Forse avete letto qualcosa di una complessa storia di diffamazione su internet che ha coinvolto una modella, una blogger newyorkese, Google, e un giudice americano. Ne ha scritto anche Maureen Dowd, secondo me con equilibrio. Io non sono naturalmente un bellicoso sostenitore dell’abolizione dell’anonimato in rete, e trovo cialtroni e impreparati molti di quelli che pretendono di poterla ottenere. Lo stesso – sapendo che gli esempi sui paesi non democratici non valgono da noi – mi chiedo che problema ci sia a firmare ciò che si scrive col proprio nome e cognome, e a prendersene tutta la responsabilità (e smettere di trattare questi posti come se fossero i giardinetti). Perché magari è solo per gioco (anche se ho visto spassi maggiori), che ci si dà un soprannome, ma poi qualche volta va a finire che ci se ne approfitta.
p.s. realizzo con l’occasione che in uno dei restyling di questo blog – peraltro piuttosto riconoscibile – si è persa la didascalia col nome e cognome del titolare, che quindi ripristino, in coda. Hai visto mai.