Solo due parole
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"Giuro
fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti d'America, e alla
Repubblica che raffigura, una Nazione sotto Dio, indivisibile,
con libertà e giustizia per tutti". È quel
"sotto Dio", l'oggetto del contendere. Fu introdotto
dal Congresso nel 1954, sotto la presidenza Eisenhower, per aggiungere
al Giuramento di Fedeltà pronunciato ogni giorno
nelle scuole degli Stati Uniti qualcosa che distinguesse
l'Impero del Bene da quello del Male, l'atea e diabolica Unione
Sovietica. Nello scontro di civiltà di allora, quelli
benedetti siamo noi, vollero dire i deputati americani. E così
per 48 anni quelle due parole hanno retto a ogni successiva sanzione
della divisone tra Stato e Chiesa pronunciata dalla Corte Suprema,
attenta a garantire che si rispettasse la clausola del Primo
Emendamento che dice che lo Stato non appoggia o favorisce alcuna
religione.
Poi è arrivato il dottor Newdow, un medico di Sacramento,
che si è chiesto: ma perché la mia bambina, a cui
la Corte Suprema concesse il diritto di non pronunciare quelle
due parole, deve starsene lì zitta ad ascoltare la sua
differenza dagli altri bambini, ogni mattina a scuola? Il dottore
ha portato tutto in tribunale e la Corte del Nono Distretto,
che ha giurisdizione su nove stati, dalla California all'Alaska,
gli ha dato ragione: l'introduzione delle due parole fu anticostituzionale,
violò il Primo Emendamento. "Dichiarare che questa
è una Nazione "sotto Dio" non è diverso
da dire che è una Nazione "sotto Visnù"
o "sotto Zeus" o una nazione "sotto nessun Dio",
perché nessuna di queste cose è neutrale rispetto
alla religione". Apriti Cielo, i due giudici che a maggioranza
hanno scritto la sentenza le stanno buscando da una costa all'altra,
a cominciare dal presidente Bush, che ha sobbalzato e tuonato
sulla poltrona ovale dell'ufficio ovale. Bigotti, predicatori,
timorati che il Cielo cada loro sulla testa, e candidati in campagna
elettorale si sono accodati dietro al presidente, e un gruppo
di congressisti ha ritenuto di scaraventarsi sui soliti gradini
a ripetere il Giuramento di fedeltà e poi via tutti a
cantare America the Beautiful, come se il paese fosse stato attaccato.
Dall'altra parte, e dalla stessa, liberali e gente di sinistra
si sono anch'essi schierati contro il pronunciamento, "assurdo
e ridicolo" nella sua professione di correttezza. Riprendendo
antiche dichiarazioni di alcuni giudici della Corte Suprema (che
dissero che espressioni come "In God we trust" delle
monetine costituiscono un inoffensivo "deismo cerimoniale"),
il giudice messo in minoranza ha dichiarato risibile il rischio
che le due paroline menino il paese verso la teocrazia. Scrive
l'editoriale del New York Times: "Il risultato pratico sarà
una ritorsione politica su una questione che non costituisce
una violazione rilevante. Sulla distinzione tra Stato e Chiesa
ci sono battaglie importanti da combattere ogni anno, dalle preghiere
a scuola ai fondi pubblici per le scuole private. La reazione
spropositata alla decisione di ieri non fa ben sperare per la
difesa sincera del Primo Emendamento". |