Da parecchi giorni discuto di un fenomeno interessante e un po’ preoccupante. Una parte delle persone meno alfabetizzate su internet – ma in ruoli notevoli nell’informazione e nella politica – ha adesso maturato una sua originale e autodidatta opinione e consapevolezza sulle cose del web. Alcuni addirittura ci costruiscono imprese editoriali online. Sarebbe una buona cosa, se non fosse che le opinioni incomplete sono poi più difficili da arricchire e modificare rispetto a nessuna opinione. Mi capita di trovarmi a spiegare cose a persone che un tempo ne sarebbero state curiose e aperte, e che oggi mi contrappongono delle loro confuse ma radicate certezze su quello che hanno capito di internet: tra i modelli più influenti di questa acquisizione di cultura ci sono Dagospia e Facebook (non a caso, due dei successi online più “simili” e congrui ai vecchi e solidi tempi, nel loro funzionamento e nei loro usi), ritenuti da questo ecosistema quel che c’è da sapere su internet.
Oggi un altro piccolo esempio sta nelle lettere di Repubblica. Il giornale aveva scritto che nessuno commenta il blog di Paolo Ferrero. Paolo Ferrero scrive spiegando che il suo blog non è aperto ai commenti (non è “interattivo”), e che per discutere con gli altri lui usa Facebook. Repubblica gli risponde che però in fondo ai suoi post è scritto “nessun commento” (non solo, aggiungo: è comunque attivo l’inserimento dei commenti; potete commentare ma evidentemente i vostri commenti se ne vanno perduti), ma sintetizza tutto in un titoletto-minestrone: “il mio blog interattivo è su Facebook”.
p.s. ed è interessante come si aggrovigli la questione per cui alcuni giornalisti accusano i blog o l’informazione online di essere dilettanteschi e non avere gli strumenti, ma l’accusa gli si ritorce contro appena si occupano di blog o informazione online. Ci vorrebbe più indulgenza, da parte di tutti.
p.p.s. il titolo è la citazione di una candida e umile domanda di Giuliano Ferrara a Otto e mezzo, parecchi anni fa.