“I giorni scorsi due quotidiani legati alla famiglia Berlusconi, ossia «Il Giornale» e «Il Foglio», hanno riportato una curiosa notizia. Un «serio studioso» che lavora nella «severa Torino» ha pubblicato un nuovo libro sul «Contratto con gli italiani», ossia sulle famose cinque promesse che nel 2001 Berlusconi aveva fatto nel salotto di Bruno Vespa. Dal libro salterebbe fuori che ne ha mantenute 4 su 5, ossia tutte tranne quella sulla riduzione dei delitti. Risultato importante, dal momento che Berlusconi stesso aveva fatto anche una «sesta promessa», quella di non ricandidarsi alle successive elezioni politiche (quelle di oggi, 2006) nel caso non gli fosse riuscito di mantenerne almeno 4 su 5. Se ne deduce che Berlusconi può riprovarci. C’è solo da aggiungere qualche particolare. Lautore di quello studio sono io, e nel libro – uscito venerdì presso il Mulino con il titolo Tempo scaduto – cè scritto esattamente il contrario: le promesse certamente mantenute sono una sola (quella sulle pensioni), le altre quattro con ogni probabilità non saranno mantenute, e comunque almeno due promesse – quella di un’aliquota fiscale massima del 33% e quella di una «forte riduzione» dei reati – non potranno in ogni caso dirsi mantenute entro la fine della legislatura. Dunque, se vuole almeno in questo onorare il contratto con gli italiani, Berlusconi dovrebbe rinunciare a presentarsi alle prossime elezioni politiche. Ho deciso di raccontare questa piccola vicenda per due distinti motivi. Il primo è che in questi stessi giorni si sta discutendo di quel che fino a poche ore fa doveva essere il secondo contratto con gli italiani, e che ora – per accontentare gli alleati – si avvia ad essere chiamato con un altro nome («programma in dieci punti», ad esempio).
Lo scheletro di tale contratto o programma è stato ricostruito qualche giorno fa da «La Stampa» mettendo in fila otto obiettivi emersi nelle dichiarazioni più recenti del premier. Ne è venuto fuori un elenco di promesse mirabolanti ma, considerate tutte insieme, assolutamente insostenibili sotto il profilo economico. Ad esempio: pensioni minime a 800 euro al mese (costo 5 miliardi allanno), aliquote fiscali al 33% e 23% (costo 12 miliardi allanno), abolizione dellIrap (costo 33 miliardi all’anno), completamento dell’80% delle grandi opere (costo almeno 30 miliardi allanno, dopo lultima revisione prezzi). In breve: occorrerebbe trovare risorse per circa 80 miliardi allanno, cui vanno aggiunti almeno 10 miliardi di correzione dei conti pubblici nel 2006-2007 (stima prudente). Io trovo strano che nessuno, salvo Eugenio Scalfari domenica su «Repubblica», abbia sottolineato con forza la natura economicamente eversiva di un simile programma. E ancora più strano che, con tutte le occasioni offerte dallubiquità del premier, nessun giornalista o conduttore lo incalzi mai davvero sulla vera questione: che cosa lo induce a ripresentarsi alle elezioni pur non avendo rispettato il contratto con gli italiani ? Ma cè anche un secondo motivo per cui ho voluto raccontare questa storia. Quel che ho tentato di fare in Tempo scaduto, è di usare nel modo migliore lopportunità che Berlusconi stesso ci aveva dato cinque anni fa, quella di poter controllare in modo obiettivo se un politico mantiene gli impegni oppure no. Lho fatto nel modo più onesto possibile, riconoscendo anche molti meriti di questo governo, e mostrando che Berlusconi ha fatto molto di più di quanto gli italiani siano disposti a riconoscergli: più o meno il 60% di quel che aveva promesso, a fronte di un elettorato che è disposto a riconoscergli sì e no il 30%. Mi sarebbe piaciuto che, esatte o sbagliate che siano le mie valutazioni, se ne potesse discutere in modo civile e maturo, senza deformazioni, falsificazioni, faziosità. Per ripartire almeno da una ricostruzione condivisa di quel che è successo, visto che conoscere è il presupposto minimo per decidere. A quanto pare non è possibile. Con il contratto con gli italiani Berlusconi aveva anche indicato un metodo, e al tempo stesso un principio morale: prendere impegni chiari, e dimettersi se non li si rispetta. Ora quel sogno di rinnovamento della politica sembra svanire definitivamente. Tutto fa pensare che il 9 aprile noi poveri elettori – se troveremo la forza di votare questi schieramenti – avremo di fronte solo due alternative. A destra un nuovo contratto con gli italiani, ossia un programma di pochi punti che fa promesse chiare ma irrealizzabili (o realizzabili solo con costi sociali immensi). A sinistra un lunghissimo e illeggibile libro dei buoni propositi, che fa promesse così vaghe che nessun essere razionale sarà mai in grado di stabilire se sono state rispettate oppure no. Auguri a tutti. Luca Ricolfi”
La Stampa
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