Tom waits for no one
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Tom Waits ha la voce fatta
a forma della sua faccia. Sarà per questo che a un certo
punto della sua già ricca carriera canora, il cinema decise
di andarselo a prendere. Non solo per scrivere musiche da film,
ma anche per metterci la faccia, quella faccia che pare sia stata
impastata da un pizzaiolo e lascita nel forno troppo a lungo.
Fu così che a un certo punto uno dei musicisti rock più
rispettati e ammirati del secolo scorso, si rese popolare anche
a chi non lo aveva mai sentito cantare e persino a un cospicuo
pubblico italiano. Oltre a numerose piccole ma splendenti parti
(in Cotton Club, in La leggenda del repescatore, in Dracula,
in America oggi di Altman), Waits fu protagonista di Daunbailò,
il film di Jim Jarmusch che da noi ebbe un supplemento di popolarità
grazie alla presenza di Roberto Benigni (fu il film che per primo
fece conoscere Benigni nel mondo, poi venne tutto il resto).
Era quindici anni fa.
Tom Waits è un mito.
Lo è davvero: gode di un culto unanime, scrive musica
e pubblica dischi da trent'anni esatti, non riceve mai una critica
negativa, decine di colleghi lo citano a modello, le sue canzoni
sono state cantate da Bruce Springsteen, Eagles, Rod Stewart,
marianne faithfull, Natalie Merchant, talento e riservatezza
gli stanno incollati addosso, incollati alla sua faccia, accrescendo
il suo fascino presso i fans. Rispondendo a un giornalista che
gli chiedeva della sua ricca ed elevatissima produzione di canzoni,
una volta rispose: "non ci vedo niente di così straordinario,
so scrivere solo due tipi di canzoni: quelle sarcastiche e quelle
romantiche". La svolta della sua carriera viene di solito
indicata nel momento in cui cominciò a concedersi di più
alle seconde. Per anni aveva offerto se stesso a un eccellente
repertorio di ballate da bar a tarda notte, mediate da un tono
e dei testi ispirati a un lucido alcoolismo. Un Bukowski del
pianoforte, addolcito e melanconico, che sapeva trasformare un
lezioso gioiellino da musical come "Somewhere" di West
Side Story in un inno disperato e utopico da vita vera, lacrime
e sangue. La sua voce era già inconfondibile, ma in continua
evoluzione verso un Louis Armstrong più disincantato e
rabbioso, e raggiunse una definitiva forma rauca e tonante con
il disco "Swordfishtrombones", giudicato dagli storici
il suo capolavoro, in cui cominciò a confondere le sue
melodie con suoni inattesi, fiati dissonanti, scarti di lato,
strumenti esotici e fantastici, rumori. Quelli che si ricordavano
come avesse cominciato asuonare dal vivo a 24 anni aprendo i
concerti di Frank Zappa, il più poliedrico e indisciplinato
artista della storia del rock, non si meravigliarono.
Intanto, continuò a
farne di cotte e di crude: dal cinema, appunto, alla collaborazione
con il musicista d'avanguardia Gavin Bryars in "Jesus blood
never failed me yet", il disco struggente in cui Waits sommava
la sua voce ubriaca a quella di un vero barbone ubriaco che ripeteva
per 73 minuti un inno religioso musicato da Bryars. E assieme
alla moglie Kathleen Brennan, che già era coautrice nei
suoi dischi, iniziò a collaborare con il coreografo e
regista Robert Wilson, musicando "The black rider",
"Woyzeck" e "Alice". E se le musiche del
primo spettacolo furono pubblicate in disco nel 1993, quelle
degli altri due sono raccolte in due cd distinti e attesissimi
che escono contemporaneamente il mese prossimo. Uno racconta
la cupa opera del poeta tedesco Georg Buchner sull'alienazione
degli individui nelle società moderne, mentre il secondo
confonde il romanzo di Lewis Carroll con la sua reale passione
per la bambina che nel libro divenne Alice. "Sono canzoni
adulte per bambini, o canzoni bambine per adulti", spiega
lo stesso Waits di "Alice", che contiene diversi brani
che potrebbero entrare nel lungo repertorio dei suoi capolavori.
Niente, in entrambe le raccolte, che si allontani dalle sue ultime
composizioni. E la familiarità delle melodie e dei suoni
potrebbero permettere di ripetere quell'avvicinamento alle posizioni
alte delle classifiche che era stato un'assoluta novità
del suo ultimo disco, "Mule variations" . Come direbbe
Waits stesso, il primo disco contiene più canzoni romantiche,
il secondo più canzoni sarcastiche, ma a contatto con
la fantasia surreale di Lewis Carroll le due inclinazioni spesso
si sommano: "arithmetic, arithmetock, I turn the hands back
on the clock", canta Waits nella canzone d'amore che apre
"Alice". Ma in entrambi i dischi c'è tutto il
loro autore, il suo amore e il suo disincanto: "quelle che
mi piacciono sono le belle canzoni che dicono cose terribili".
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