati. E soldi per i siti ne venivano pochi, come al solito. Adesso ci riprova Repubblica.It, sperando che gli utenti esasperati paghino qualcosa per utilizzare il servizio senza la iattura degli interstitial. Auguri. Fateci sapere.

Ottobre 2001
Pare incredibile, ma si incontrano ancora persone che non conoscono Google. "Ma va'", direte voi, "forse mia nonna". E invece capita che normali utenti di internet chiedano indicazioni per trovare questo o quel sito senza provare da soli a usare Google. Google è insieme il miglior motore di ricerca in circolazione e uno dei maggiori successi del tempo di internet. Nel giro di due anni ha sfondato e battuto i concorrenti, basandosi su una semplice idea: che chi fa una ricerca voglia trovare innanzitutto i siti più popolari legati al criterio inserito. E quindi classifica le pagine archiviate in base al numero di links che vi rimandano dagli altri siti, oltre ad altri criteri ed algoritmi legati alla maggior frequentazione. Se cercate "Vasco Rossi", in cima alla lista troverete il sito ufficiale di Vasco e non quello di un omonimo salumiere di Bellagio, né un articolo del Corriere sul concerto di Imola dell'anno scorso. Con questo sistema - e con una pagina nuda e priva dei fronzoli dei concorrenti - Google si è guadagnato la stima di tutta la rete. Per un semplice motivo: funziona. Adesso due nuovi motori di ricerca stanno cercando di ricalcare la sua formula, aggiungendo ulteriori raffinatezze di selezione. Uno si chiama Teoma, l'altro Wisenut: ma sono ancora indietro e soprattutto non hanno il migliore optional di Google, che archivia in un database che si immagina immenso (occuperà un hangar in Pennsylvania?) tutte le pagine raccolte: significa che se anche una di esse spaerisce dalla rete, Google la mostra com'era. Avvisate la nonna.

Adesso che siamo sempre di più a usare il computer come impianto stereo, con buona pace del vecchio Akai che langue nel suo angoletto, il CDDB diventato è uno strumento esenziale e benedetto. Il CD DataBase è un archivio su internet in cui molti volontari inseriscono i dati (titolo, artista, titoli delle canzoni, eccetera) dei cd musicali in loro possesso. L'archivio raccoglie tutte queste informazioni e le associa ai dati digitali propri del disco, in modo che ogni volta che quel disco sarà inserito nel lettore di un navigatore connesso al sito, il database gli fornirà automaticamente le informazioni. Quindi voi inserite nel computer il nuovo cd dei REM, e in pochi secondi, mentre lo ascoltate, avete visualizzati i titoli delle singole canzoni e non degli anonimi numeri o espressioni come "Track 4". L'hard disk poi trattiene i dati ed'ora in poi riconoscerà il cd a ogni successivo inserimento.

Non se ne è parlato molto, ma la lista dei desideri (wish list) di Amazon è stata una grande idea. Chiunque si può registrare e scegliere dal sito le cose che vorrebbe ricevere. Le sue scelte sono poi consultabili da tutti e da chi ha voglia di fare un regalo gradito; una sorta di lista di nozze permanente che risparmia i soliti regali idioti. L'idea in più è venuta a uno spiritoso utente californiano, che l'ha diffusa in rete: consultare le liste di assoluti sconosciuti e mandar loro un regalo, a proprie spese. In tempi di scherzi stupidi, Dio benedica gli scherzi generosi.

Settembre 2001
Ancora della serie cantar vittoria troppo presto. Napster ha avuto il merito - hanno sempre detto le case discografiche che hanno fatto di tutto per farlo fuori - di abituare gli utenti di musica agli mp3. E una volta vinta la battaglia legale, pensavano di poter aprire i loro negozi online alle frotte di appassionati pronti a comprare di tutto, come nei negozi per strada. Non attacca, pare. E non attaccherà per un bel po'. Sistemi diversi, conflitti tra le varie etichette, nessun fornitore che abbia un catalogo lontanamente paragonabile a quello che stava sull'archivio di Napster, software più complicati. "A guardarsi indietro viene da dire che se ci fosse stato un modo per accordarsi con Napster, oggi la situazione sarebbe molto migliore. Temo che le offerte del mercato ufficiale siano troppo poco e troppo tardi, ormai", ha detto a Wired chiedendo anonimato il responsabile di una casa discografica. "Possono spendere miliardi, ma non ricreeranno mai niente come Napster", dice Johnny Deep di Aimster. E così c'è ancora tempo e spazio per i nuovi emuli del file sharing gratuito, a cominciare da Morpheus. Anche per l'annunciato superbusiness della musica digitale, andranno riviste le agende e portata pazienza.

I produttori di software che rimuovono banner, pubblicità e pop-up dai siti, sono entusiasti della campagna scatenata dalla webcam X10: nelle ultime settimane il pop-up che la reclamizzava appariva un po' su tutti siti americani maggiori. E i navigatori già esasperati dalle finestrelle di ogni genere che balenano di qua e di là e ogni volta vanno chiuse, hanno scaricato in massa i programmi filtro, mentre molti produttori di modem li stanno accludendo gratis ai loro apparecchi. Il più popolare si chiama Pop-Up Killer.

Voi credete che sia facile, star qui e inventarsi cose da scrivere tutto il tempo? Su internet poi, di cui si è scritto tutto e il contrario di tutto? Prima c'è stata la moda di internet e allora giù a riempire pagine e pagine di qualunque fesseria avesse lontanamente a che fare con il web (le cronache sportive, si dice, hanno per un po' eliminato l'esclamazione "Gol!" per usare solo l'alternativa "Rete!", sperando in un effetto traino). Se aprivi una merceria su internet, un titolo a quattro colonne non te lo toglieva nessuno. Eccetera. Poi c'è stato lo sboom. Quando nei giornali se ne sono accorti, è stato il panico: e ora che scriviamo? Non è che con il flirt tra Michele Cucuzza e Ivana Trump si può andare avanti a lungo, così qualche genio ha pensato alla moda dello sboom di internet. E via con pagine e pagine di fallimenti online, startup terremotate, inondazioni e cavallette web.
Ma adesso, che anche lo sboom non fa più notizia? Contrordine, et voilà, lo sboom non era uno sboom. Ci ha pensato Newsweek, a intitolare "Il ritorno delle dot-com" un articolo che in realtà ­ come spiegava il sommario ­ raccontava "la disperata lotta delle start-up per reinventarsi". E qualche giornale italiano non si è tirato indietro gridando precipitosamente alla rivincita. Prepariamoci allo sboom dello sboom.

Agosto 2001
Ne avete lette ormai, su Napster, eh? Ancora ne leggete, in giro, ma ormai tutto è stato detto e scritto. Ma è stato un anno formidabile, che vale la pena di ricordare in qualche riga. Napster cominciò a circolare negli Stati Uniti nell'autunno del 1999, e a fare notizia all'inizio del 2000. In Italia cominciammo ad accorgercene in quei giorni, poco più di un anno fa, appunto. Adesso sembra una cosa normale a cui sarà difficile rinunciare, ma nell'ufficio dove lavoravo io per un buon mese ogni pausa (e anche qualcosa di più, con un certo calo produttivo, ma un forte miglioramento del morale delle maestranze) fu dedicata a scaricare gratis qualsiasi cosa ci venisse in mente facendo a gara a chi tirava giù le cose più originali e dimenticate, con rave improvvisati al ritmo di Afric Simone e momenti di commozione a sentire i Led Zeppelin (il file più vecchio che ancora ho è datato 18 settembre 1999, Aretha Franklin). Fu, detto con senso della misura, una rivoluzione. Per la prima volta nella storia del secolo della musica pop, proprio alla sua fine, la musica ­ tutta la musica ­ era a disposizione gratis e in un batter di tastiera. Ci siamo divertiti come dei matti, con Napster. Abbiamo scaricato gigabytes di cose che non avremo mai il tempo di ascoltare, abbiamo violato diritti, forse, e forse anche commesso atti impuri. Grazie al programma più semplice del mondo e più efficace. Pensateci, quando mai un programma ha avuto così pochi impercettibili upgrade rispetto alla sua nuda versione iniziale? Napster fu perfetto, e forse l'idea più formidabile da internet in poi. Le discussioni sul diritto d'autore sono un'altra storia.

Frequentate mai i cybercafé? Cioè, quei bar con uso di computer e internet nati negli ultimi due anni e ormai diffusi e affollati di ragazzi venuti da ogni posto e con le loro lingue? Sono dei posti affascinanti, tipici di questo tempo in cui il lugo comune dei centri commerciali come cattedrali ha stufato tutti. I cybercafè sono un'assoluta novità, che qualcuno si azzarderà a definire le case del popolo del 2000 o chissà quale altra fesseria. Qualcuno avrà da ridire sul fatto che coltivino l'isolamento degli avventori, invece che le socializzazioni dei bar tradizionali. Balle. Nei cybercafé si fa amicizia molto facilmente, perché ci sono persone in genere straniere nella città, curiose di internet e del mondo, spesso lì da sole. Di buon umore perché hanno ricevuto posta. La varietà dei locali è formidabile, dalle catene di cyberpasticcerie di Londra, ai bar vecchi e un po' squallidi con due computer scalcagnati di Bahia, ai cyberpub un po' bohémien di Berlino, al cinese che ha raccolto dieci terminali tutti diversi compreso un iMac in una specie di lavanderia al Greenwich Village. E variano i prezzi, con molti onesti volenterosi di riempire il bar e pure autentici ladri che chiedono tre dollari per un quarto d'ora. (Ecco, ecco, è venuta in mente una fesseria anche a me: i cybercafé sono la soluzione per quelli che volevano battere i record di persone in una cabina telefonica).

Siamo ad agosto, ma io me lo ricordo che Jeff Bezos ha promesso che alla fine dell'anno Amazon sarà in attivo. Finora, in sei anni in cui sono diventati il numero uno e sono sopravvissuti a tutto e tutti, hanno ricevuto più critiche che elogi, e si meritano di farcela. Hanno un servizio impeccabile, un sito eccellente e hanno avuto l'idea e il coraggio prima di tutti. E sono tra i pochissimi senza una società tradizionale alle spalle ad aver superato l'apocalisse degli scorsi mesi. Ma io me lo ricordo, della promessa, e ci ho voluto credere. Se scopro che Bezos è in vacanza, invece di star lì a fare pacchetti Con tutti i soldi che gli ho dato, poi.

Luglio 2001
Ancora ci credete alle catene di Sant'Antonio via e-mail? Dopo la falsa malata di leucemia americana e la balla sui gattini bonsai qualche dubbio comincia a venirvi, certo. Il mese scorso un messaggio che annunciava un terribile virus di nome Sulfnbk.exe ha fatto il giro d'Italia, tradotto da una versione in portoghese che circolava da un po'. Il messaggio suggeriva di cercare sul proprio hard disk un file con quel nome e di cancellarlo immediatamente in caso di rinvenimento. Moltissimi l'hanno fatto, l'hanno trovato e lo hanno distrutto allarmati. E hanno trasmesso ulteriormente il messaggio, aggiungendo la loro conferma: "è vero, io il file l'ho trovato, c'era!". E certo che c'era: quello è un file di Windows che serve a gestire le lunghezze dei nomi dei documenti. Non ha niente a che fare con un virus, se non che può contenerne uno, come tutti i files del mondo. Niente di gravissimo, basta rimpiazzare il documento eliminato, ma la cosa impressionante è stata la rapidità con cui l'allarme è dilagato. In due giorni c'è chi ha ricevuto una ventina di messaggi analoghi, poi hanno cominciato a circolare smentite competenti, e la cosa si è sgonfiata. Ma come tutte le catene di Sant'Antonio si assopirà da qualche parte in attesa di trovare un nuovo filone ignaro da prendere in giro tra qualche mese o qualche anno.

Il caso ha voluto che negli stessi giorni si ridiffondesse un altro messaggio, tra alcuni utenti italiani della posta elettronica, che cominciava così: "Gabriel Garcia Marquez si è ritirato dalla vita pubblica per ragioni di salute: cancro linfatico. Sembra che sia piuttosto grave. Ha spedito una lettera di commiato ai suoi amici e, grazie a Internet, si sta diffondendo. Vi raccomando la sua lettura perché è veramente commovente... con affetto". Segue un componimento adolescenziale a base di petali di rosa, ali di bambini, piccoli pugni di neonati e gelati al cioccolato. Tutta una gran bufala che va facendo struggere di commozione i fans di Marquez ­ che è realmente malato - di mezza rete (quelli meno avvertiti che non trovano ridicolo il poemetto). La cosa non è unica, un falso letterario di Borges è circolato l'anno scorso con minor fortuna, costringendo alcuni giornalisti sudamericani a verificarne l'impostura.

Questa cosa degli e-books. L'argomento forte di chi sostiene che i libri elettronici scalzeranno gran parte del mercato editoriale cartaceo è che i ragazzini di oggi sono molto più abituati a monitor e computer che non alla carta, e per loro sarà naturale quello che agli adulti adesso pare inaccettabile. Gli parrà stupido il libro di carta e familiare il testo digitale. Il fatto è che i ragazzini di oggi non leggono: banale ma vero. Non leggono i libri, non leggono le cose lunghe, e internet va loro incontro dandogli solo testi brevi. Qualcuno li vede trafficare con scritti di lunghezze consistenti, sui loro display? Sono pronti per lo "e-", ma non per il "book".

Giugno 2001
Fanno anche un bel giornale, ma la cosa più nota del Nuovo.It sapete qual è? La finestrina pop-up che si apre assieme alla home page. Chiedete in giro. Tutti la odiano. Si apre ogni volta e ogni volta tocca chiuderla. Qualcuno la lascia lì pensando di seppellirla sotto le altre finestre, ma tanto prima o poi riappare. Una iattura. E a che serve? A farci sapere che da qualche parte è pronta per noi una paginetta piena di sorprese: nel 99% dei casi si tratta di donnine seminude. Sai che spasso: a due clic di distanza posso andarmi a cercare delle top-model spalmate di melassa che si accoppiano con dei canguri, che me ne faccio di due tette gabellate dal titolo "Donne e motori"? Risultato, tutti quelli ­ tenderei a voler immaginare si tratti della maggioranza ­ che vanno a leggere le notizie, sono costretti a chiudere il pop-up che impalla l'apertura. Delle volte viene da sbirciare il monitor da sopra in giù, per riuscire a leggere sotto. E se proprio pop-up dev'essere, con l'evidenza e la forza di un'edizione straordinaria, almeno si tratti di guerra mondiale, o di canguri. Meglio canguri.

Quando tocca alle home pages ci sono due scuole di pensiero, e ci sono quelli che bigiano la scuola. Prendete i due maggiori siti di news americani, CNN e MSNBC. La home page CNN è un lungo lenzuolo che si srotola per quattro o cinque cliccate di scrollbar, prima di arrivare alla fine. Vi sono ospitati, in maniera ordinata e divisa per categorie, tutti i principali titoli della giornata, almeno quaranta. Solo la notizia di apertura ha un'evidenza maggiore, e una foto. La home page MSNBC invece è ridottissima. Sta tutta nella dimensione dello schermo, o quasi. Ha in posizione schiacciante, rispetto a tutto il resto, la notizia d'apertura, di cui è curata anche la grafica del titolo. Pochi altri titoli, una decina, circondano la foto, ripartiti in gruppi ridottissimi. Tutte le altre notizie stanno all'interno del sito e si raggiungono solo attraverso i link alle rispettive sezioni (attualità, sport, eccetera).
Un po' tutti siti di un certo rilievo fanno capo a queste due culture, che sono grafiche ma anche concettuali. E la prima è prevalente. C'è una tendenza a mettere sul banco bene in ordine tutta la mercanzia, e la paura che altrimenti non sarà vista da nessuno. MSNBC corre questo rischio: ha una bella vetrina e chiede al cliente di entrare in negozio. Non ci sarà un rapporto diretto, ma è l'unico dei grandi siti di news in attivo. Poi c'è la grande maggioranza dei siti ­ privi di criterio ­ in cui la mercanzia è sul banco ma in un mucchio indistingubile, confuso e pieno di elementi in rapporto incomprensibile l'uno con l'altro. Esempi un po' ovunque.

In giro è pieno di delinquenti. C'è gente che scarica dalla rete un software che si chiama Hot Line. Niente di porno, esiste da alcuni anni ed è una specie di Napster frequentato da utenti un po' carbonari. C'è gente che ci trova tutti i software del mondo, anche i più costosi. C'è gente che li scarica gratis, e persino gente ­ ladri veri ­ che scarica anche i codici e le password per farli funzionare: è tutto lì, a disposizione, ordinato. Grazie al cielo a volte quei malfattori sono costretti a procedure un po' macchinose per ottenere le password per accedere ad alcuni dei molti server. Girate alla larga, voi e quegli altri trentanove.