Attenzio', popolazio', rivoluzio'...
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Un'altra rivoluzione
su internet? Con tutte le bufale che ci avete già rifilato?
Eppure, sprezzante del pericolo, Jeremy Wagstaff ha cominciato
così il suo fondo sul Wall Street Journal: "Un giorno
i vostri nipoti vi salteranno in braccio e chiederanno 'Nonno,
nonna, generica figura di avo, cosa facevi durante la Grande
Rivoluzione dei Blogs?'". Blogs? Blogs. Un'altra rivoluzione
su internet, ma questa è una vera, come non se ne vedevano
dall'invenzione dei motori di ricerca, e concreta, un fenomeno
sociale e dell'informazione, non un'altra bolla economica da
cui immaginare fantomatici guadagni. Blogs.
Blogs è un'abbreviazione di weblogs, e negli slang internettiani
tutto ha un nome nuovo: i due termini si usano come sinonimi.
La definizione di un weblog è abbastanza elastica e dibattuta,
dunque ricorriamo ancora al Wall Street Journal: "Di solito
si tratta si semplici siti web gestiti da individui che riferiscono
di qualsiasi cosa, dai loro fallimenti sentimentali ai problemi
delle telecomunicazioni. Disseminano i loro scritti di links
ad altri siti, inseriscono commenti loro, e dei lettori. I blogs
riflettono il meglio di internet: un medium informale per idee
informate, anarchico, commercialmente ingenuo e affascinante".
Un weblog è un sito personale, a cavallo tra un diario,
un articolo di commento e una rassegna stampa, aggiornato quotidianamente
o quasi. Come tutte le versioni di rassegne stampa sul web, ha
il vantaggio di consentire l'accesso immediato, tramite un clic,
al testo originale passato in rassegna, articolo di giornale
o di sito web, o pagina di qualsiasi genere. L'autore del weblog
è insieme lettore ed editore. Lettore delle cose che vengono
pubblicate in rete, che poi seleziona, raccoglie e commenta come
editore del suo weblog. La mole sterminata di contenuti che circola
su internet (compresi gli articoli di carta stampata riprodotti
in rete) viene così scelta da qualcuno che ne fornisce
ai lettori una scelta mirata, secondo criteri che possono essere
tematici o di suo gusto personale. Di fatto, si tratta di quello
che fanno su carta giornali come il Foglio dei Fogli e Internazionale,
ma impreziosito da un accesso a molte più fonti, nessun
costo di riproduzione (i link rimandano all'originale) e uno
spazio e un aggiornamento illimitati.
Come tutti gli iniziatori, i webloggers si sentono degli iniziati:
eletti tra il popolo bue dei navigatori di internet ad avere
capito tutto il senso e le potenzialità della rete e ad
essere in grado di sfruttarli. Sono nati siti che trattano del
fenomeno weblog, weblogs di weblogs, discussioni e teorizzazioni.
I primi libri e manuali sui weblogs vanno a ruba su Amazon. Archeologi
del weblog hanno fatto risalire i primi esempi a quattro anni
fa, quando alcuni scaltri trafficanti di internet si scambiavano
liste di indirizzi web a cui andarono progressivamente aggiungendo
note e commenti. Alla fine del millennio, venne la svolta tecnologica
che permise a chiunque di diventare weblogger: i primi software
dedicati alla compilazione delle pagine dei weblog. Non c'era
più bisogno di masticare un po' di html, di individuare
un server apposito, di conoscere i rudimenti della creazione
di un sito web. Programmi come Blogger e Pitas, offrirono una
struttura grafica standard, modificabile a piacimento, in cui
era sufficiente inserire il proprio testo: pubblicare online
divenne facilissimo. Le prime legioni di webloggers erano costituite
da giovani appassionati di internet che scglievano di esibire
agli altri i propri pensieri, i propri diari, le proprie esperienze,
in cui hanno gran parte le cose lette e scoperte su internet.
Vanità e ambizione giornalistica mescolate a passione
per il tipo di contatti e comunità che crescono in rete.
Il fenomeno si gonfiò e si gonfiò: questo o quel
weblog è diventato un riferimento per quote consistenti
di navigatori che vi trovano un interessante indice di materiali
scelti dalla palude del web e una persona che diventa familiare,
amica, esperta. Piccoli giornali a immagine e somiglianza dell'autore
in cui i fatti vengono dagli altri siti e sono separati dalle
sue opinioni. Nellle loro espressioni migliori, i weblog offrono
simultaneamente tre cose: un'informazione, la sua fonte originale,
un commento su quell'informazione.
Bene: dalla fine dell'anno scorso il fenomeno weblog è
esploso sui media americani, e timidamente sta arrivando anche
su quelli europei, soprattutto per il suo aspetto conflittuale
o complementare con il giornalismo tradizionale. Tutti i grandi
giornali e siti statunitensi hanno prima informato i lettori
del boom e poi hanno cominciato a interrogarsi su cosa significasse
dal punto di vista della circolazione delle informazioni. Ad
accelerare il dibattito ci si sono messi i molti giornalisti
professionisti che hanno visto nei weblogs un mezzo straordinario
per moltiplicare la diffusione delle proprie opinioni e raggiungere
i lettori molto più direttamente. Dopo Andrew Sullivan
- seguitissimo polemista dalle molte grandi collaborazioni internazionali
che è stato tra i primi a creare un suo weblog, di grande
successo - altri hanno fatto lo stesso, e i gruppi editoriali
online hanno cominciato a farci i conti. Oggi hanno dei loro
weblog il Guardian, Salon, Slate, MSNBC, CBS e molti altri. Alcuni
sono a immagine e contenuti degli umori e interessi del loro
autore, altri riguardano questo o quell'argomento. L'Economist
ha sintetizzato l'approccio curioso e preoccupato insieme dei
giornali tradizionali nel titolo "I vecchi media devono
abbracciare il weblog?": altri commentatori invitano i giornali
a offrire un weblog a ciascuno dei loro giornalisti, per creare
nuovi rapporti con i lettori e un flusso continuo di scambio
di informazioni e comunicazioni. Qualche direttore nicchia e
teme che i redattori finiscano per appassionarsi al mezzo a scapito
del loro lavoro su carta. Altri tardano a capirne il successo
o si chiedono quale sia l'utile economico. Ma oltre all'estensione
spaziale e temporale dell'offerta giornalistica, anche nella
consultazione di quelli altrui i blogs sono uno strumento straordinario:
offrono notizie e testi interessanti che possono altrimenti sfuggire
e permettono di capire quali sono i temi prediletti dai lettori,
nel momento in cui questi si fanno editori. Daypop, un motore
di ricerca che lavora sui weblogs, segnala gli articoli più
linkati: prevalgono i temi di internet e tecnologici, ma moltissimi
compilatori di weblog non hanno resistito a dare ampio spazio
alla notizia del calamaro gigante trovato in Australia. I weblogs
mostrano cosa i lettori metterebbero in un giornale, se ne avessero
uno.
Sbrigatevi, conclude Wagstaff: dopo non saprete più smettere,
e quando i vostri nipoti vi faranno quella domanda, potrete rispondere:
"c'ero, e stavo curando il mio weblog". |