Ciò che noi siamo, lo dobbiamo al Sessantotto

Sul risvolto di copertina di “1968”, il libro di Mark Kurlansky pubblicato da poco in Italia, sta una frase tratta da una recensione del San Francisco Chronicle: “Ciò che noi oggi siamo, lo dobbiamo al Sessantotto”. Kurlansky, che è un grande scrittore di storia aneddotica (in Italia sono usciti la sua storia del merluzzo e la sua storia del sale), articola meglio la stessa cosa alla fine del libro: “Attribuire svolte storiche fondamentali a un preciso momento è sempre un’approssimazione. Dopo il 1968 c’è stato il 1969, e prima il 1967 e tutti gli anni che hanno fatto del 1968 quello che è stato. Ma il 1968 fu l’epicentro di una svolta, di un cambiamento fondamentale; segnò la nascita del nostro mondo postmoderno governato dai media”. E poi: “Quello che entusiasma del 1968 è che, allora, settori significativi della popolazione rifiutarono ovunque il silenzio sulle tante cose sbagliate che c’erano nel mondo”.
“1968” è un libro di 412 pagine appassionanti. Sottrae il Sessantotto ai luoghi comuni faziosi che ne abbiamo fatto in Italia e lo racconta in una prospettiva meno provinciale e più argomentata (che addirittura umilia il nostro localismo trascurando praticamente del tutto l’Italia, dove “il Sessantotto fu nel Sessantanove”, come ha spiegato qualcuno). È un libro di vicende grandi e piccole, che mostra la nascita della globalizzazione culturale: in un’unica storia omogenea i fatti si svolgono contemporaneamente negli Stati Uniti, in Cecoslovacchia, in Francia, in Messico, in Nigeria, in Polonia, in Vietnam, in Spagna e in mezzo mondo. A sentirla raccontare, questa storia, si è ugualmente impressionati di quante cose siano cambiate da allora, e di quante siano rimaste uguali. E quante si siano ripetute identiche. Si rimane impressionati.

“Il 1968 iniziò come dovrebbe iniziare ogni anno ben ordinato: di lunedì.”

“Nel 1967 erano morti nel conflitto 9353 americani”. Il conflitto è quello del Vietnam.

“Messo a punto da scienziati di Harvard per le forze armate degli Stati Uniti durante la Seconda guerra mondiale, il napalm era un esempio da manuale di come i militari usassero le istituzioni accademiche per progettare armi. In origine il nome «napalm» era stato dato a un addensante che poteva essere miscelato con benzina e altre sostanze incendiarie. In Vietnam era chiamata così la miscela stessa. L’addensante converte la benzina in una sostanza simile a gelatina che può essere sparata sotto pressione a una notevole distanza e, mentre brucia sviluppando un intenso calore, si attacca al bersaglio, vegetale o umano che sia”.

“Nella prima settimana del nuovo anno fece il suo rientro Bob Dylan, scomparso dalle scene per un anno e mezzo dopo essersi rotto il collo in un incidente di moto. Il suo nuovo album, John Wesley harding, fu acclamato da critici e fans (…) Ma fu Dan Sullivan per il «New York Times» a far notare che il fuorilegge texano John Wesley Hardin non aveva nessuna g nel cognome; forse Dylan, suggerì, avendo privato tante parole della g finale, «si è sentito in dovere di restituircene una».

“Era vero, invece, che a causa delle minigonne le entrate fiscali della Gran Bretagna erano in calo. Per esentare dalla tassazione l’abbigliamento infantile, l’imposta del 12,5 per cento che gravava sulla vendita di gonne era limitata a quelle che dalla vita all’orlo misuravano almeno 70 centimetri. E le inglesi che vestivano alla moda, nell’inverno del 1968, portavano gonne fra i 33 e i 51 centimetri.”

“Venerdì 5, al termine della prima settimana del 1968, il bollettino settimanale dei caduti in Vietnam riportò che erano morti in azione 185 americani, 227 sudvietnamiti e altri 37 militari alleati. Gli Stati Uniti e i loro alleati riferirono di avere ucciso in totale 1438 soldati nemici. Questa fu la prima settimana. Così iniziava il 1968”.

“Salito al potere a quarantasei anni, Dubcek non dava l’impressione di un giovane. Alto, enigmatico, spesso noioso come oratore, ma fonte di ispirazione per milioni di giovani pieni di energia, somigliava per certi versi al senatore americano Eugene McCarthy, C’era mancato poco, in effetti, che nascesse nel Midwest”. Alexander Dubcek era figlio di genitori slovacchi emigrati a Chicago e che erano rientrati in patria dopo dieci anni negli Stati Uniti alla vigilia della nascita del secondo figlio: Alexander fu concepito in America.

“Havel rideva spesso del gergo comunista. In un altro dramma un personaggio, mettendo in ridicolo il vezzo di Chrusciov di inventare popolarismi senza senso, dichiara: «Chi litiga con una zanzariera non ballerà mai con una capra vicino a Podmokly»”. Vaclav Havel, drammaturgo e scrittor cecoe, diverrà poi presidente della Cecoslovacchia democratica.

“Durante la marcia del 1965 a Selma, in Alabama, Martin Luther Kiing notò che Flip Schulke, fotografo della rivista «Life», aveva messo giù i suoi apparecchi per aiutare qualcuno che la polizia stava picchiando. Più tardi lo cercò e gli disse che quello di cui avevano bisogno da lui non era che aiutasse i dimostranti, ma che li fotografasse: «Il suo ruolo è fotografare quello che succede».

“La prima trasmissione in diretta (via satellite) era stata quella della voce registrata su nastro sel presidente Dwight Eisenhower che faceva gli auguri natalizi il 18 dicembre 1958”.

“Il 18 giugno 1967, parlando al congresso dei sindacati, Gomulka (il capo del governo comunista della Polonia) accennò all’attività di una «quinta colonna», e nel discorso si vide il segnale che la purga degli ebrei o, come fu chiamata, «la campagna antisionista», poteva iniziare. (…) I sionisti dovevano essere estirpati e allontanati da posizioni di responsabilità. Le milizie dei lavoratori, sempre pronte a servire il governo, iniziarono come di dovere a manifestare contro i sionisti. Ma la parola syjoninci, sionista, era poco conosciuta, e alcuni lavoratori, mandati a dimostrare contro i syjoninci, inalberarono cartelli con la scritta: «Syjoninci do Syiamu», sionisti tornate in Siam.”

“Nel 1968 molti beat erano spariti di scena. Jack Kerouac era distrutto dall’alcool e criticava il movimento contro la guerra. Accusava il suo vecchio amico Ginsberg di mancanza di patriottismo. Neal Cassady morì in Messico all’inizio del 1968 durante una camminata di ventiquattro chilometri lungo una ferrovia. Aveva detto che avrebbe passato il tempo contando le traversine ma, lungo la strada, era riuscito a farsi invitare a una festa di nozze, dove aveva passato ore a bere e a imbottirsi di Seconal, un barbiturico. Fu trovato il giorno dopo lungo i binari, dovev aveva trascorso la notte sotto la pioggia. Non tardò a morire, e se ne andò in quel modo libero e anticonformistico che aveva reso famoso il suo gruppo. Secondo la leggenda, le sue ultime parole furono: «Sessantaquattro-mila-novecento-ventotto».”

“Paul Simon e Art Garfunkel, i testi delle cui ballate erano pieni di metafore e immagini, erano per molti loro ammiratori dei poeti. Ma quello dei due che scriveva i testi, Paul Simon, non la pensava affatto così. «Ho tentato la poesia, ma non ha niente a che vedere con le mie canzoni… È che le parole delle canzoni pop sono così banali che se dai prova di unbriciolo di intelligenza dicono che sei un poeta. E se tu dici che non lo sei, pensano che fai il modesto. Ma quelli che ti chiamano poeta sono persone che non leggono mai poesia. Come se la poesia fosse qualcosa di definito da Bob Dylan. Non leggono mai, per dire, Wallace Stevens. Questa è poesia»”.

“Uno dei professori di Peter (Peter Brandt, studente contestatore, figlio di Willy Brandt allora vicecancelliere e poi cancelliere tedesco) aveva messo in guardia il vicecancelliere dicendogli: «Ancora sei mesi, e suo figlio diventerà comunista». Brandt si era stretto nelle spalle: «Chi non è stato comunista a vent’anni non sarà mai un buon socialdemocratico».

“In aprile (quattro mesi dopo la fine della rivoluzione e la presa dell’Avana) si recò in America lo stesso Fidel, e per un breve momento il paese soccombette al suo fascino, apparentemente irresistibile. Un fabbricante di giocattoli produsse centomila berretti grigioverde con la scritta El Libertador e la data del 26 luglio, simbolo del movimento castrista. Ogni berretto era dotato di un sottogola da cui pendeva una barba nera. Il leader cubano ricevette un’accoglienza particolarmente calorosa a New York, dove fu organizzato un immenso raduno al Central Park. Il sindaco, Robert Wagner jr., gli consegnò le chiavi della città.”

“Quando a Praga giunse, piena di promesse, la primavera, non tutti erano felici. Nel mese di aprile vi fu una media di un suicidio al giorno fra gli uomini politici, a cominciare da quello di Jozef Brestansky, vicepresidente della Corte Suprema, trovato impiccato a un albero in un bosco appena fuori della capitale (…) Si credette che temesse prossima la rivelazione del ruolo da lui avuto nella condanna di numerosi innocenti”

“Il 23 giugno il conflitto nel Sudest asiatico strappò di stretta misura alla Rivoluzione americana il titolo di guerra più lunga della storia degli Stati Uniti: dall’invio delle prime truppe d’appoggio, nel 1961, erano passati 2376 giorni”.

“Nel 1952 cinque giovani baschi, insofferenti della passività della generazione dei loro genitori, avevano costituito un’organizzazione, l’Euskadi Ta Akatasuna (Paese basco e libertà), come sarebbe stata in seguito chiamata nella loro antica lingua (…) Nel 1968 i linguisti baschi crearono, in sostituzione di otto dialetti, una lingua unitaria. Per avere un esempio dei problemi linguistici dei baschi prima di quella data basti pensare che, inizialmente, l’Euskadi Ta Akatasuna era stata chiamata Aberri Ta Akatasuna, o ATA. Ma, dopo sei anni di attività clandestina con questa sigla, si era scoperto che in alcuni dialetti ata significava «anatra», e il nome dell’organizzazione era stato cambiato”

“Nel 1968 l’ETA passò alla violenza. Il 7 giugno una guardia civil fermò un auto con a bordo due membri dell’organizzazione. I due erano armati, aprirono il fuoco e la uccisero. Uno di essi, Txabi Etxebarrieta, rintracciato, fu a sua volta ucciso dagli spagnoli: Dopo di che il 2 agosto, per vendicare Etxebarrieta, l’ETA ammazzò di fronte alla sua casa, con la moglie che sentiva al di là della porta, un capitano molto odiato della polizia di San Sebastian (…) Fra l’ETA e gli spagnoli si avviò una catena di azioni e reazioni, di violenza per violenza, che ancora non si è spezzata”

“In estate (…) Ammon Rubenstein del quotidiano «Ha’aretz», di Tel Aviv, scrisse che essi (gli israeliani) avrebbero dovuto «imparare l’arte di vivere in uno stato indefinito di non-pace»”

“Il trentaquattrenne capo di stato biafrano Odumegwu Ojukwu, ex colonnello dell’esercito nigeriano che aveva compiuto i suoi studi in Inghilterra, dichiarò: «Tutto quello che chiedo è che il mondo esterno guardi a noi come esseri umani, non come a negri che si azzuffano. Se tre scrittori russi finiscono in prigione, il mondo intero s’indigna, ma quando vengono massacrati migliaia di negri…» Il Biafra stava combattendo una sanguinossima e destinata alla sconfitta guerra di indipendenza dalla Nigeria, che impediva ogni aiuto alla piccola regione devastata dalla fame.

“Il 13 agosto, il conte svedese Carl Gustav van Rosen, leggendario aviatore, atterrò con un quadrimotore DC-7 su una piccola pista biafrana in terra battuta. L’aereo, che trasportava dieci tonnellate di cibo e medicine, aveva percorso una nuova rotta, fuori della portata della contraerea guidata dai radar nigeriani.
Von Rosen era diventato famoso facendo qualcosa di dimile nel 1935, quando, sfidando l’aviazione italiana, era riuscito a far giungere nell’Etiopia assediata il primo aereo-ambulanza della Croce Rossa (…) Che i piloti usassero il corridoio per portare aiuti alimentari o armi non gli importava: «I biafrani hanno bisogno di entrambi per sopravvivere». Per l’alto scandinavo dagli occhi azzurri e i capelli grigi quello che si stava perpretrando era un «crimine contro l’umanità». «Se i nigeriani continuano a sparare sugli aerei che portano soccorsi» aveva aggiunto «si dovrà proteggere il ponte aereo con i caccia. Intanto continueremo a volare, e altri aerei si uniranno ai nostri»”

“Evtusenko aveva parlato degli occhi di Kennedy (Robert) come di «due azzurri grumi di volontà e inquietudine». Quando i due si incontrarono, il poeta russo propose un brindisi, completo di bicchieri infranti. Kennedy, che di russo non aveva nulla, chiese di usarne di più economici. Ma i bicchieri a buon mercato sono di vetro spesso, e quelli che vennero usati, scagliati per terra, non si ruppero. Evtusenko vi vide con spavento un cattivo auspicio”.Robert Kennedy venne ucciso nella cucina dell’Hotel Ambassador di Los Angeles la notte tra il 4 e il 5 giugno 1968.

“Più tardi, durante la sua presidenza, l’evidente stato confusionale di Reagan sarebbe stato addebitato all’età. Ma già nel 1968, a soli cinquantasette anni, egli aveva spesso l’aria smarrita. Il 21 maggio partecipò alla trasmissione della NBC «Meet the press», dove gli fu chiesto di spiegare che differenze c’erano tra lui e Barry Goldwater. «Ci sono tanti temi specifici, sto cercando di ricordare…» rispose. «Francamente, la memoria non mi assiste. Poco tempo fa venni a sapere che aveva fatto un’affermazione. Fu chiesto il mio parere, e su quella specifica affermazione non ero d’accordo»”.

“Nell’autunno del 1968 Dubcek indirizzò un messaggio alla squadra olimpica cecoslovacca a Città del Messico. Se non avessero avuto il successo in cui speravano, disse agli atleti, «non chinate la testa: quello che non è riuscito oggi, potrà riuscire domani»

“L’alta lapide rettangolare eretta nel venticinquesimo anniversario del massacro di Tlatelolco riportà l’età delle venti vittime riconosciute. Molte avevano diciotto, diciannove, vent’anni. Sotto i loro nomi, l’iscrizione aggiunge: «y muchos otros companeros cuyos nombres y edades aùn no conocemos», e molti altri compagni i cui nomi e la cui età ancora non conosciamo”. A Tlatelolco, ribattezzata Piazza delle Tre Culture, il 2 ottobre l’esercito messicano sparò su una manifestazione di studenti alla vigilia delle Olimpiadi di Città del Messico. Secondo le stime più accreditate, furono uccise tra le duecento e le trecento persone.

“A volte era accusato di comunismo (Pierre Trudeau, divenuto premier canadese nel 1968). In un’occasione, sentendosi chiedere senza mezzi termini se fosse comunista, rispose: «Veramente sono canoista. Ho disceso in canoa il Mackenzie, il Coppermine, il Saguenay. Poi ho voluto dimostrare che la canoa è l’imbarcazione più “marina” che esista. E nel 1960 sono salpato dalla Florida per Cuba. Acque veramente infide quelle. Qualcuno ha pensato che stessi cercando di contrabbandare armi nell’isola. Ma, domando io, quante armi si possono contrabbandare in una canoa?»”

“Agnew (designato come vicepresidente dal candidato Nixon), colpito dall’inusuale ostilità suscitata dalla sua nomina, si lamentò: «Si sta dando l’impressione che io sia un po’ più a destra di re Lear». I giornalisti, ovviamente, gli chiesero perché re Lear fosse di destra. «Be’» rispose Agnew sorridendo «si riservava il diritto di decapitare la gente , e questa è una posizione di destra»”.

“Il 7 novembre Beate Klarsfeld, moglie tedesca non ebrea di Serge Klarsfeld, ebreo francese sopravvissuto all’Olocausto e famoso cacciatore di nazisti, si recò al congresso socialdemocratico a Berlino, si avvicinò al cancelliere Kiesinger, lo accusò di essere nazista e lo schiaffeggiò in pieno volto” Kiesinger, come ancora molti esponenti politici tedeschi, era stato membro del partito nazista e aveva collaborato con il terzo Reich.

“Il Biafra riuscì a portare avanti la sua battaglia ancora solo per un anno e, quando infine si arrese, il 15 gennaio 1970, si calcolò che fossero morti di fame un milione di civili”

“In Vietnam la notizia del massacro compiuto in marzo a My Lai dall’Americal Division circolava in modo sempre più insistente. In autunno la lettera di Tom Glen, dell’11a brigata, che riferiva sulla strage, era al quartier generale di divisione, e al nuovo viceresponsabile per le operazioni per l’Americal Division, il maggiore Colin Powell, fu chiesta una risposta scritta. Senza interrogare Glen, egli scrisse che nulla comprovava quelle accuse: erano semplici voci senza fondamento”. A My Lai la 23 a divisione di fanteria statunitense aveva massacrato circa cinquecento civili disarmati, tra cui vecchi, donne e bambini, tra atroci e bestiali violenze. Fu il soldato Tom Glen a denunciare al quartier generale la strage su cui si sarebbe fatta luce molto più tardi. Il ruolo di Colin Powell nei tentativi di insabbiamento fu reso noto nel 1995 da Newsweek.

“A fine anno ai colloqui parigini (le trattative tra nord e sudvietnamiti e americani allestite a Parigi da mesi) i negoziatori erano impegnati nell’arduo e determinato sforzo di risolvere… il problema del tavolo. Hanoi lo voleva assolutamente quadrato, cosa inaccettabile per il Vietnam del Sud. Le altre proposte avanzate dalle varie delegazioni contemplavano un tavolo rotondo, due archi di cerchio uno dirimpetto all’altro ma non separati, o uno dirimpetto all’altro ma separati. Quando l’anno giunse al termine le proposte relative alla forma giacenti sul tavolo metaforico, l’unico di fatto esistente, erano undici”.

“McGovern (il senatore democratico favorevole a un disimpegno americano dal Vietnam) esortava a riflettere a fondo sulla lezione del Vietnam. Ai suoi occhi una delle cose più importanti che quella esperienza aveva insegnato era «il pericolo di tracciare analogie storiche». Benché fra quanto accadeva nel Sudest asiatico nei primi anni Sessanta e quanto era accaduto in Europa negli anni Trenta non ci fosse alcuna analogia, gli uomini della generazione della Seconda guerra mondiale si erano invischiati in una guerra civile vietnamita anche perché erano stati tetsimoni della politica di concessioni verso Hitler”

“Il 1968 finì esattamente com’era iniziato, con gli Stati Uniti che accusavano i vietcong di violare il cessate il fuoco da essi stessi deciso per le feste di Natale. Ma nel corso dell’anno erano morti in Vietnam 14.589 soldati americani, raddoppiando il numero delle perdite subite dal paese nel conflitto. Finalmente, nel 1973, Washington ritirò le truppe, e il 1968 rimase l’anno con il più alto numero di caduti di tutta la guerra”.

“Appena prima che il 1968 giungesse al termine vi fu un momento di straordinario entusiasmo per il futuro (l’Apollo 8, spedito in orbita intorno alla Luna, aveva trasmesso le prime immagini della Terra viste dallo spazio). Un momento in cui il razzismo, la povertà, le guerre in Vietnam, nel Medio Oriente, in Biafra, tutto fu messo da parte, e ognuno sentì quello che avrebbe sentito l’astronauta Michale Collins l’estate seguente, orbitando attorno alla luna mentre i suoi compagni scendevano sulla sua superficie. «Davvero credo che se i leader politici potessero vedere il loro pianeta da una distanza, diciamo, di centomila miglia, la loro prospettiva potrebbe radicalmente mutare. Vedrebbero il nostro minuscolo globo continuare a girare, serenamente ignaro delle sue suddivisioni, presentando un volto unitario che reclama una coscienza unitaria, un trattamento omogeneo. La Terra deve diventare come appare: azzurra e bianca, non capitalista o comunista; azzurra e bianca, non ricca o povera; azzurra e bianca, non invidiosa o invidiata»”

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro