Su Bologna

Sono molto diffidente e preoccupato per la superficialità polemica e in cerca di rogne con cui è stato promosso e sostenuto da molti il referendum bolognese sulla scuola, che mi pare il modo come al solito meno costruttivo per affrontare la questione, e in cui si è discusso di quasi tutto fuorché della scuola, dei bambini, e di cosa si può fare di buono, privilegiando ancora una volta l’individuazione di nemici da sconfiggere, questioni-di-principio, e al diavolo il resto.
Non credo che quindi sarei andato a votare per incasinare il sistema bolognese esistente, fossi stato bolognese. Ma sul tema di scuola pubblica e privata, e di finanziamenti, mantengo questa duttile opinione, che incollo di nuovo.

Seguo il dibattito sui diritti presunti della scuola privata da molto tempo, con una duttile opinione che niente ha ancora scalfito. La mia duttile opinione dice che ci sono ottime scuole private in cui ottimi insegnanti educano ottimi studenti che ne escono ottime persone. Cosa di cui essere lieti, nei casi in cui avviene: ma non da celebrare come grande conquista della scuola privata, che conosce anche casi di mediocri scuole con mediocri insegnanti che insegnano a mediocri studenti, o che li rendono tali. È insomma, per la comunità, un’impresa privata che offre un’alternativa a un servizio delicato e importante, che è tenuta a soddisfare.

Poi c’è la scuola pubblica, che offre lo stesso servizio a partire da un’idea di responsabilità pubblica di un paese nei confronti dell’educazione e della crescita dei propri cittadini. Non a partire da un’idea di supplenza a favore di coloro che non si possano permettere educazioni più costose. La differenza è rilevantissima. La scuola, per l’Italia e per la sua Costituzione è un impegno, un progetto e una necessità sociale: esaurienti e soddisfacenti. Lo sono stati per molto tempo, non è un’utopia irrealizzabile.

Nei casi in cui non lo siano, questo è molto grave e lo si deve affrontare rendendoli esaurienti e soddisfacenti con le iniziative e gli investimenti necessari. Consentendo in ogni caso a chi non li ritenga soddisfacenti ed esaurienti di scegliere servizi scolastici alternativi riconosciuti dallo Stato, a partire dall’idea dell’obbligo scolastico. Quali siano i criteri su cui una famiglia ritenga non soddisfacente l’insegnamento pubblico e ne scelga un altro non è affare dello Stato, che si limita a legittimare le scuole che rispondono a degli standard educativi sufficienti e offre libertà di scelta a tutti.

Fine della questione. Nessun finanziamento della scuola privata ha senso dentro questa lettura: meno che mai quando sottragga fondi al soddisfacente funzionamento della scuola pubblica. Sarebbe piuttosto sciocco sostenere che la scuola privata ha bisogno di soldi per poter supplire alle mancanze della scuola pubblica, mancanze derivate dalla scarsità di soldi.
Quanto alla tesi “ideologica”, quella che chiede rispetto per un differente insegnamento, non ha niente a che fare con i finanziamenti: il rispetto c’è, e si concretizza nella libertà di praticare differenti insegnamenti e nel loro riconoscimento ed equiparazione. Ma sostenerlo economicamente equivale al riconoscimento da parte dello stato che la propria offerta educativa non sia soddisfacente per definizione. Mentre per definizione e Costituzione lo è, e ogni sforzo deve essere dedicato a questo.

Seguo il dibattito sui diritti presunti della scuola privata da molto tempo, e non ho mai letto una parola che abbia indebolito la mia duttile opinione.

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro

34 commenti su “Su Bologna

  1. uqbal

    Io sono favorevole al finanziamento alle scuole paritarie (non alle “private” tout court, la distinzione è importante e ci ritorno dopo) per ragioni di opportunità: anche se non fosse così striminzito come in effetti è, il budget per la scuola pubblica sarebbe comunque una cifra finita, e trovo che sia giusto che sia allocato là dove serve di più: per i giovani delle fasce economicamente più deboli, più a rischio marginalizzazione, più a rischio di essere attirate dalla criminalità. Incentivare il passaggio alla privata costa molto ma molto meno che aprire nuove scuole (questo è stato spiegato molto bene dai sostenitori dell’opzione B e non ci voglio ritornare ora).

    In altre parole, chi è contrario ai voucher alle famiglie (finanziare direttamente le scuole è una pessima idea) sta sostenendo il diritto alla scuola gratuita per le fasce più ricche della popolazione, dato che sono loro che possono permettersi una retta. Curiosamente, è lo stesso ragionamento di propone di togliere l’IMU su tutte le prime case…sembra un sostegno economico a tutte le famiglie italiane, e invece finisce per essere un regalo a chi meno ne ha bisogno.

    Lei dirà, Sofri, che peò non ho risposto alla sua obiezione più importante: l’istruzione di Stato non è, dice lei, l’equivalente, che so, delle case popolari: le case vengono sì garantite dallo Stato a chi non può permettersele, ma in genere sono una faccenda privata. L’istruzione, dice lei, è qualcosa di più simile all’amministrazione della giustizia o al monopolio della forza: una prerogativa statale.

    Sì e no. Anzi più no che sì. Proprio l’articolo 33 non è costituito solo dalla frase “senza oneri per lo Stato”, ma anche dal primo comma: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.” Con questo si riconosce la dignità della scuola privata tout-court, non solo delle paritarie e non sancisce una superiorità morale o etica dell’istruzione statale su quella privata, superiorità che non nemmeno desumibile dal comma secondo, per il quale è lo Stato a definire le “norme generali sull’istruzione”. Questo mi sembra contraddire il suo assunto e non è solo un ipse dixit (“Lo dice la Costituzione!”): è un principio liberale e democratico fondamentale. La libertà di docenza è paragonabile alla libertà di pensiero, anzi direi che la prima è una diretta applicazione della seconda.

    Stabilito questo, ritorniamo sulla questione delle paritarie (e non di tutte le private): le paritarie sono quelle scuole private che offrono un insegnamento equipollente a quello statale. Equipollente è una parola forte e ben studiata: vuole dire che sono scuole non statali che offrono un trattamento dello stesso valore di quello statale, ovvero che offrono un servizio pubblico pur non essendo statali. Quel discrimine che lei pone alla base del ragionamento nei fatti non esiste.

    Accettare ed incentivare che qualcuno possa preferire una scuola paritaria non comporta alcun detrimento del valore della scuola pubblica.

    Il paragone più appropriato qui è con la sanità: il diritto alla salute è sacrosanto, non meno di quello all’istruzione, ma non per questo si arriva a dire che la sanità deve essere gratuita anche per chi è ricco o ricchissimo.

    Nell’istruzione statale, per molte ragioni credo abbastanza evidenti, non è assolutamente il caso di introdurre alcun ticket (la cui platea, una volta introdotto, potrebbe essere ampliata indebitamente), ma nulla toglie che si possa facilitare il passaggio di alcuni verso il paritario, se questo è comporta un risparmio per lo Stato e quindi una allocazione più razionale delle risorse disponibili verso chi ne ha veramente bisogno.

    Se ha qualche obiezione, la prego di farla, perché anche la mia opinione è duttile e sono pronto a cambiarla, se mi si dimostra che sto sbagliando.

  2. jeanor

    Sono sostanzialmente d’accordo con tutto il discorso.
    L’unico problema è che non mi sembra si applichi al caso concreto, che mi pare riguardi sostanzialmente la copertura per nidi e scuole d’infanzia. A come ho capito, l’articolo della Costituzione qui non si applica perché non è scuola dell’obbligo. Infatti lo Stato non fa nulla o quasi ed è quasi tutto lasciato in mano ai Comuni ed all’iniziativa dei privati.
    Il punto sta nel decidere se i Comuni devono puntare al 100% dell’autosufficienza pubblica e, mentre sono ancora al 40%, 50%, 80%, lasciare nei casini un mare di famiglie che non possono permettersi un genitore a casa fino a che tutti figli abbiano raggiunto i sei anni.

  3. Carlone

    ..direi che qui ci sono molti e buoni argomenti…http://referendum.articolo33.org/wp-content/uploads/2013/05/AvotareAintero.jpg

    Di mio ci aggiungo che non vedo perchè la fiscalità generale (anche quella dell’operaio) debba farsi carico di chi può permettersi fino a 3000 euro l’anno di retta. Aggiungo anche che le materne private di Bologna sono espressione di una curia ricchissima che è il primo proprietario immobiliare in città, nonchè recente proprietario, in base a disposizioni ereditarie, di una intera azienda leader nel campo dei cancelli elettrici (la Faac di Zola Predosa); la medesima curia è tenutaria di conti in Svizzera per 22 milioni di Euro (http://bologna.repubblica.it/cronaca/2013/04/24/news/eredit_faac_quei_22_milioni_di_euro_che_la_curia_ha_nascosto_in_svizzera-57373102/). Aggiungo anche che nonostante il finanziamento pubblico, più di 100 bambini sono rimasti fuori lista e che le “paritarie” accolgono i portatori di handicap in misura molto, ma molto minore rispetto alle pubbliche. Aggiungo che , quando mio figlio è andato alla materna pubblica, nonostante già il carico di tasse che ci toccano, abbiamo dovuto pagare spesso contributi volontari, che di fatto sono obbligatori, comprare materiale didattico e salviette igieniche…mentre con le nostre tasse il presunto comune di sinistra , contribuisce all’educazione di figli di benestanti…davvero un bel risultato. Ieri ho votato A e resto convinto di questa scelta.

  4. Lowresolution

    Perdonate l’approccio un po’ tranchant, ma penso che il referendum di Bologna sia stato affrontato con molta disonestà da parte di tutti.
    Prima di tutto sono stati spesi 600.000 Euro per decidere come allocare un milione di euro, nel pieno disinteresse dei cittadini (ha votato meno del 30%). Secondo, si parlava di finanziamento alle scuole materne. Chiunque viva in un centro urbano e abbia dei figli sa benissimo che non ci sono posti a sufficienza nelle scuole materne pubbliche e che spesso capita di dover ripiegare su quelle private.

    Poi, come sempre, sono contrario a finanziamenti a pioggia e indiscriminati, e favorevole a soluzioni che permettano maggiore libertà di scelta e una selezione dei migliori.

    Ve benissimo discutere del futuro dell’educazione dei nostri figli e dell’organizzazione del sistema, ma un po’ di realismo e pragmatismo aiuta a capire i problemi e magari a risolverli. Dal punto di vista organizzativo la macchina dell’istruzione a tutti i suoi livelli è davvero molto complessa, ci sono problemi molto diversi (una scuola materna non è l’università) e molti problemi nascono proprio nel contesto a livello pratico e applicativo. I principi sono molto importanti e vanno rispettati, ma le battaglie ideologiche sono davvero fuori tempo, sopratutto quando impediscono l’adozione di soluzioni razionali e ragionate.

    Concordo con molti punti del commento Uqbal, che conosce bene il problema e la sua complessità e giustamente lo affronta pragmaticamente in modo duttile e aperto, senza perdere di vista i principi fondamentali.

  5. MAGO

    Totalmente d’accordo con Luca Sofri, in perfetta sintonia con la lettera e lo spirito della Nostra Costituzione. Nel concreto, però, abbiamo un Padre (lo Stato Italiano) che a parole rivendica la propria autorità sull’educazione dei figli ma nei fatti se ne strafrega e una Madre (la Chiesa Cattolica Apostolica Romana) che invece se ne occupa, pur con tutti i suoi limiti e difetti, e poi avanza rivendicazioni economiche al marito (il Padre di cui sopra). Questa situazione non è quella che speravano i Costituenti (i quali volevano lo Stato e la Chiesa ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani) ma è quella che manteniamo – credo con reciproco interesse e vantaggio di suddetti due conviventi more uxorio e forse anche con qualche beneficio per i figli di questa nostra Terra

  6. the town marshal

    Sofri, sono d’accordo con Lei sul fatto che il referendum è stato un tentativo ben riuscito di cercare rogne ma a me sembra che nel tempo occorrente a costruire il migliore dei mondi possibili bisogna anche dare risposte alle famiglie adesso con i soldi che ci sono adesso.
    Merola e i suoi, che non sono i miei, pragmaticamente sostiene che i posti offerti dal privato costano meno di quelli pubblici che comunque non ci sono.Il mio arido ragionamento mi porta così a dire che, per realismo, le cose debbano andare avanti così, non perchè mi piacciano ma perchè per andare avanti bisogna prima di tutto evitare di fare passi indietro.

  7. IcoFeder

    Va tenuto conto di un fattore: lo Stato risparmia soldi se uno studente frequenta le scuole paritarie invece che le pubbliche. Perché non restituire parte di questo risparmio come incentivo alle stesse?
    A me viene in mente la logica con cui è rimborsato l’acquisto del medicinale equivalente: lo Stato ti rimborsa la cifra minima che avresti potuto spendere, lasciandoti libero di spendere di più, se ti va!

  8. MAGO

    il valore di equipollenza citato da Uqbal in punto di legittimazione delle scuole “paritarie”, non è dato dallo svolgere una “funzione pubblica” e cioè rendere un “servizio pubblico”, locuzione che non significa nulla (perchè ogni servizio che si rivolga ad un pubblico indifferenziato è un servizio pubblico: ad es. un bar), ma dal rendere un servizio di qualità equivalente a quello reso dallo Stato (che – come ha ben detto Sofri – nelle intenzioni del legislatore è di livello massimo ed io mi auguro che lo sia anche nei fatti).

  9. splarz

    Se ho ben compreso il discorso di Uqbal, la questione può essere semplificata così: io, Stato, ho tot soldi per la scuola pubblica e non mi bastano. Decido quindi di tirarne fuori degli altri per incentivare i ricchi ad andare a studiare in altre scuole, private, così risparmio (coprire completamente i costi della pubblica sarebbe economicamente più impegnativo). La scuola pubblica ha finalmente i fondi sufficienti, i ricchi stanno da un’altra parte, tutti felici e contenti.
    Ci sono vari errori. Prima di tutto, dato che secondo i sostenitori del finanziamento alle paritarie il buono scuola è irrisorio rispetto ai costi reali di uno studente, ne consegue che sarà irrisorio anche rispetto alla retta: e allora di che incentivo stiamo parlando? Il che ci porta alla seconda obiezione: è evidente che il ricco manderà il figlio alla privata perchè migliore della pubblica, o perchè si troverà di fronte ad un comodo diplomificio, o per mille altre ragioni non economiche: e allora incentivarlo economicamente quale senso ha? Infine c’è una tenera ingenuità: si dà per assodato che si tratti di soldi che non provengono dai fondi per la scuola pubblica. Balle: ogni centesimo regalato ai privati è un centesimo sottratto alla scuola pubblica. Questo meraviglioso modello non ha infatti portato alcun beneficio alla pubblica, mentre regala soldi a ricchi che non ne avrebbero bisogno.
    E tutto questo senza nemmeno scomodare il fatto che si tratta di finanziamenti a scuole confessionali (nessuno vuol farle chiudere, mi è sufficiente non finanziarle) o che troverei mille volte più giusto mettere una tassa-scuola per tutti sul reddito sopra i centomila euro e mandare a scuola ricchi e poveri assieme.

  10. splarz

    Una cosa non mi è ben chiara: perchè sul Post sono usciti articoli di commento a senso unico a favore delle private?

  11. MAGO

    come si misura la qualità dell’insegnamento? questa sì che è una bella domanda, alla quale personalmente rispondo così: è di qualità quella scuola presso la quale ci si reca felici e vogliosi di imparare

  12. wiz.loz

    Siccome il finanziamento alle scuole private vuol dire sostanzialmente, in Italia, finanziare i cattolici, ecco che devo farmi violenza per andare contro al mio anticlericalismo. Ma penso che se si parla di “libertà di scelta” e poi non si finanzia questa libertà, si tratta di ipocrisia. Uno studente in una scuola pubblica costa X allo Stato. Se i genitori vogliono mandare la prole in una scuola privata perché lo Stato non può versargli quell’X a copertura parziale o totale delle spese? Perché altrimenti quei genitori sono cornuti e mazziati: devono spendere di tasca loro al 100% per l’istruzione dei figli, e poi pagano anche le tasse per finanziare un servizio di cui gli altri, ma non loro, possono usufruire. L’alternativa è vietare l’istruzione privata, o almeno non dire con ipocrisia che lo Stato lascia “libertà di scelta”.

  13. uqbal

    @Mago “un Padre (lo Stato Italiano) che a parole rivendica la propria autorità sull’educazione dei figli”. Ecco, così viene plasticamente rappresentato l’atteggiamento di uno Stato etico verso l’istruzione. I figli sono dei loro genitori, non dello Stato.

    “nelle intenzioni del legislatore è di livello massimo”: e nei fatti? Che il legislatore “nelle intenzioni” si attribuisca ope legis il merito di fare la migliore istruzione possibile è fuori da ogni realtà.

    @Splarz:

    La tua matematica va un po’ a spanne. Per la retta che chiedono la maggior parte delle scuole private, il buono scuola non è irrisorio, può valere a determinare una scelta e a garantire il risparmio per lo Stato.

    Chi si preoccupa tanto della scuola statale dovrebbe proporre come e dove migliorarla, con quali soldi e con quali riforme. Ma questo non sembra interessare nessuno.

    Citazione del giorno: ““Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa dei privati e dei Comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente dal controllo dello Stato. […] Dobbiamo conquistarci la libertà di creare la nostra scuola. I cattolici faranno altrettanto dove saranno in maggioranza: chi avrà più filo tesserà più tela”.

    (A.Gramsci, da “Il Grido del Popolo, 14/09/1918)

  14. Raffaele Birlini

    Dal momento che su questo blog ci si genuflette davanti alla razionalità e si discute sul ruolo ieratico di chi ha la tessera da giornalista, mi permetto di tentare un’analisi razionale, a partire dalla prima frase:”diffidente” significa che non si fida, ma non dice di cosa o di chi, dice solo che la causa della generica sfiducia è dovuta alla “superficialità polemica”. L’autore è anche “preoccupato” ma non spiega il perché tanta preoccupazione. Magari il referendum può scatenare eventi terribili di cui è meglio non parlare, forse per scaramanzia.

    La superficialità polemica non è in cerca di rogne ma “e” in cerca di rogne. Quindi si suppone esista una superficialità polemica che non va in cerca di rogne, forse dipende da chi la esprime, dai toni, dai modi, una questione di etichetta e galateo. Non vogliamo pensare che la superficialità polemica sia in cerca di rogne oppure no a seconda della parte politica che la esprime (o la corrente della parte politica, i ‘molti’ indefiniti senza volto né identità, i compagni che sbagliano). “è stato promosso e sostenuto da molti”, molti chi? A me sembra che non ci siano dubbi sul fatto che quei molti siano tutti di una sinistra che incarna posizioni estreme, in questo caso stataliste. Dire ‘molti’ è come far finta di non sapere esattamente chi sta portando avanti l’ennesima ‘lotta’.

    “Non credo che quindi sarei andato a votare per incasinare il sistema bolognese esistente”, ma sarebbe andato a votare per incasinare il sistema di altre città? Perché non dire chiaro e netto “sono contrario al referendum perché la gente non può bypassare le ragioni della politica”?

    Ma passiamo ai contenuti e di nuovo troviamo imprecisione, vaghezza, opinionismo della domenica. Sembra che lo Stato dia soldi alla scuola privata come fa col finanziamento pubblico ai Partiti, ai giornali di Partito, alla Rai, ma non è così. Lo Stato non finanzia la scuola privata, ok? Ci siamo? Lo Stato (o meglio la Regione) paga un buono scuola (che copre solo una parte della retta) alla famiglie a basso reddito che scelgono di mandare i figli alle scuole private.

    Andiamo avanti: la qualità degli insegnanti. Facciamo finta che la scelta dipenda dalla qualità degli insegnanti. Non è così, dipende da moltissimi fattori, ma facciamo finta per amor di discussione che dipenda da insegnanti più bravi. Facciamo finta di non sapere che sono insegnanti in graduatoria che insegnano nella privata nell’attesa che si liberi un posto nella pubblica e non una categoria di insegnanti a parte. Facciamo finta che non accettino stipendi più bassi pur di lavorare al posto che stipendi più alti perché più bravi. Limitiamoci a esprimere le solite opinioni disinformate che servono solo a rassicurare i compagni lettori affamati di conferme a proposito della necessità di un fedele e acritico schieramento politico. Vogliamo parlare di insegnanti che fanno sciopero perché non vogliono i test a risposta multipla? Vogliamo parlare di insegnanti che magari ti bocciano se non hai le idee politiche giuste? Migliaia di precari in graduatoria nell’attesa di vedersi assegnare un posto pubblico dallo Stato? Selezione degli studenti? Promuovere tutti in omaggio al principio del 18 politico e del diploma che non si nega a nessuno o bocciare i somari e quindi agire da nazifascisti creando una razza di superstudenti secchioni fondata sul merito scolastico? Vogliamo parlare di materie scolastiche deamicisiane studiate su libri orrendi zeppi di ‘opinioni duttili’ ma costosi perché anche il settore dell’editoria scolastica deve campare? Che male ci sarebbe se la scuola selezionasse i professori e li pagasse meglio, al fine di tenere corsi all’altezza dei tempi, in locali adeguati, con attività organizzate, e impedisse agli insegnanti di evitare i lavori che per la sinistra sono riservati agli immigrati (come se fossero una sottospecie umana a cui piacciono i lavori di m) perché gli italiani non livogliono più fare, approdando fantozzianamente allo scivolo pubblico per la pensione divertendosi sulla pelle degli studenti? Per come la concepisco io la scuola dovrebbe essere un servizio alle nuove generazioni per sondare le proprie aspirazioni, sviluppare le proprie potenzialità e tentare di trovare il modo di realizzarsi nella vita, non uno strumento politico per dare occupazione a vecchie generazioni politicizzate e creare nuovi militanti fedeli al Partito che passino la vita a far da rotella nel Grande Sistema Burocratico (lo stesso che porta al suicidio chi ha non ha alcuna protezione sociale (tipo gli imprenditori) e mette sacche di privilegiati in comodi posti fissi statali con stipendi da leccarsi i baffi, che impone tasse svincolate dal reddito e chiama giovani i trentenni che vorrebbero metter su famiglia ma trovano solo lavori temporanei mentre gli emuli di Amato prendono 30mila euro al mese di pensione).

    Andiamo avanti: la Costituzione. Gli unici che possono appellarsi alla Costituzione sono i giudici della corte costituzionale, gli altri la usano come una clava contro i nemici ideologici, una volta chiedendo il diritto alla casa per tutti, l’altra volta il diritto al lavoro per tutti, stavolta l’obbligo di discriminare le scuole non statali, domani chissà. Un giornalista serio cita la costituzione per rendere note le sentenze della corte costituzionale, non per mettere la firma sull’interpretazione popolare (o popolana?) che preferisce su questo o quell’articolo. Per cui se la corte costituzionale dichiara incostituzionale la legge che prevede il buono scuola alle famiglie il parlamento dovrà cambiare la costituzione per continuare a pagare il buono scuola, che in Italia è come chiedere di cambiare la Bibbia in un villaggio di mormoni. Altrimenti parlare della Costituzione dandone interpretazioni di comodo e facendone ostaggio di una parte politica è come brandire il libretto rosso di Mao durante una manifestazione degli anni ’60.

    E finiamo coi soldi: di nuovo si parla di finanziamento alla scuola privata quando a essere finanziate sono le famiglie a basso reddito che sono disposte a sopportare l’ora di religione pur di evitare ai figli situazioni nella scuola pubblica che evidentemente non ritengono preferibili al pagare di tasca propria la parte della retta non coperta dal buono scuola. A differenza dei campus americani le scuole italiane sembrano campi di rieducazione in qualche piccola dittatura isolata dal resto del mondo. Che ci fa un ‘bravo professore’ in una scuola orripilante e anchilosata se non maledire ogni giorno della sua vita (come del resto fanno anche gli studenti)? Se la scuola privata è anche leggermente meglio, per uno qualunque dei moltissimi aspetti per cui si preferisce una scuola a un’altra, togliere il buono scuola e lasciare libertà di insegnamento significa creare scuole di lusso per sole famiglie ricche. Non sto dicendo che è giusto o sbagliato, bene o male, sto solo dicendo che chi combatte per eliminare il buono scuola poi vorrà eliminare, per coerenza, la libertà di insegnamento perché ci si ritrova con ‘scuole per ricchi’.

    “Fine della questione”. Queste precisazioni dovrebbero come minimo rendere meno “duttile” l’opinione e far trovare il coraggio di dire le cose come stanno. Chi vuole far chiudere le scuole private o vuole che diventino scuole per ‘ricchi’ (e ovviamente ‘bigotti’ dato la maggior parte sono cattoliche e hanno l’ora di religione tenuta da un prete e hanno il crocefisso sul muro, tutte cose che fanno saltare i nervi a molti estremisti di sinistra atei e magnapreti) deve dirlo chiaramente, senza nascondersi dietro un dito. Basta con tutto questo girare intorno alle questioni: sei contro l’abolizione del buono scuola perché vuoi mandare i tuoi figli alle private? Devi poterlo dire senza paura di ostracismo o scomunica da parte del Partito o, peggio, violenza e accuse di tradimento da parte dei compagni estremisti, o di eresia costituzionale contro la religione ideologica. E non dire cose come io ce l’ho ‘duttile, l’opinione, e son contro in generale ma non a Bologna, oppure aspetta che mi informo su qual è l’opinione del Partito, quella della gente, quella che mi rende più simpatico perché agli occhi der popppolo etichetta il possessore come ‘buono e giusto’.

    La sinistra estremista sceglie di fare delle lotte che il centrosinistra non può appoggiare senza perdere il diritto di essere chiamato moderato, riformista, socialdemocratico. Fino a quando coccolerà la sinistra estrema per calcoli di convenienza elettorale non potrà che avere opinioni ‘duttili’ per evitare accuse di non essere abbastanza di sinistra per non essere sospettabile di connivenza con la destra e quindi esacrabile, detestabile, impresentabile, indegna e così via etichettando il Nemico, in questo caso interno. Ai vecchi tempi, quando il comunismo era ancora considerato un pericolo, se uno finiva in contrasto con ‘la maggioranza interna’ doveva fara una seduta di autocritica: si veniva circondati e si veniva picchiati dai compagni di partito che modellavano a pugni e calci l’opinione facendola prima diventare ‘duttile’ per poi darle una forma consona alle aspettative, ma adesso forse basta una smentita, un sono stato frainteso, la mia opinione è duttile (Perché non ondivaga? Suona bene. Evanescente?) e quindi non può essere usata contro di me.

  15. f.affinito

    Giusto una breve precisazione, per quanto riguarda il referendum bolognese. A Bologna si votava per le scuole dell’infanzia, cioè per un grado che non è istruzione obbligatoria per legge.
    Tutto qui.

  16. uqbal

    Cacchio Birlini, hai scritto un intervento così lungo che quasi non mi accorgevo di essere d’accordo su quasi tutto.

  17. Giordano

    Concordo. Bisogna distinguere il discorso fra scuole private dell’obbligo (elementari, medie e forse licei) dalle scuole materne.
    Nel primo caso condivido l’opinione dell’articolo. Non mi interessa se il genitore che iscrive il figlio alla scuola privata paga due volte (con le tasse e con la retta). È una scelta. Se no io da domani comincio a muovermi solo in elicottero e voglio i soldi indietro per la mancata usura delle strade che fa risparmiare allo stato.

    Nel secondo caso la questione è più spinosa. Io vivo in “campagna”, in Veneto, e gli asili pubblici praticamente non esistono.
    È vero, la materna non è obbligatoria. Però lo Stato ha completamente abdicato il suo ruolo lasciando in mano tutta la fascia di età 2-6 anni a scuole private, spesso di matrice cattolica.
    Ora se sei un genitore ateo (si, questi screanzati) o un cittadino italiano mussulmano (si, esistono e vivono tra noi!) ti ritrovi con due scelte: ti tieni il bambino a casa o lo mandi in una scuola dove magari ci sono suore e non maestre qualificate, dove gli/le insegnanti sono comunque assunte direttamente e non per concorso e dove metà del programma è basato sulle preghierine e le storielle su Gesù.
    Allora a me va bene che sia meno oneroso per lo stato “lasciar fare” ma chi apre una scuola privata deve sottostare a regole precise: non possono essere confessionali se sono l’unica scuola sul territorio, le insegnanti devono avere lo stesso titolo di quelle richieste per lo stesso ruolo nel pubblico, etc.

  18. uqbal

    “suore e non maestre qualificate”: in questo caso la scuola non ha diritto alla parità, e non ci puoi spendere i voucher.

  19. splarz

    @ Uqbal: tralasciando la citazione, la seconda argomentazione non ha nulla a che vedere con questa discussione (sarò ben lieto di affrontarla un’altra volta, da un’altra parte) mentre è buffo che si contesti a me una “matematica a spanne” quando la mia affermazione è di natura prettamente logica e i dati sulle rette non compaiono mai (mai!) negli articoli dei favorevoli al finanziamento.
    Comunque, poniamo l’ipotesi che il buono sia di importo notevole. Se la somma retta+buono è inferiore al costo di uno studente alla scuola pubblica si aprono altre questioni: o la scuola pubblica è estremamente inefficiente o la privata paga una miseria i docenti, oppure sono vere entrambe le ipotesi e finanziare i privati peggiora la sitazione, perchè la scuola pubblica non riceve i fondi necessari e alla privata passano solo le famiglie che possono permettersi di pagare la quota eccedente al buono, decretando il fallimento dello Stato nel perseguire un’istruzione adeguata (“io non ce la faccio, vai nel privato”) e creando un sistema scolastico classista, senza contare la mortificazione del ruolo del docente già abbastanza bistrattato.

  20. Giordano

    La mia “proposta” sta nelle ultime tre righe e non mi pare rappresenti già la regola o perlomeno, se regola è, è spesso pesantemente disattesa. Non è la regola che l’unica scuola materna di un piccolo comune, ancorchè privata, sia a-confessionale: nel mio caso non è così. Avendo poi una fidanzata nel settore ti posso garantire che quando devono assumere qualcuno prendono i curriculum, fanno un colloquio e assumono chi vogliono, altro che laurea, concorsi e graduatorie.

    Non sono così cieco da pretendere che lo Stato possa tutelare ogni singola minoranza al 100% (se non altro per questioni di costi/benefici, non ideologiche) e che faccia una scuola per 3 figli di genitori mussulmani e 2 figli di genitori atei.
    Allo stesso tempo però “la scelta” che molti sbandierano io non ce l’ho e, anzi, la materna privata diventa un’imposizione. Quindi vedere lo stato dare anche solo 100€ a un liceo privato (spesso confessionale e magari con motivi più o meno condivisibili) e obbligare me a mandare mio figlio in una materna (confessionale e comunque a pagamento) mi pare faccia spostare l’ago della bilancia due volte dalla stessa parte.
    Dov’è la mia, di libertà di scelta?

  21. uqbal

    Splarz

    Nelle private in cui ho lavorato siamo in un range tra 1500 e 3000 euro l’anno. Poi ovviamente ci sono anche quelle che chiedono molto di più, ma il voucher non deve mica coprire tutta la spesa.

    L’esempio dei farmaci generici fatto sopra è perfettamente calzante.

  22. LorenzoM

    Ho votato A dopo un minimo di dibattito interiore. Completamente d’accordo con l’articolo. Apprezzo ancor di più il Peraltro direttore e stimo di riflesso il Post e me stesso che lo leggo (battuta) per aver ospitato un dibattito alla fine in prevalenza pro opzione B. Bravi!

  23. Andrea Evangelista

    Il comitato A dice che rimangono 84 posti liberi nelle scuole pubbliche (pur dicendo che ci sono 103 persone in lista d’attesa dati di marzo 2013. Il comitato B riporta i dati di giugno 2012 ovvero 423 persone)

    Come è possibile che ci siano posti liberi se ci sono persone in lista d’attesa?
    Penso che gran parte della questione stia qui eppure non si hanno dati a sufficienza

  24. Giordano

    Questo è un altra di quelle cose insopportabili di cui non mi capacito.
    A me stanno bene le diverse opinioni ma, quando si prende una decisione, i numeri devono essere certi.

    Da quando la matematica è diventata un’opinione? Uno può essere d’accordo o meno sui finanziamenti ma i bambini sono 103 o 423 e uno dei due (o entrambi) barano. Non è possibile prendere le decisioni senza capire chi ci sta imbrogliando: è pazzesco che ognuno possa dire la sua cifra senza che ci sia la possibilità di avere il dato reale.
    Questo è anche un numero relativamente facile da controllare, possibile che siamo così tolleranti da non pretendere un numero certo, per poter prendere una decisione ponderata? Come ci siamo arrivati?

  25. rodo

    Io insisto:
    le scuole di ogni ordine e grado devono essere pubbliche, libere e gratuite per tutti.
    Unico requisito: il merito, l’aver voglia di studiare.
    Primo punto di programma del partito che vincerà le prossime elezioni.

  26. GabriellaPepe

    Note a margine di perché ritengo questa analisi riduttiva e politicamente strumentale. Vi sono, innanzitutto, errori semantici giacché quella che, comunemente, è denominata come Scuola Privata può essere divisa in due categorie: Scuola Privata Paritaria e Scuola Privata NON Paritaria. Per Scuola Paritaria si intende una scuola che ha gli stessi doveri di una Scuola Pubblica ed è in grado di rilasciare titoli equivalenti ai diplomi rilasciati dalla Scuola Statale perché si sottopone ai programmi e alle regole del Ministero dell’Istruzione. Una scuola, quindi, che ha gli stessi doveri di quella statale. C’è poi la scuola privata non paritaria che gode di maggiore autonomia di gestione, sia economica che relativa all’offerta formativa. Una Scuola Paritaria, dunque, è una Scuola Pubblica NON Statale. Mi chiedo, a questo punto, perché una scuola che ha gli stessi doveri di una scuola statale non debba godere di una qualche forma di privilegio economico. Ritengo, infatti, che le due realtà possano coesistere non come entità contrapposte, ma come realtà in grado di integrarsi, magari con una offerta formativa diversificata in grado di rispondere alle richieste del territorio. Concludo con una provocazione e lettura bidirezionale: è vero che è sciocco sostenere che la scuola privata ha bisogno di soldi per poter supplire alle mancanze della scuola pubblica, ma anche abbastanza sciocco ritenere che le mancanze della scuola pubblica derivino, solo ed esclusivamente, dalla scarsità di soldi. E buona giornata!

  27. lorenzo68

    Luca, io ritengo però che oggi la scuola (e mi riferisco a quella per i piccoli) deve saper ‘ascoltare’ il mondo delle donne e del loro lavoro. Una donna che lavora e che lavora non nel comune di residenza ha degli enormi problemi nella gestione dei figli, aspetto che la scuola pubblica non ne tiene conto con orari inflessibili e una gestione del pubblico che sindacalmente è sempre una oscenità (scioperi, chiusure, e altre amenità varie).

    Alla fine sempre li si torna: al fallimento della cosa pubblica e della sua gestione.

  28. lorenzo68

    @Giordano

    Io vivo in città gli asili pubblici esistono ma hanno degli orari di apertura e di chiusura scandalosi. Impossibile per una donna che lavora usufruirne. Non bastasse devo anche digerire l’alzata di spalle del dirigente comunale (donna) sottoposta alla ‘nostra’ interrogazione. (e come noi chissà quanti altri). W l’Italia?

  29. lorenzo68

    @Uqbal

    L’unica osservazione che rivolgo al tuo intervento è riferita alla Sanità.
    Ecco in questo caso non mi trovi daccordo: la Sanità in Italia non è più gratuita per tutti è a pagamento per la maggior parte della popolazione. (esclusi: bambini fino a 13 anni e uomini dal 66° anno di età)

    E’ proprio il caso di dire che se hai i soldi ti curi altrimenti muori. Certo poi c’è sempre Napolitano e le sue parole nel vento.

  30. Pingback: Su Bologna | Wittgenstein : Incentivi Statali

Commenti chiusi