Oggi su Repubblica c’è un reportage di Daniele Mastrogiacomo sulla Somalia. Interessante per quello che racconta, ma anche per come lo racconta. Il succo, mi pare di cogliere, è che la legge islamica abbia dato sicurezza e tranquillità ai cittadini, che ci voleva un potere forte a ristabilire l’ordine: non si dice che i treni arrivano in orario, ma quasi. Provate a leggere questo passaggio e vedete se non vi ricorda qualcosa:
“La legge è affidata alle Corti islamiche. Non sono una novità, sono sempre esistite, come entità religiosa che viveva all’interno dei sette grandi clan e delle decine di sotto-clan che governano da secoli la Somalia. Con una differenza: adesso sono uscite allo scoperto. A Mogadiscio comandano quelle del clan degli Hawiya, a loro volta divisi in sotto clan: gli Abgal e gli Habr e poi ancora in Air. Sono i dominanti nella regione. Alcuni radicali, altri moderati. Ma tutti dello stesso clan.
I tempi erano maturi. Lo chiedeva la gente. E raccogliere questo disperato bisogno di normalità, sotto il segno dell’islam, è stata una mossa vincente.
Essere musulmani puri e duri è un precetto che distingue. Che attira soprattutto le nuove generazioni cresciute tra fucili e kat da masticare. Li vediamo sfilare questi ragazzi neanche ventenni, lo sguardo fiero, proiettato verso un futuro che sentono finalmente loro. Sono un migliaio, radunati dentro e fuori lo stadio della città. Ritmano slogan contro la mozione votata dal governo transitorio. “Niente eserciti stranieri, forza e onore alle milizie islamiche
Repubblica
I figli di Somalia si chiaman Balilla
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