Cory heart

Cory Doctorow è a Milano per “Meet the media guru”, una serie di incontri con i protagonisti del mondo digitale e di internet. Doctorow è il fondatore di uno dei blog più seguiti del mondo – si chiama Boing Boing – e uno scrittore e giornalista, molto impegnato sul fronte della revisione del rapporto col diritto d’autore. I suoi libri vengono pubblicati con licenze chiamate “Creative Commons”, per cui chiunque può riprodurli e usarli gratuitamente se non a scopo di lucro.
“Che le cose non possono più seguire le regole di un tempo lo stanno capendo anche nelle grandi corporations: alla Disney e in alcune case discografiche di recente ho sentito persone con un nuovo atteggiamento sul copyright. Ma aggiornare gli atteggiamenti consolidati richiede un po’ di tempo. Io faccio spesso l’esempio dell’Inghilterra vittoriana in cui era proibito masturbarsi, per legge. Era un reato: eppure le persone lo facevano, e a un certo punto la società e le regole ne hanno preso atto. Lo stesso sta avvenendo rispetto ai download che vengono considerati violazioni del diritto d’autore”.
Pensi che il download di musica e film protetti da copyright non debba essere perseguito, malgrado sia reato, o che non debba più essere reato?
“Io credo che la strategia minacciosa e poliziesca nei confronti dei ragazzi e dei fans si sia dimostrata perdente anche per i suoi stessi sostenitori. E credo che debba essere chiaro che questi comportamenti non sono dannosi: perché l’accesso universale ai contenuti è una ricchezza e ci migliora, e perché consente nuove forme di sussistenza delle opere creative”.

Ovvero quali?
“Ci sono molte possibilità, e alcune già attive. Le grandi corporations che gestiscono i prodotti dell’ingegno devono cominciare a far pagare meno l’accesso, e a far pagare dei forfait o degli abbonamenti cumulativi, piuttosto che per i singoli prodotti. C’è un mercato molto più grande, adesso. E il passaparola lo aiuta ulteriormente”.
E credi che il business potrà tornare a essere quello di prima della rivoluzione?
“No, nel senso che non ci saranno più pochi grandi che otterranno guadagni enormi, come avveniva per la musica. Ma sarà lo stesso un business, un altro tipo di business, con guadagni più distribuiti e meno spese di intermediazione”
E cosa pensi invece della crisi dei grandi giornali di carta?
“Che alle persone interessa poco cosa succede ai grandi editori: alle persone interessa il giornalismo, non i giornali. Anche gli agenti di viaggio stanno scomparendo, ma non smetteremo di viaggiare. Il buon giornalismo sta trovando altri modi di espressione”.

Altre cose che mi ha detto Cory Doctorow che non sono state nelle lunghezze della Gazzetta:
“Per le news la questione è diversa, e la discussione sul diritto d’autore non c’entra. I fatti non hanno copyright”
“Il New York Times ha cambiato modalità d’accesso troppe volte: a un certo punto l’archivio non era più accessibile gratis, e i blog non lo linkavano più, e hanno cominciato a riferirsi ad altre fonti di news, come la BBC. Con meno links in circolazione, il New York Times è sceso nei risultati di Google. Hanno perso un treno”
“I social network per me sono importanti perché il passaparola aiuta i libri e anche i miei libri. Ma i social network incasinano la corteccia cerebrale. Facebook è la pornografia del sociale. Si nutre di se stesso e di quantità, più che di qualità. Queste cose perdono di senso quando il tuo boss che non sopporti ti chiede di essere tuo amico. E no, non è una buona cosa essere amici di tutti: ci sono anche brutte persone, in giro. Un conto è essere amichevoli, un conto essere amici. Bisogna essere amichevoli e gentili con tutti, ma amici no”.
“Chiudere i gruppi a favore della mafia? Perché, è un reato uscire per strada e dire “mi piace la mafia”? Dici sul serio che da voi è un reato dire “hanno fatto bene ad ammazzare quello”? La risposta alle pessime opinioni è più libertà di opinione, non meno”

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