I’m blue, dabadì, dabadà

Voi avete notato che da qualche anno c’è una grande prevalenza del blu negli sfondi e nelle luci dei programmi televisivi? Avevano cominciato alcuni reality, in cui la parte in studio aveva un effetto diffuso di aloni blu. Il risultato era piuttosto alienante: le persone sembravano più cartoni giapponesi che gente in carne ed ossa, e tutto aveva un sapore di dentifricio. Dopo è diventata una cosa così comune, che oggi metà dei programmi in studio sembrano identici: blu. Tutto blu, noiosamente blu, pigramente blu. Guardate il Grande Fratello, guardate Amici. Sembra di aver ingerito del Viagra in quantità industriali. E non è solo il blu: è quella sorta di flou che balugina intorno a tutto con conseguenze sullo spettatore equivalenti a un viaggio in macchina attraverso un passo dolomitico, e seduti dietro. Bleah.

Non bastasse, sono blu anche i talkshow come Porta a porta e Otto e mezzo. E non può essere un caso: là fuori da qualche parte ci dev’essere un teorico della scenografia televisiva che ha suggerito una qualche attrattiva del blu per noialtri che guardiamo. Ma ormai imbattermi in uno dei cento programmi blu mi dà lo stesso livello di curiosità di trovare un dépliant sul parabrezza della macchina o finire su Radio Maria. Il blu, è noioso.

Vanity Fair

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2 commenti su “I’m blue, dabadì, dabadà

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