Se ci pensate, dopo una campagna elettorale combattuta dagli stessi candidati di dieci anni fa, entrambi settantenni, e dopo una battaglia al Senato vinta da un settantatreenne contro un duecentenne che occupa da sempre la politica italiana, vinta grazie al voto di alcuni senatori-a-vita millenari, se ci pensate, dicevo, è abbastanza normale che si rifinisca a buscarsi lo stesso presidente della repubblica ultraottantenne degli ultimi sette anni. Più che normale, quasi dovuta. Uno nuovo sarebbe stato un tradimento di ciò che siamo, un paese vecchio non solo anagraficamente, ma culturalmente e intellettualmente. Perché negarlo, eleggendo magari che so, un sessantenne navigato e con soli pochi mesi di governo nel curriculum?
Detto questo, la trasparenza con cui i due bambini alla guida di maggioranza e opposizione stanno facendo di tutto per accogliere l’ineluttabile come se fosse una loro ambita vittoria, fa quasi tenerezza. È come se io ora dicessi “sarei davvero contento che domani fosse giovedì” o “ci terrei che tutti quanti facessimo in modo di dormire un po’ stanotte”
Atlantis
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